Forse non significa niente, ma il nome del premier spagnolo José Zapatero richiama alla mente, certamente per assonanza, quello dell'eroe popolare messicano Emilano Zapata, che guidò nei primi anni del novecento l'insurrezione dei braccianti indios che aspiravano alla riforma agraria. Punto.
Zapatero ha cambiato i connotati al linguaggio pubblico spagnolo, i suoi discorsi traboccano di parole come solidarietà, convergenza, armonia, arcobaleno, pace. Otto donne fanno parte del suo governo, la metà dell'esecutivo. Ha nominato Pedro Zerolo, 44 anni, omosessuale e oppositore accanito della guerra in Iraq, segretario dei movimenti sociali e responsabile delle relazioni con le ong. Zerolo a sua volta ha detto di Zapatero: «Ha trasformato la Spagna da paese antipatico a paese simpatico. E ne ha risvegliato l'animo anarchico e indomabile».
Zapatero appena eletto ha ritirato le truppe spagnole dall'Iraq. Cancella la legge del Partito popolare sulle scuole superiori; l'ora di religione cattolica torna facoltativa. Viene riformata la legge sul divorzio: in caso di accordo, la coppia può sciogliersi in soli dieci giorni. Il Consiglio dei ministri ha approvato il matrimonio tra omosessuali e il loro diritto all'adozione.
La Chiesa spagnola, al di là di qualche scontato eccesso verbale, non si scompone più di tanto e cerca di ottenere da Zapatero vantaggi economici. In cambio del ribasso del contributo statale ai religiosi otterrà l'innalzamento dal 5 all'8 per mille della quota che i cittadini potranno devolvere alla Chiesa con la dichiarazione dei redditi.
Zapatero nei primi 200 giorni di governo ha fatto tantissimo dal punto di vista dell'immagine a costo quasi zero, ora sarà chiamato ad agire sui terreni impervi dell'economia e della finanza pubblica.
Zapatero ha tutta la mia stima e simpatia. Quasi quasi, vista la malasorte toccata all'Italia attuale, rimpiango di non essere cittadino spagnolo.
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