17 aprile 2020

Giuliano e lo Stato, di Carlo Ruta

Il libro di Ruta raccoglie e commenta alcuni documenti ufficiali della vita del bandito Salvatore Giuliano, particolarmente sui fatti avvenuti in Sicilia a Portella della Ginestra il 1 maggio 1947. In quel giorno, lì avvenne una strage con 12 morti e 27 feriti. Inizialmente si pensa che sia un delitto di mafia, ma poi il delitto viene attribuito alla banda Giuliano. A Piana degli Albanesi, del quale Portella è una località, nelle elezioni regionali del 1947, aveva vinto il Blocco popolo dei comunisti, mentre a Montelepre, il paese di Giuliano, avevano vinto i separatisti. Giuliano aveva invitato a votare per questi ultimi. Successivamente vengono assaltate diverse sezioni comuniste siciliane, con molti morti e feriti.
    I documenti che vengono raccolti nel libro sono: la strana lettera con cui Giuliano rivendica le stragi di Portella e quelle successive, la lettera porta la firma di Giuliano a stampatello e ciò rivela che lui viene usato come strumento e paravento; l’articolo pubblicato sul “Nuovo Corriere” di Firenze il 6 luglio 1947, che porta il titolo “Giuliano sa tutto e per questo verrà ucciso” e che comincia a distillare il dubbio che nell’affare Portella siano coinvolti organi dello Stato; l’intervento del comunista Girolamo Li Causi nella Assemblea Costituente del 15 luglio 1947, con cui si accusano possibili collusioni politiche e governative; il testo dello stato maggiore dell’esercito con cui si propone, tra l’altro, di contrapporre la tattica di controguerriglia ai metodi di guerriglia usata dai banditi; l’immaginifica relazione del conflitto a fuoco nel quale fu ucciso il bandito Giuliano; gli articoli pubblicati su “L’Europeo” con i quali si mette in dubbio la versione ufficiale sulla morte di Giuliano, e nel secondo vien fatto il nome di Gaspare Pisciotta; la lettera con cui Pisciotta conferma che fu lui ad uccidere Giuliano; la costituzione di una commissione antimafia del 1972, che assolve la politica e lo Stato dal coinvolgimento nell’eccidio di Portella.
    Il libro contiene fra le altre fotografie di Giuliano, del bandito Salvatore Ferreri detto Fra’ Diavolo, della sorella di Giuliano, di Gaspare Pisciotta, del bandito Nunzio Badalamenti.
    Il libro si chiude con la cronologia dei fatti più importanti su Salvatore Giuliano a partire dal 1944: decreto Gullo con il quale si consentiva ai contadini di entrare in possesso dei terreni mal coltivati e incolti, al 1988: decreto Prodi con il quale veniva tolto il segreto di Stato sui documenti sul delitto di Portella della Ginestra (ma le carte più scottanti furono distrutte o restano segrete), attraversando tra l’altro il 1 maggio 1947: strage di Portella con 12 morti e 27 feriti, il 5 luglio 1950: Giuliano viene ucciso nel sonno da Gaspare Pisciotta, il 9 febbraio 1954: Pisciotta viene avvelenato nel carcere Ucciardone di Palermo.
Rocco Biondi

Carlo Ruta, Giuliano e lo Stato. Documenti e voci del primo intrigo della Repubblica, Edi.bi.si, Palermo 2002, pp. 147

2 aprile 2020

La Sicilia e il brigantaggio, di Luigi Capuana

Lo scrittore Luigi Capuana è nato a Mineo (Catania) nel 1839 ed è morto a Catania nel 1915. In questo scritto, che venne steso e pubblicato nel 1892, viene difesa la Sicilia dagli scrittori che ne parlavano male. A cominciare da Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, deputati toscani, che furono incaricati dalla destra, allora al governo, di stendere un’inchiesta sulla Sicilia. I due, che visitarono l’isola, la descrissero come arretrata e feudale. Contro di essi si scaglia Capuana, che scrive come nell’isola la criminalità era uguale a quella delle altre provincie continentali italiane, anzi dalle statistiche risultava inferiore.
    Anche se, parlando del brigantaggio, in genere lo considera negativamente, incorrendo in qualche contraddizione; come quando scrive che «prefetti, sottoprefetti, consiglieri di prefettura, magistrati, funzionari» lasciavano trasparire dalla trascuratezza dei loro abiti una certa aria di miseria, sconvolgendo la fantasia della popolazione abituata al fasto dei loro omologhi del governo borbonico. I siciliani si credettero trattati male, da gente conquistata, da sfruttare soltanto, «e se ne vendicarono arricchendo il loro dialetto di un sinonimo spregiativo con la parola: piemontese».
    Capuana cita nel suo pamphlet (breve pubblicazione scritta con intento polemico) vari autori, fra questi principalmente Giovanni Verga con le sue Vita dei campi e Novelle rusticane dove vive «la parte più umile del popolo siciliano, con le sue sofferenze, con la sua rassegnazione orientale, con le sue forti passioni, con le sue ribellioni impetuose e coi suoi rapidi eccessi».
    Capuana ricorre nel suo scritto al sotterfugio del “brav’uomo”, che riflette sulla differenza tra forma e sostanza che dividono il comportamento del brigante e del cassiere infedele; mentre quest’ultimo s’impossessa del denaro destinato alla povera gente senza nulla far trasparire, il brigante invece rischia la sua vita; e il brav’uomo, che giudica peggiore il comportamento del cassiere infedele, si domanda perché quest’ultimo non suscita almeno la stessa indignazione del brigante.
    «Il brigantaggio infatti – scrive il Capuana – non nuoce soltanto al derubato o al ricattato, ma intralcia la vita pubblica di un’intera provincia, rendendo mal sicure strade e campagne». Ma subito dopo aggiunge che è un fenomeno comunque da osservare, e studiare per quali ragioni si produca anche nelle altre provincie italiane.
    Non si possono dimenticare gli orrori della caccia ai renitenti alla leva, assediando paesi, fucilando i cittadini, arrestando povere donne incinte e facendole morire nelle prigioni, bruciando vivi i contadini.
    E il pover’uomo sogna invano ad occhi aperti, meglio sarebbe dire vaneggia, mani fraterne che si stringono, occhi che ammirano, cuori che palpitano, ma anche briganti in grado di resistere alle loro inclinazioni cattive.
    Capuana, che in tutto il saggio non fa differenza tra brigantaggio e delinquenza organizzata, solo alla fine in appendice interviene sulla mafia, riportando un articolo del suo amico Giuseppe Pitrè; il quale sembra distinguere tra mafia e brigantaggio.
Rocco Biondi

Luigi Capuana, La Sicilia e il brigantaggio, introduzione di Carlo Ruta, Edi.bi.si, Palermo 2005, pp. 110