30 settembre 2004
Ferrara fuori di senno
Al Foglio e a Libero, e ai loro direttori, quasi dispiace che Simona Pari e Simona Torretta siano state liberate. Per loro avevano già pronosticato le teste tagliate. Ed ora si trovano un po’ spiazzati, anche di fronte al loro padrone Berlusconi che quella liberazione ha voluto. Giuliano Ferrara per l’occasione ha addirittura perso il lume della ragione. Sostiene che nel sequestro delle due Simone «c’è un evidente elemento consensuale», cioè in pratica il rapimento se lo sono organizzato loro stesse o almeno se lo sono voluto, in quanto «amano il popolo iracheno e idealizzano la sua resistenza all’invasore» americano. Il Ferrara poi chiede che «le due ragazze» restituiscano l’importo del riscatto pagato per la loro liberazione, perché «i soldi allo Stato servono per pagare i Carabinieri e i soldati che rischiano la vita per la democrazia irachena e non per pagare il riscatto della buona coscienza umanitaria fiorita nel regime di Saddam Hussein». Quest’ultima cosa io non l’ho capita, forse il Ferrara vuole dire che Simona Pari e Simona Torretta erano andate in Iraq per far rinascere il regime di Saddam? E con la stessa logica di Ferrara che chiede alle due Simone di restituire allo Stato l’importo del riscatto, io, i pacifisti e la maggioranza degli italiani, che non vogliano che i soldati italiani stiano in Iraq, potremmo chiedere che lo Stato ci restituisca la nostra quota dei soldi utilizzati per quei soldati; se li paghino chi li ha voluti e li vuole ancora in Iraq. Logica demenziale quella di Ferrara.
29 settembre 2004
Liberate con riscatto
Si è concluso positivamente e felicemente il rapimento di Simona Pari e Sinoma Torretta. E’ stato pagato un riscatto di un milione di dollari, due miliardi delle vecchie lire. «Mai soldi sono stati spesi in modo migliore», ha scritto Antonio Padellaro su l’Unità di oggi. Concordo pienamente con lui. Ma voglio aggiungere qualche considerazione. La guerra in Iraq è un regalo di Bush ai padroni dell’industria bellica americana in cambio dell’appoggio elettorale avuto, il pagamento dei riscatti è un contributo (purtroppo necessario) ai signori della mafia irachena in cambio della vita degli ostaggi. La vita umana viene al primo posto e vale molto di più di qualsiasi somma di denaro. Di questo bisognerebbe ricordarsene anche quando vengono rapiti cittadini italiani in Italia. Con questo non sto dicendo che bisogna convivere con la mafia, come qualche nostro ministro incosciente ha affermato. Bisogna combattere contro tutte le mafie e contro tutte le guerre, eliminando le cause che le generano. Giustamente il generale Franco Angioni, a proposito dei rapimenti in Iraq, ha detto che l’unica forma di lotta contro i sequestri è quella di mettersi nelle condizioni di non subirli. In pratica gli americani devono ritirarsi da questa guerra scellerata, far cessare il rumore delle armi e dare la parola alla diplomazia, cercare il dialogo specialmente con le parti che si oppongono alla stabilizzazione in Iraq, far entrare in campo l’Onu che è l’unica organizzazione riconosciuta dal diritto internazionale in grado di svolgere questo ruolo di mediazione. Se la stessa metodologia utilizzata per le due Simone fosse stata usata anche per Enzo Baldoni, quasi certamente sarebbe ancora vivo fra noi. Ma nei suoi confronti siamo ancora in debito, il nostro governo deve fare tutto il possibile per far restituire i resti del suo corpo all’affetto dei suoi familiari.
28 settembre 2004
Colombaia
27 settembre 2004
Lucia Galeone – Super Velina
Non vedo mai televisione, se non qualche telegiornale. La tv, che in pratica non ho mai amata, è stata sostituita da Internet. Non vedo grandi fratelli, isole dei famosi, veline. Mi arriva qualche riflesso indiretto dai giornali. Ho fatto un’eccezione ed un’altra la farò per due trasmissioni che hanno avuto o avranno come protagonisti due miei compaesani o quasi.
La prima è stata Saranno Famosi prima edizione, che ha avuto come protagonista assoluto il ballerino mio compaesano Leonardo Fumarola, al quale ho dedicato una sezione importante del mio sito personale http://www.roccobiondi.it/leonardofumarola.htm.
La seconda eccezione la farò per vedere la bruna velina Lucia Galeone in Striscia la notizia (17^ edizione iniziata oggi). Lucia, che è di Grottaglie, un paese a pochi chilometri dal mio, l’ho conosciuta personalmente e anzi ho avuto modo di premiarla, all’inizio della sua carriera, quale vincitrice di un concorso di bellezza al mio paese Villa Castelli. La sua bellezza e la sua caparbietà finalmente hanno vinto, dopo le partecipazioni a Miss Italia e a Miss Universo. Lucia, continua a farci sognare!
La prima è stata Saranno Famosi prima edizione, che ha avuto come protagonista assoluto il ballerino mio compaesano Leonardo Fumarola, al quale ho dedicato una sezione importante del mio sito personale http://www.roccobiondi.it/leonardofumarola.htm.
La seconda eccezione la farò per vedere la bruna velina Lucia Galeone in Striscia la notizia (17^ edizione iniziata oggi). Lucia, che è di Grottaglie, un paese a pochi chilometri dal mio, l’ho conosciuta personalmente e anzi ho avuto modo di premiarla, all’inizio della sua carriera, quale vincitrice di un concorso di bellezza al mio paese Villa Castelli. La sua bellezza e la sua caparbietà finalmente hanno vinto, dopo le partecipazioni a Miss Italia e a Miss Universo. Lucia, continua a farci sognare!
26 settembre 2004
Immaginate la testa mozzata di Ferrara
Immaginate che sulla prima pagina de l’Unità o de la Repubblica venisse pubblicata la foto a colori ed ingrandita della testa tagliata di Giuliano Ferrara, non credo che riuscireste ad immaginare lo sdegno e gli insulti di quelli della destra italiana, di tutte le televisioni di Berlusconi privato e di Berlusconi pubblico, del Vespa di Porta a Porta; gli insulti supererebbero qualsiasi vostra immaginazione. Eppure è avvenuto che su Il Foglio di Giuliano Ferarra di ieri, sabato 25 settembre 2004, sono state pubblicate due intere pagine a colori che fanno vedere le teste tagliate di Olim Eugene Armstrong, di Nicholas Berg, di Daniel Pearl, le gole tagliate dei lavoratori nepalesi, e nessuno dei signori e dei giornali di destra hanno avuto niente da dire, anzi hanno difeso la scelta di Ferrara. Come se la testa (la vita) di Ferrara fosse diversa e migliore di quella di Armstrong, Berg e Pearl. Ferrara, come il tuo collega di Libero che ha insultato i pacifisti e Simona Pari e Simona Torretta, fai schifo!!! E poi che c’entra la pornografia, di cui tu parli nel commento, con il terrore delle teste tagliate? La morte di quegli uomini in Iraq merita rispetto. Merita rispetto il dolore dei loro familiari. Ferrara quello che hai fatto è schifoso. Scendendo al tuo stesso livello di pornografo potremmo augurarci che quel dito dell’incappucciato terrorista, di cui parli nel commento alle tragiche foto, venisse solo usato in un certo modo su di te e non annunciasse una condanna a morte. Se poi credi che la schifezzata che hai fatto serva a giustificare la guerra americana in Iraq, ti sbagli di grosso. E’ lapalissiano invece che se non ci fosse stata quella guerra, mai avremmo visto quelle teste mozzate. Quella guerra ha rinforzato e reso spavaldo il terrorismo.
25 settembre 2004
Françoise Sagan: buongiorno tristezza
Il nome della Françoise Sagan, morta ieri 24 settembre 2004, nell'ospedale di Honfleur, nella Francia settentrionale, stroncata da un'embolia polmonare, mi riporta alla memoria, più che le sue opere, gli anni universitari da me vissuti a Roma dal 1968 in poi. Erano gli anni della contestazione giovanile e delle occupazioni delle università, a cui in qualche modo partecipai. Il suo nome era strettamente collegato a quello di Sartre, Simone de Beauvoir ed altri scrittori che avevano dato vita al movimento filosofico e letterario denominato esistenzialismo, che proponeva di far fronte con l'impegno (engagement) alla crisi di valori.
Francoise Sagan (pseudonimo di Francoise Quoirez) era nata a Cajarc nel 1935. Ottiene, non ancora diciannovenne, la notorietà con il romanzo Buongiorno tristezza del 1954. Il libro osannato dalla critica e premiato dal pubblico, desta uno scandalo enorme: è la storia di una ragazza sensibile ma amorale, che provoca indirettamente ma volontariamente la morte dell'amante del padre, della quale e' gelosa.
Françoise Sagan, come i suoi personaggi, più che governare la propria esistenza si limitava a viverla, ritenendo che la vita, qualunque vita, è un imbroglio. E la sua vita e' stata attraversata da droga, alcool e gioco d'azzardo. Nel 1986 Sagan confessò di aver sostituito l'alcol con la droga giacché il suo editore la pagava in natura. Scriveva: «La mia unica soluzione, e vivamente me ne rallegro, era di fare ciò che avevo voglia di fare: la festa. Fu una festa bellissima, d'altronde intersecata da romanzi vari e da commedie. E qui che termina la mia storia. Che posso farci, dopotutto? Bruciare la vita, bere, stordirmi, ecco quel che mi ha sempre sedotto».
La Sagan, che nei primi anni era una ragazzina con i capelli tagliati alla maschietta, dall'aria insignificante, successivamente cominciò a vestirsi in modo eccentrico, a guidare macchine velocissime, al punto che nel 1957 per via di un incidente rischiò quasi la vita, a passeggiare per i boulevard accompagnata da un gigantesco cane lupo e da giovanotti stravaganti, divenendo così un personaggio noto a tutti, con un seguito di amori burrascosi e persino un figlio.
Françoise Sagan girò il mondo come giornalista, si recò a Cuba dove scrisse brillanti relazioni favorevoli ai rivoluzionari. La sua opera resta un efficace documento di costume, ma che ha anche il sapore della denuncia.
Nel febbraio 2002 fu firmata una petizione da numerosi intellettuali francesi per sostenere la scrittrice economicamente.
Francoise Sagan (pseudonimo di Francoise Quoirez) era nata a Cajarc nel 1935. Ottiene, non ancora diciannovenne, la notorietà con il romanzo Buongiorno tristezza del 1954. Il libro osannato dalla critica e premiato dal pubblico, desta uno scandalo enorme: è la storia di una ragazza sensibile ma amorale, che provoca indirettamente ma volontariamente la morte dell'amante del padre, della quale e' gelosa.
Françoise Sagan, come i suoi personaggi, più che governare la propria esistenza si limitava a viverla, ritenendo che la vita, qualunque vita, è un imbroglio. E la sua vita e' stata attraversata da droga, alcool e gioco d'azzardo. Nel 1986 Sagan confessò di aver sostituito l'alcol con la droga giacché il suo editore la pagava in natura. Scriveva: «La mia unica soluzione, e vivamente me ne rallegro, era di fare ciò che avevo voglia di fare: la festa. Fu una festa bellissima, d'altronde intersecata da romanzi vari e da commedie. E qui che termina la mia storia. Che posso farci, dopotutto? Bruciare la vita, bere, stordirmi, ecco quel che mi ha sempre sedotto».
La Sagan, che nei primi anni era una ragazzina con i capelli tagliati alla maschietta, dall'aria insignificante, successivamente cominciò a vestirsi in modo eccentrico, a guidare macchine velocissime, al punto che nel 1957 per via di un incidente rischiò quasi la vita, a passeggiare per i boulevard accompagnata da un gigantesco cane lupo e da giovanotti stravaganti, divenendo così un personaggio noto a tutti, con un seguito di amori burrascosi e persino un figlio.
Françoise Sagan girò il mondo come giornalista, si recò a Cuba dove scrisse brillanti relazioni favorevoli ai rivoluzionari. La sua opera resta un efficace documento di costume, ma che ha anche il sapore della denuncia.
Nel febbraio 2002 fu firmata una petizione da numerosi intellettuali francesi per sostenere la scrittrice economicamente.
24 settembre 2004
Tanto casino per una tetta
«Tanto casino per una tetta». Così cominciavo un mio post del 7 febbraio, in questo blog, commentando quanto era avvenuto domenica 1 febbraio in un intervallo musicale del Superbowl americano. Il cantante Justin Timberlake aveva scoperto un seno della collega Janet Jackson, sorella di Michael. L’episodio suscitò un immane putiferio negli Stati Uniti.
Ora l’emittente televisiva americana CBS, che mandò in onda il programma, è stata condannata a pagare una multa di 550 mila dollari. Presidente della commissione di censura è Michael Powel, figlio del Segretario di Stato americano.
La Jackson dichiarò che tutto il polverone sul suo seno era stato sollevato per togliere i riflettori dalla guerra in Iraq. La Jackson è stata radiata da tutte le televisioni.
A me questa storia mi fa un po’ sogghignare, ma nello stesso tempo mi fa indignare. Strani questi americani che accettano supinamente la sporca guerra di Bush in Iraq, con le tragiche conseguenze di morti innocenti e dell’esplosione dello sporco terrorismo, e si indignano per un’innocente tetta peraltro con il capezzolo coperto. In questi momenti tragici e grevi bisognerebbe invece gioire alla visione di un bel seno nudo, che ci riconcilia con la vita. Il terrorismo, tutti i tipi di terrorismi vogliono spaventarci, farci chiudere in noi stessi, spingerci in una rassegnazione impotente, farci arretrare dalle conquiste di libertà e democrazia. Ed invece no, dobbiamo continuare ad essere vigili e presenti per mandare a casa con il nostro voto chi vuole la guerra, per riversarci nelle piazze per rivendicare i nostri diritti e principalmente il nostro diritto più grande: la pace.
E certamente sarebbe meglio se il nostro mondo non avesse da offrirci sui giornale, in televisione, nel web corpi di morti sfigurati, teste umane tagliate con coltelli, bombardamenti, distruzioni, ma bei corpi nudi gioiosi e vitali.
Ora l’emittente televisiva americana CBS, che mandò in onda il programma, è stata condannata a pagare una multa di 550 mila dollari. Presidente della commissione di censura è Michael Powel, figlio del Segretario di Stato americano.
La Jackson dichiarò che tutto il polverone sul suo seno era stato sollevato per togliere i riflettori dalla guerra in Iraq. La Jackson è stata radiata da tutte le televisioni.
A me questa storia mi fa un po’ sogghignare, ma nello stesso tempo mi fa indignare. Strani questi americani che accettano supinamente la sporca guerra di Bush in Iraq, con le tragiche conseguenze di morti innocenti e dell’esplosione dello sporco terrorismo, e si indignano per un’innocente tetta peraltro con il capezzolo coperto. In questi momenti tragici e grevi bisognerebbe invece gioire alla visione di un bel seno nudo, che ci riconcilia con la vita. Il terrorismo, tutti i tipi di terrorismi vogliono spaventarci, farci chiudere in noi stessi, spingerci in una rassegnazione impotente, farci arretrare dalle conquiste di libertà e democrazia. Ed invece no, dobbiamo continuare ad essere vigili e presenti per mandare a casa con il nostro voto chi vuole la guerra, per riversarci nelle piazze per rivendicare i nostri diritti e principalmente il nostro diritto più grande: la pace.
E certamente sarebbe meglio se il nostro mondo non avesse da offrirci sui giornale, in televisione, nel web corpi di morti sfigurati, teste umane tagliate con coltelli, bombardamenti, distruzioni, ma bei corpi nudi gioiosi e vitali.
23 settembre 2004
Abbeveratoio della Masseria Renna
Un'immagine non violenta. Per un momento di riflessione e di disintossicazione.
L'abbeveratoio di Renna, contrariamente a quello dell'Antoglia che si trova all'interno di un cortile chiuso, è addossato a un muro esterno lungo una strada che porta all'ingresso della Masseria. Veniva usato da tutti i tipi di animali che pascolavano nei campi attorno alla Masseria.
22 settembre 2004
Eddie Adams - fotografo
Il 19 settembre, è morto nella sua casa di New York a 71 anni il fotoreporter americano Eddie Adams, famoso per i suoi scatti pubblicati sulle copertine dei periodici piu' prestigiosi del mondo, dal 'Time' a 'Newsweek', da 'Life' a 'Paris Match', 'Vogue', 'Stern' e 'The New York Times'.
Nato in Pennsylvania, Adams aveva partecipato alla guerra di Corea nel corpo dei Marines e poi era diventato fotografo, lavorando per la Ap negli anni 1962-1972 e 1976-80.
Lo scorso maggio gli era stato diagnosticato il morbo di Lou Gehrig.
Eddie Adams è stato fotografo di guerra partecipando a tredici conflitti, ma anche fotografo di moda e di spettacolo. Nel 1969 ha vinto il premio Pulitzer per la foto del colonnello sudvietnamita che uccide un vietcong in una strada di Saigon. Adams ha fissato per sempre l'attimo in cui il proiettile entra nella testa del prigioniero, una foto di guerra che e' stata definita tra le piu' drammatiche e impressionanti. Quasi acqua fresca rispetto alle immagini cruenti oltre ogni immaginazione che la guerra in Iraq ci costringe a vedere ogni giorno.
I suoi ritratti, nei giorni scorsi, sono stati esposti alla festa dell'Unita' di Genova, nella mostra dal titolo 'Voci contro il potere - Speak truth the power', all'interno del progetto che Kerry Kennedy, la figlia del senatore Bob Kennedy, ha portato nel nostro Paese.
Nato in Pennsylvania, Adams aveva partecipato alla guerra di Corea nel corpo dei Marines e poi era diventato fotografo, lavorando per la Ap negli anni 1962-1972 e 1976-80.
Lo scorso maggio gli era stato diagnosticato il morbo di Lou Gehrig.
Eddie Adams è stato fotografo di guerra partecipando a tredici conflitti, ma anche fotografo di moda e di spettacolo. Nel 1969 ha vinto il premio Pulitzer per la foto del colonnello sudvietnamita che uccide un vietcong in una strada di Saigon. Adams ha fissato per sempre l'attimo in cui il proiettile entra nella testa del prigioniero, una foto di guerra che e' stata definita tra le piu' drammatiche e impressionanti. Quasi acqua fresca rispetto alle immagini cruenti oltre ogni immaginazione che la guerra in Iraq ci costringe a vedere ogni giorno.
I suoi ritratti, nei giorni scorsi, sono stati esposti alla festa dell'Unita' di Genova, nella mostra dal titolo 'Voci contro il potere - Speak truth the power', all'interno del progetto che Kerry Kennedy, la figlia del senatore Bob Kennedy, ha portato nel nostro Paese.
21 settembre 2004
Saddam Presidente
Sarebbe una tragica beffa se Saddam Hussein potesse presentarsi alle prossime elezioni e venisse eletto con voto popolare presidente dell’Iraq. Sembra fantascienza, ma Saddam ha realmente chiesto ai suoi avvocati di candidarlo alle elezioni che si terranno all’inizio dell’anno prossimo. E uno di questi avvocati pensa che se il nome di Saddam venisse veramente incluso, ci sarebbero buone probabilità di venire eletto.
Da un sondaggio Gallup risulta che se il 40 per cento degli iracheni vorrebbe la condanna a morte di Saddam, ben il 42 per cento lo vorrebbe ancora come presidente dell’Iraq. Saddam addirittura si proclama tuttora a norma della Costituzione l’unico e vero presidente in carica. Sostiene anche di non sentirsi colpevole di nulla, ma di aver sempre agito nell’interesse pubblico e di non aver mai nociuto a nessuno.
E intanto la guerra in Iraq continua con i suoi bombardamenti, con le autobomba, con i rapimenti, con gli sgozzamenti, con le decapitazioni, con sempre altri morti, tanti morti: civili, soldati, donne, bambini. Ma a chi conta sembra che non gli freghi proprio niente.
Da un sondaggio Gallup risulta che se il 40 per cento degli iracheni vorrebbe la condanna a morte di Saddam, ben il 42 per cento lo vorrebbe ancora come presidente dell’Iraq. Saddam addirittura si proclama tuttora a norma della Costituzione l’unico e vero presidente in carica. Sostiene anche di non sentirsi colpevole di nulla, ma di aver sempre agito nell’interesse pubblico e di non aver mai nociuto a nessuno.
E intanto la guerra in Iraq continua con i suoi bombardamenti, con le autobomba, con i rapimenti, con gli sgozzamenti, con le decapitazioni, con sempre altri morti, tanti morti: civili, soldati, donne, bambini. Ma a chi conta sembra che non gli freghi proprio niente.
20 settembre 2004
Filosofia ed impegno
Il festival della filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo è un tentativo partecipato dei filosofi di dare una risposta alle inquietudini che travagliano il mondo in cui viviamo. Il dialogo tra gli uomini e le civiltà diventa una necessità primaria. La globalizzazione dei diritti e dei bisogni non può tramutarsi in imposizione della democrazia. I filosofi devono elaborare nuovi modelli di analisi che portino ad una azione politica per un incontro pacifico tra tutte le civiltà.
Il festival ha avuto grande successo di pubblico perché ha portato la filosofia oggettivamente elitaria verso gli uomini comuni: cittadini democratici, studenti medi ed universitari. Ma è ovvio che non siamo alla filosofia di massa, anche se tutti nel nostro piccolo possiamo filosofeggiare, solo i filosofi di professione possono svolgere questa attività dell’intelletto in sé e per sé. A noi non-filosofi ci è offerta una grande occasione di farci una nostra opinione. Tutti siamo chiamati a ricercare le condizioni per creare una polis mondiale senza barriere e senza violenze.
La filosofia che si apre all’esterno, parlando ad un pubblico di non addetti ai lavori, risponde al bisogno di una cultura senza mediatori e al desiderio di ascoltare coloro che, pur avendo delle idee, sono estromessi dai mezzi di comunicazione di massa.
Ecco l’elenco dei filosofi che sono scesi in piazza: Jean-Loup Amselle, Vittorino Andreoli, Marc Augé, Ermanno Bencivenga, Enrico Berti, Remo Bodei, Stefano Boeri, Rosi Braidotti, Massimo Cacciari, Umberto Curi, Paolo de Bernardis, Luciano De Crescenzo, Daniele Del Giudice, Franco Farinelli, Maurizio Ferraris, Jonathan Friedman, Umberto Galimberti, Aldo G. Gargani, Sossio Giametta, Peter Greenaway, Tullio Gregory, Franco La Cecla, Ignazio Licata, Michel Maffesoli, JeanLuc Marion, Giacomo Marramao, Elio Matassi, Cettina Militello, Salvatore Natoli, Elena Pulcini, Carlo Rovelli, Remo Ruffini, Augusto Sagnotti, Emanuele Severino, John Tomlinson, Achille C. Varzi, Gianni Vattimo, Mario Vegetti, Paolo Virno, Maurizio Viroli, Piero Zanini, Danilo Zolo.
Il festival ha avuto grande successo di pubblico perché ha portato la filosofia oggettivamente elitaria verso gli uomini comuni: cittadini democratici, studenti medi ed universitari. Ma è ovvio che non siamo alla filosofia di massa, anche se tutti nel nostro piccolo possiamo filosofeggiare, solo i filosofi di professione possono svolgere questa attività dell’intelletto in sé e per sé. A noi non-filosofi ci è offerta una grande occasione di farci una nostra opinione. Tutti siamo chiamati a ricercare le condizioni per creare una polis mondiale senza barriere e senza violenze.
La filosofia che si apre all’esterno, parlando ad un pubblico di non addetti ai lavori, risponde al bisogno di una cultura senza mediatori e al desiderio di ascoltare coloro che, pur avendo delle idee, sono estromessi dai mezzi di comunicazione di massa.
Ecco l’elenco dei filosofi che sono scesi in piazza: Jean-Loup Amselle, Vittorino Andreoli, Marc Augé, Ermanno Bencivenga, Enrico Berti, Remo Bodei, Stefano Boeri, Rosi Braidotti, Massimo Cacciari, Umberto Curi, Paolo de Bernardis, Luciano De Crescenzo, Daniele Del Giudice, Franco Farinelli, Maurizio Ferraris, Jonathan Friedman, Umberto Galimberti, Aldo G. Gargani, Sossio Giametta, Peter Greenaway, Tullio Gregory, Franco La Cecla, Ignazio Licata, Michel Maffesoli, JeanLuc Marion, Giacomo Marramao, Elio Matassi, Cettina Militello, Salvatore Natoli, Elena Pulcini, Carlo Rovelli, Remo Ruffini, Augusto Sagnotti, Emanuele Severino, John Tomlinson, Achille C. Varzi, Gianni Vattimo, Mario Vegetti, Paolo Virno, Maurizio Viroli, Piero Zanini, Danilo Zolo.
19 settembre 2004
Avvocato lei è un imbecille - Giovanni Impastato
Per aver dato dell’imbecille all’avvocato difensore del boss mafioso Tano Badalamenti gli è stata confiscata la pizzeria che gestisce a Cinisi, paese di 10 mila abitanti, in provincia di Palermo, poco distante dall’aeroporto di Punta Raisi.
E’ capitato a Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Peppino fu punito per essersi permesso di denunciare le nefandezze del potente boss mafioso Tano Badalamenti, anche lui nato a Cinisi; il suo corpo, dilaniato da una bomba, venne trovato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani; avrebbero voluto mascherare il suo omicidio come la morte di un terrorista. Con sentenza definitiva è stato appurato che la sua morte fu ordinata dal Badalamenti.
L’avvocato del mafioso Badalamenti ha citato in giudizio Giovanni Impastato per diffamazione. «Ho difeso, forse con un termine eccessivo, la memoria di mio fratello - ha detto Giovanni -, ma chi sostiene che mio fratello sia morto mentre stava compiendo un attentato terroristico è un imbecille in malafede».
Giovanni sta ottenendo la solidarietà di tanti. A cominciare da Fabio Picchi, proprietario del Cibrèo, uno dei ristoranti più amati di Firenze e d’Italia. Si sta mobilitando affinché dieci, cento, mille, diecimila ristoratori diano dell’imbecille all’avvocato di Badalamenti, «così lui se vuole diventa il monopolista della ristorazione italiana».
Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, a proposito del pignoramento della pizzeria di Giovanni Impastato ha detto: «Questa è una sorta di confisca alla rovescia, che invece di colpire il mafioso colpisce un protagonista della lotta contro la mafia».
Il film di Marco Tullio Giordana I cento passi ha contribuito a tenere viva la memoria di Peppino Impastato e a farlo conoscere anche ai giovani di oggi.
E’ capitato a Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Peppino fu punito per essersi permesso di denunciare le nefandezze del potente boss mafioso Tano Badalamenti, anche lui nato a Cinisi; il suo corpo, dilaniato da una bomba, venne trovato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani; avrebbero voluto mascherare il suo omicidio come la morte di un terrorista. Con sentenza definitiva è stato appurato che la sua morte fu ordinata dal Badalamenti.
L’avvocato del mafioso Badalamenti ha citato in giudizio Giovanni Impastato per diffamazione. «Ho difeso, forse con un termine eccessivo, la memoria di mio fratello - ha detto Giovanni -, ma chi sostiene che mio fratello sia morto mentre stava compiendo un attentato terroristico è un imbecille in malafede».
Giovanni sta ottenendo la solidarietà di tanti. A cominciare da Fabio Picchi, proprietario del Cibrèo, uno dei ristoranti più amati di Firenze e d’Italia. Si sta mobilitando affinché dieci, cento, mille, diecimila ristoratori diano dell’imbecille all’avvocato di Badalamenti, «così lui se vuole diventa il monopolista della ristorazione italiana».
Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, a proposito del pignoramento della pizzeria di Giovanni Impastato ha detto: «Questa è una sorta di confisca alla rovescia, che invece di colpire il mafioso colpisce un protagonista della lotta contro la mafia».
Il film di Marco Tullio Giordana I cento passi ha contribuito a tenere viva la memoria di Peppino Impastato e a farlo conoscere anche ai giovani di oggi.
18 settembre 2004
L’ora di religione
Non ho seguito con molta attenzione la storia delle assunzioni degli insegnanti di religione cattolica. Ma ho capito molto bene che è un grande regalo che l’attuale governo di destra sta facendo alla chiesa cattolica per accaparrarsene i voti.
A fronte del solo 18% di assunzioni sui 70 mila posti disponibili per tutte le tradizionali materie, per la religione invece in due anni i posti verranno coperti al 100%.
I nomi dei docenti di religione verranno indicati dal vescovo locale e lo stato non potrà rifiutarsi di assumerli. E se poi perderanno il gradimento del vescovo, niente paura, nessuno potrà più licenziarli, verranno utilizzati nell’insegnamento di altre materie. Alla faccia della laicità dello Stato.
Ma perché anziché insegnare religione cattolica, nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, facendo regolari concorsi per le assunzioni?
A fronte del solo 18% di assunzioni sui 70 mila posti disponibili per tutte le tradizionali materie, per la religione invece in due anni i posti verranno coperti al 100%.
I nomi dei docenti di religione verranno indicati dal vescovo locale e lo stato non potrà rifiutarsi di assumerli. E se poi perderanno il gradimento del vescovo, niente paura, nessuno potrà più licenziarli, verranno utilizzati nell’insegnamento di altre materie. Alla faccia della laicità dello Stato.
Ma perché anziché insegnare religione cattolica, nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, facendo regolari concorsi per le assunzioni?
17 settembre 2004
Giovanni Raboni
Il poeta Giovanni Raboni, nato a Milano nel 1932, è morto ieri, 16 settembre 2004, a Parma in seguito ad un attacco cardiaco.
È stato poeta, saggista, critico letterario e traduttore. Tra i suoi principali lavori di traduzione spiccano "I fiori del male" di Baudelaire e la versione integrale di "Alla ricerca del tempo perduto"di Proust.
Ha ricoperto anche l'incarico di direttore editoriale negli anni Settanta per la casa editrice Guanda. Era critico del “Corriere della Sera”, dove si occupava anche di teatro.
Tutte le poesie di Raboni sono state raccolte in un volume nel 1997 dall’editore Garzanti. Nel 2002 è uscita la raccolta di versi Barlumi di storia. Nel 1980 era stato pubblicato il volume di prose narrative La fossa di Cherubino.
La sua produzione poetica alterna modi colloquiali e modi alti su tematiche che comprendono l’introspezione lirica e lo sdegno civile, per approdare a un raffinato manierismo. Raboni ha utilizzato la forma chiusa e recuperato la metrica tradizionale e la rima.
Ha vinto nel 2003 il premio Librex Montale e il premio Vitaliano Brancati. Da due anni presiedeva il premio Bagutta.
Voglio ricordare Giovanni Raboni con una sua poesia tratta da Barlumi di storia.
E per tutto il resto, per quello
che in tutto questo tempo
ho sprecato o frainteso, per l'amore
preso e non dato, avuto e non ridato
nella mia ingloriosa carriera
di marito, di padre e di fratello
ci sarà giustizia, là, un altro appello?
Niente più primavera,
mi viene da pensare, se allo sperpero
non ci fosse rimedio, se morire
fosse dolce soltanto per chi muore.
È stato poeta, saggista, critico letterario e traduttore. Tra i suoi principali lavori di traduzione spiccano "I fiori del male" di Baudelaire e la versione integrale di "Alla ricerca del tempo perduto"di Proust.
Ha ricoperto anche l'incarico di direttore editoriale negli anni Settanta per la casa editrice Guanda. Era critico del “Corriere della Sera”, dove si occupava anche di teatro.
Tutte le poesie di Raboni sono state raccolte in un volume nel 1997 dall’editore Garzanti. Nel 2002 è uscita la raccolta di versi Barlumi di storia. Nel 1980 era stato pubblicato il volume di prose narrative La fossa di Cherubino.
La sua produzione poetica alterna modi colloquiali e modi alti su tematiche che comprendono l’introspezione lirica e lo sdegno civile, per approdare a un raffinato manierismo. Raboni ha utilizzato la forma chiusa e recuperato la metrica tradizionale e la rima.
Ha vinto nel 2003 il premio Librex Montale e il premio Vitaliano Brancati. Da due anni presiedeva il premio Bagutta.
Voglio ricordare Giovanni Raboni con una sua poesia tratta da Barlumi di storia.
E per tutto il resto, per quello
che in tutto questo tempo
ho sprecato o frainteso, per l'amore
preso e non dato, avuto e non ridato
nella mia ingloriosa carriera
di marito, di padre e di fratello
ci sarà giustizia, là, un altro appello?
Niente più primavera,
mi viene da pensare, se allo sperpero
non ci fosse rimedio, se morire
fosse dolce soltanto per chi muore.
16 settembre 2004
Stati Generali dell’Editoria
Si sono svolti a Roma ieri e l’altro ieri gli Stati generali dell’editoria. Ma cosa significa Stati Generali? Mi pare di ricordare che anche la Moratti organizzò tempo fa gli Stati Generali della Scuola. E la scuola continua a colare a picco. Ma questi dell’editoria sono forse altra cosa. E comunque quei termini, che mi richiamano qualcosa di militaresco (che poco ha a che fare con la Rivoluzione francese), a me non piacciono. Le cose trattate sono invece interessanti.
Anche se l’obiettivo diretto è stato mancato, se ne è raggiunto un altro insperato. Gli editori invitando vari ministri berlusconiani speravano in qualche attenzione particolare che si sarebbe dovuta tradurre in contributi. Ed invece sono stati svillaneggiati dal ministro dei Beni Culturali. Giuliano Urbani, chi era costui? Un uomo sbagliato, al posto sbagliato. Come quasi tutti i ministri del governo Berlusconi. Che c’entra Urbani con la cultura? Quasi la stessa cosa che c’entra la Moratti con la scuola. Cioè niente.
Ecco una sintesi delle cose dette dall’Urbani che hanno fatto saltare i nervi agli editori: «1. La vostra categoria sta bene, se il più grande degli editori, Berlusconi, non si lamenta; 2. Verrà introdotto un ticket per il prestito dei libri in biblioteca, che dovrà essere pagato da chi usufruisce del servizio; 3. Voi editori per fare affari dovete puntare sul mercato cinese».
Adornato poi - secondo l’editore Laterza - ha sparato un’amenità più grossa ancora, quando ha sostenuto seriamente che l’Italia è all’ultimo posto in fatto di lettura perché da noi c’è tanto sole, e con il sole si va al mare e a passeggio, e quindi si legge di più nei paesi freddi.
In conclusione i vassalli del Berlusca hanno ottenuto un’alleanza di tutti contro l’Uno. Giuseppe Laterza mette sull’avviso: «Prima o poi capiranno che in politica i voti, oltre che contarli, si pesano. E i nostri voti sono pesanti…».
Anche se l’obiettivo diretto è stato mancato, se ne è raggiunto un altro insperato. Gli editori invitando vari ministri berlusconiani speravano in qualche attenzione particolare che si sarebbe dovuta tradurre in contributi. Ed invece sono stati svillaneggiati dal ministro dei Beni Culturali. Giuliano Urbani, chi era costui? Un uomo sbagliato, al posto sbagliato. Come quasi tutti i ministri del governo Berlusconi. Che c’entra Urbani con la cultura? Quasi la stessa cosa che c’entra la Moratti con la scuola. Cioè niente.
Ecco una sintesi delle cose dette dall’Urbani che hanno fatto saltare i nervi agli editori: «1. La vostra categoria sta bene, se il più grande degli editori, Berlusconi, non si lamenta; 2. Verrà introdotto un ticket per il prestito dei libri in biblioteca, che dovrà essere pagato da chi usufruisce del servizio; 3. Voi editori per fare affari dovete puntare sul mercato cinese».
Adornato poi - secondo l’editore Laterza - ha sparato un’amenità più grossa ancora, quando ha sostenuto seriamente che l’Italia è all’ultimo posto in fatto di lettura perché da noi c’è tanto sole, e con il sole si va al mare e a passeggio, e quindi si legge di più nei paesi freddi.
In conclusione i vassalli del Berlusca hanno ottenuto un’alleanza di tutti contro l’Uno. Giuseppe Laterza mette sull’avviso: «Prima o poi capiranno che in politica i voti, oltre che contarli, si pesano. E i nostri voti sono pesanti…».
15 settembre 2004
In cerca dei tutor
Il caos regna sovrano nella scuola italiana. E’ scontato che la Moratti, per la sua formazione professionale, non capisca nulla di scuola, ma quello che mi sorprende è che i suoi consiglieri, i quali di scuola dovrebbero capirne, hanno le idee assolutamente confuse. Hanno voluto a tutti i costi cambiare la precedente organizzazione scolastica, che con fatica cominciava a dare i suoi frutti positivi, mettendo in atto una controriforma scriteriata. In questi giorni di inizio del nuovo anno scolastico si è alle prese con la fantastica invenzione dei tutor. Dovrebbero essere dei superdocenti con il compito di coordinare gli altri docenti di classe e consigliare gli allievi e le loro famiglie, ma non c’è nessun criterio per la loro individuazione. La scelta dovrebbe essere fatta dal collegio dei docenti e la nomina dal dirigente. Ma nessuno in pratica sa cosa e come fare. E si rischia lo stallo. E allora il Ministero non sa trovare niente di meglio che minacciare i dirigenti di declassamento se non creano i tutor. I tutor nominati si rifiutano di svolgere quel ruolo, perché di soldi per compensare quel maggiore impegno non ce ne sono. I sindacati dicono che la Moratti non può imporre il tutor, perché manca il contratto e perché le scuole possono rivalersi della loro autonomia. Insomma è un gran casino. E chi ne soffre è la formazione. Speriamo che passino presto questi tempi bui.
14 settembre 2004
Cos’è l’arte?
Tema
Cos’è l’arte?
Svolgimento di Letiza Moratti
L’arte è una cosa con la quale o senza la quale si vive lo stesso. Molte opere d’arte si trovano nelle chiese, ma non servono a niente, perché non si possono vendere. Io ho vari amici del mio rango che hanno comperato tante opere d’arte, riempiendo i loro salotti buoni; è certamente un buon investimento. Ma anche chi vive solo dello stipendio, che noi vogliamo ancora per ora continuare a garantire, può permettersi di comprare delle buone riproduzioni di opere d’arte; non fanno una bella figura, ma meglio che niente. Ed io per cercare di ridurre il complesso di inferiorità degli operai nei confronti dei loro datori di lavoro sto studiando una riforma per cercare di non far capire l’importanza dell’arte. Ed infatti secondo questa mia grande riforma la Storia dell’Arte dovrà essere studiata solo nei Licei classici, dove generalmente vanno solo i figli di noi ricchi capaci. E siccome all’Università si può accedere anche con i diplomi delle altre scuole superiori ho pensato che è bene sopprimere la laurea in Storia dell’Arte. Chi vorrà studiare questa materia dovrà iscriversi al corso di laurea in Conservazione dei beni scientifici e della comunità industriale. I centotrenta professori universitari e i quaranta ricercatori del settore storico-artistico, che mi hanno scritto una lettera deplorando la mia iniziativa ministeriale, non hanno capito la mia finalità democratica. E poi se il mio grande capo Berlusconi può distruggere tutta l’Italia per gli affari suoi, perché io nel mio piccolo non mi posso consentire di distruggere solamente l’istruzione?
Letizia Moratti
Cos’è l’arte?
Svolgimento di Letiza Moratti
L’arte è una cosa con la quale o senza la quale si vive lo stesso. Molte opere d’arte si trovano nelle chiese, ma non servono a niente, perché non si possono vendere. Io ho vari amici del mio rango che hanno comperato tante opere d’arte, riempiendo i loro salotti buoni; è certamente un buon investimento. Ma anche chi vive solo dello stipendio, che noi vogliamo ancora per ora continuare a garantire, può permettersi di comprare delle buone riproduzioni di opere d’arte; non fanno una bella figura, ma meglio che niente. Ed io per cercare di ridurre il complesso di inferiorità degli operai nei confronti dei loro datori di lavoro sto studiando una riforma per cercare di non far capire l’importanza dell’arte. Ed infatti secondo questa mia grande riforma la Storia dell’Arte dovrà essere studiata solo nei Licei classici, dove generalmente vanno solo i figli di noi ricchi capaci. E siccome all’Università si può accedere anche con i diplomi delle altre scuole superiori ho pensato che è bene sopprimere la laurea in Storia dell’Arte. Chi vorrà studiare questa materia dovrà iscriversi al corso di laurea in Conservazione dei beni scientifici e della comunità industriale. I centotrenta professori universitari e i quaranta ricercatori del settore storico-artistico, che mi hanno scritto una lettera deplorando la mia iniziativa ministeriale, non hanno capito la mia finalità democratica. E poi se il mio grande capo Berlusconi può distruggere tutta l’Italia per gli affari suoi, perché io nel mio piccolo non mi posso consentire di distruggere solamente l’istruzione?
Letizia Moratti
11 settembre 2004
Bin Laden è vivo
Il segretario di Stato americano Colin Powel ha di recente affermato che Osama Bin Laden è ancora vivo ed è in fuga. Che sia vivo pare cosa scontata, ma che sia in fuga ne dubito fortemente. Bin Laden non è stato mai veramente cercato e quindi non ha motivo di fuggire.
Quasi certamente tutto quello che è stato detto dall’amministrazione Bush su Bin Laden, per giustificare l’invasione dell’Afghanistan, è falso, come sono false le motivazioni dichiarate per invadere l’Iraq (esistenza di armi di distruzioni di massa). Osama Bin Laden ha rivendicato l’attacco dinamitardo all’ambasciata americana in Africa Orientale ed altri atti terroristici, ma ha negato ogni partecipazione di Al Qaeda all’attacco delle torri gemelle l’11 settembre 2001. La famosa videoconfessione è stato dimostrato essere una manipolazione.
E’ certo invece che i 19 dirottatori erano tutti appartenenti alla Jihad islamica, con base in Egitto. Ma Bush, anziché farsi consegnare i leader dell’organizzazione, inviò al suo amico Mubarak altri soldi e altre armi.
Affidabili testimoni afghani hanno raccontato ai giornalisti di aver visto Bin Laden lasciare il Paese subito dopo l’11 settembre. Gli americani sapevano benissimo che, quando il 6 ottobre 2001 dichiararono guerra all’Afghanistan, Bin Laden non si trovava in quel paese.
E’ anche falso che Al Qaeda avesse la sede centrale in Afghanistan. E’ risaputo che armi e militanti di Al Qaeda sono finanziati con fondi sauditi che transitano su banche pakistane, ed è anche risaputo che detti militanti sono protetti dall’agenzia di intelligence pachistana.
Credo anche che Bush sappia benissimo dove si trovi Bin Laden, altrimenti dovremmo dubitare che gli Stati Uniti siano veramente una grande potenza.
Quasi certamente tutto quello che è stato detto dall’amministrazione Bush su Bin Laden, per giustificare l’invasione dell’Afghanistan, è falso, come sono false le motivazioni dichiarate per invadere l’Iraq (esistenza di armi di distruzioni di massa). Osama Bin Laden ha rivendicato l’attacco dinamitardo all’ambasciata americana in Africa Orientale ed altri atti terroristici, ma ha negato ogni partecipazione di Al Qaeda all’attacco delle torri gemelle l’11 settembre 2001. La famosa videoconfessione è stato dimostrato essere una manipolazione.
E’ certo invece che i 19 dirottatori erano tutti appartenenti alla Jihad islamica, con base in Egitto. Ma Bush, anziché farsi consegnare i leader dell’organizzazione, inviò al suo amico Mubarak altri soldi e altre armi.
Affidabili testimoni afghani hanno raccontato ai giornalisti di aver visto Bin Laden lasciare il Paese subito dopo l’11 settembre. Gli americani sapevano benissimo che, quando il 6 ottobre 2001 dichiararono guerra all’Afghanistan, Bin Laden non si trovava in quel paese.
E’ anche falso che Al Qaeda avesse la sede centrale in Afghanistan. E’ risaputo che armi e militanti di Al Qaeda sono finanziati con fondi sauditi che transitano su banche pakistane, ed è anche risaputo che detti militanti sono protetti dall’agenzia di intelligence pachistana.
Credo anche che Bush sappia benissimo dove si trovi Bin Laden, altrimenti dovremmo dubitare che gli Stati Uniti siano veramente una grande potenza.
9 settembre 2004
Vittorio Feltri. Anche gli stronzi meritano una citazione
Io non conoscevo Vittorio Feltri, se non per averlo visto qualche volta per sbaglio in televisione. Non meriterebbe parlarne, ma per una volta voglio fare un’eccezione, anche i coglioni meritano una citazione.
Dai risultati deduco che prima di cominciare a scrivere s’inciucchi con vino trattato o si faccia con qualche droga pesante. Sto commentando quanto Feltri ha scritto ieri sul rapimento avvenuto a Baghdad di Simona Pari e di Simona Torretta.
Comincio dalla fine dove dice: «Posso solo manifestare il mio schifo. E il mio sdegno verso chi ha spinto le sfortunate donne sull’orlo del baratro». Ma, Vittorio Feltri, sei tu che fai schifo, per le castronerie e le palle che hai scritto. Sarebbe da ridere, se non ci trovassimo davanti a fatti tragici.
Ed ecco un florilegio delle sue cazzate offensive. A cominciare dal titolo del suo articolo: «Vittime dei pacifisti». Feltri fai schifo.
«Ipocrisia dilagante nel nostro quanto in altri Paesi illusi di poter raddrizzare le gambe dei cani», dove i cani sono gli iracheni bisognosi, malati, bambini. Feltri fai schifo.
«Per gli islamici assatanati dal bigottismo coranico noi occidentali abbiamo il valore, nullo, di una zanzara. … La stima che i musulmani scalmanati hanno di noi è pari a quella che essi hanno dei maiali. Per loro siamo solo zanzare, ragni, mosche. Le care Simone non si sono rese conto di essere zanzare». Da schiacciare. Feltri fai schifo.
«Le Simone sono noglobal. Le Simone poverine erano ubriache di bischerate rosse. Serie nella loro dabbenaggine antiamericana, un po’ stolte a dirla per intero, stordite dalle fregnacce propagandistiche della sinistra italiana. Ma a forza di rimbambirsi con frasi fatte melense e false si viene trascinati al patibolo». Per lui sono già morte. Feltri fai schifo.
«Smettetela inutilissimi idioti di imbottire i cervelli più candidi e bambineschi di scemenze pauperistiche. Povere Simone. Intronate di balle e indotte a partire per Bagdad. Non vi è giunta all’orecchio la notizia che ogni due per tre sgozzano un occidentale, lo sequestrano, lo stendono? Baldoni non vi ha insegnato nulla? I due reporter francesi, sapete dove sono?». Feltri fai schifo.
«Le hanno puntate, catturate, e dio sa cosa le attende. Non so immaginare le azioni oscene del beduino arrapato». Feltri fai schifo.
Ne ho parlato questa volta di un verme insignificante, Vittorio Feltri, non ne parlerò mai più.
Dai risultati deduco che prima di cominciare a scrivere s’inciucchi con vino trattato o si faccia con qualche droga pesante. Sto commentando quanto Feltri ha scritto ieri sul rapimento avvenuto a Baghdad di Simona Pari e di Simona Torretta.
Comincio dalla fine dove dice: «Posso solo manifestare il mio schifo. E il mio sdegno verso chi ha spinto le sfortunate donne sull’orlo del baratro». Ma, Vittorio Feltri, sei tu che fai schifo, per le castronerie e le palle che hai scritto. Sarebbe da ridere, se non ci trovassimo davanti a fatti tragici.
Ed ecco un florilegio delle sue cazzate offensive. A cominciare dal titolo del suo articolo: «Vittime dei pacifisti». Feltri fai schifo.
«Ipocrisia dilagante nel nostro quanto in altri Paesi illusi di poter raddrizzare le gambe dei cani», dove i cani sono gli iracheni bisognosi, malati, bambini. Feltri fai schifo.
«Per gli islamici assatanati dal bigottismo coranico noi occidentali abbiamo il valore, nullo, di una zanzara. … La stima che i musulmani scalmanati hanno di noi è pari a quella che essi hanno dei maiali. Per loro siamo solo zanzare, ragni, mosche. Le care Simone non si sono rese conto di essere zanzare». Da schiacciare. Feltri fai schifo.
«Le Simone sono noglobal. Le Simone poverine erano ubriache di bischerate rosse. Serie nella loro dabbenaggine antiamericana, un po’ stolte a dirla per intero, stordite dalle fregnacce propagandistiche della sinistra italiana. Ma a forza di rimbambirsi con frasi fatte melense e false si viene trascinati al patibolo». Per lui sono già morte. Feltri fai schifo.
«Smettetela inutilissimi idioti di imbottire i cervelli più candidi e bambineschi di scemenze pauperistiche. Povere Simone. Intronate di balle e indotte a partire per Bagdad. Non vi è giunta all’orecchio la notizia che ogni due per tre sgozzano un occidentale, lo sequestrano, lo stendono? Baldoni non vi ha insegnato nulla? I due reporter francesi, sapete dove sono?». Feltri fai schifo.
«Le hanno puntate, catturate, e dio sa cosa le attende. Non so immaginare le azioni oscene del beduino arrapato». Feltri fai schifo.
Ne ho parlato questa volta di un verme insignificante, Vittorio Feltri, non ne parlerò mai più.
8 settembre 2004
Cortili
7 settembre 2004
Cecenia: per capire
Il nazionalismo ceceno parte da molto lontano. I ceceni nel 1818 si erano battuti contro l’espansione imperialista degli zar e dopo il 1917 contro i bolscevichi. La Cecenia fu costituita in regione autonoma nel 1922, unita poi nel 1934 con l’Inguscezia è divenuta nel 1936 una repubblica autonoma della Russia sovietica.
La coabitazione con il potere sovietico è stata sempre conflittuale, con numerose rivolte e sollevazioni. Nel 1944 Stalin soppresse la repubblica cecena e fece deportare in massa la popolazione nella steppa kazaca e nella taiga siberiana. Il popolo ceceno poté ritornare sul proprio territorio solo dopo la morte di Stalin e nel 1957 fu ripristinata la repubblica.
La volontà di indipendenza, riesplosa nei primi anni Novanta, dopo lo scioglimento del regime sovietico, portò alla ribellione armata contro Mosca e alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Il governo di Mosca non ha mai riconosciuto questa indipendenza, non volendo rinunciare alla rilevante ricchezza petrolifera del sottosuolo ceceno ed ha ingaggiato una spietatissima repressione armata che ha provocato quasi centomila morti. La guerra cecena iniziata da Eltsin continua oggi con Putin. Ma la guerriglia cecena non si lascia sconfiggere.
Il nazionalismo è la forza più importante della storia moderna che riesce a sopravvivere a tutto e a tutti. Sbaglia chi non capisce questo, come stanno sbagliando Bush in Iraq e Putin in Cecenia. Il nazionalismo pur di raggiungere il suo obiettivo di indipendenza si mescola al fondamentalismo religioso e si serve del terrorismo, che è l’arma dei deboli. «In fin dei conti, cosa muove la politica statunitense dopo l’11 settembre, se non un nazionalismo offeso e violato?», si chiede William Pfaff, esperto di fatti internazionali.
Attualmente la Cecenia conta circa 780 mila abitanti e la Russia 144 milioni.
La coabitazione con il potere sovietico è stata sempre conflittuale, con numerose rivolte e sollevazioni. Nel 1944 Stalin soppresse la repubblica cecena e fece deportare in massa la popolazione nella steppa kazaca e nella taiga siberiana. Il popolo ceceno poté ritornare sul proprio territorio solo dopo la morte di Stalin e nel 1957 fu ripristinata la repubblica.
La volontà di indipendenza, riesplosa nei primi anni Novanta, dopo lo scioglimento del regime sovietico, portò alla ribellione armata contro Mosca e alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Il governo di Mosca non ha mai riconosciuto questa indipendenza, non volendo rinunciare alla rilevante ricchezza petrolifera del sottosuolo ceceno ed ha ingaggiato una spietatissima repressione armata che ha provocato quasi centomila morti. La guerra cecena iniziata da Eltsin continua oggi con Putin. Ma la guerriglia cecena non si lascia sconfiggere.
Il nazionalismo è la forza più importante della storia moderna che riesce a sopravvivere a tutto e a tutti. Sbaglia chi non capisce questo, come stanno sbagliando Bush in Iraq e Putin in Cecenia. Il nazionalismo pur di raggiungere il suo obiettivo di indipendenza si mescola al fondamentalismo religioso e si serve del terrorismo, che è l’arma dei deboli. «In fin dei conti, cosa muove la politica statunitense dopo l’11 settembre, se non un nazionalismo offeso e violato?», si chiede William Pfaff, esperto di fatti internazionali.
Attualmente la Cecenia conta circa 780 mila abitanti e la Russia 144 milioni.
6 settembre 2004
Fecondazione assistita – Il manifesto e la bandiera
Se nove mesi prima della nascita dell’attuale ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, i suoi genitori avessero potuto far esaminare l’embrione che poi l’avrebbe generato, certamente l’avrebbero fatto sopprimere graziando l’umanità di un caso clinico. Lui sì paragonabile (ma solo come caso clinico) al capo dei nazisti. E’ un’offesa questa? Ma l’offesa di difesa e meno grave dell’offesa di attacco. Questo signore (si fa per dire) non può permettersi di offendere impunemente chi non la pensa come lui. Il suo manifesto potrebbe benissimo essere usato per lo stesso compito per cui il suo collega Bossi disse di voler usare la bandiera italiana.
Sentite ora cosa ha detto il forzista Alfredo Biondi, vicepresidente della Camera dei deputati. Prima però consentitemi una piccola digressione. L’onorevole Biondi porta il mio stesso cognome, ma non ha nessunissima parentela con me; un po’ però mi fa vergognare che uno che porta il mio cognome abbia fatto la brutta fine di ritrovarsi nell’allegra e dannosa compagnia del Berlusca. Ed ecco la riflessione di Alfredo Biondi: «Se Giovanardi non capisce che l’attuale legge sulla fecondazione assistita è formata da una sequela di divieti che non tengono conto dei diritti e delle aspettative di chi non può avere figli, allora ha un problema di analisi suo, personale. Ma non può fare analisi offensive verso chi la pensa in modo diverso da lui, non rispetta né avversari, né amici, visto che l’opposizione alla legge è stata trasversale».
Più incazzato ancora per l’accusa di nazista è un tuttora amico della compagnia Berlusca, il segretario del Partito Radicale Daniele Capezzone, che denuncerà in sede penale e civile il ministro Giovanardi, autore del manifesto dell’Udc di Modena in cui i referendari della fecondazione assistita vengono paragonati ai nazisti.
A noi non ci resta che accogliere l’invito del segretario del Pdci di Modena, Monica Macchioni, per la parte di competenza: «Credo ci sia sufficiente carne al fuoco per decidere di non votare più per il ministro e per andare subito a firmare per il referendum contro chi pretende di decidere sulla vita, sulla pelle e sulla felicità delle persone».
Sentite ora cosa ha detto il forzista Alfredo Biondi, vicepresidente della Camera dei deputati. Prima però consentitemi una piccola digressione. L’onorevole Biondi porta il mio stesso cognome, ma non ha nessunissima parentela con me; un po’ però mi fa vergognare che uno che porta il mio cognome abbia fatto la brutta fine di ritrovarsi nell’allegra e dannosa compagnia del Berlusca. Ed ecco la riflessione di Alfredo Biondi: «Se Giovanardi non capisce che l’attuale legge sulla fecondazione assistita è formata da una sequela di divieti che non tengono conto dei diritti e delle aspettative di chi non può avere figli, allora ha un problema di analisi suo, personale. Ma non può fare analisi offensive verso chi la pensa in modo diverso da lui, non rispetta né avversari, né amici, visto che l’opposizione alla legge è stata trasversale».
Più incazzato ancora per l’accusa di nazista è un tuttora amico della compagnia Berlusca, il segretario del Partito Radicale Daniele Capezzone, che denuncerà in sede penale e civile il ministro Giovanardi, autore del manifesto dell’Udc di Modena in cui i referendari della fecondazione assistita vengono paragonati ai nazisti.
A noi non ci resta che accogliere l’invito del segretario del Pdci di Modena, Monica Macchioni, per la parte di competenza: «Credo ci sia sufficiente carne al fuoco per decidere di non votare più per il ministro e per andare subito a firmare per il referendum contro chi pretende di decidere sulla vita, sulla pelle e sulla felicità delle persone».
5 settembre 2004
Mi sento impotente di fronte alla violenza
Mi sento impotente e sradicato di fronte alla violenza che impera nel mondo e alla teorizzazione della sua ineluttabilità.
Impotente quando molti americani applaudono Bush che afferma che lui andrà ad ammazzare i nemici (veri o creati?) in casa loro per impedire che loro possano venire in America ad ammazzare gli americani. Ma mi chiedo perché loro (nemici o pseudo nemici) non lo potrebbero o non lo dovrebbero anticipare?
Impotente di fronte ai 400 (forse 600) sacchi neri con dentro i morti, principalmente bambini, di Beslan in Russia. Ma Putin non aveva detto che non si sarebbe ripetuto l’errore del tragico blitz delle teste di cuoio nel teatro di Dubrovka? Evidentemente mentiva o peggio ancora a Beslan qualcuno è stato più forte di Putin.
Impotente di fronte alla sudditanza acritica di Berlusconi e soci nei confronti dell’americano Bush. Impotente di fronte al dilemma di dover scegliere a tutti i costi fra la guerra di Bush o la violenza dei terroristi. Ma io, cosa apparentemente strana per me laico convinto, scelgo una terza strada: quella della pace senza se e senza ma del polacco papa Wojtyla.
Mi consola il fatto di non essere solo su questa via. Faccio letteralmente mie le affermazioni di alcuni volontari della Festa de l’Unità di Genova. «Quei sette, otto che governano il mondo si devono rendere conto che il terrorismo è diventato un problema che si ripropone tutti i giorni e che la strada fin qui seguita per combatterlo non ha fatto che alimentarlo». «E’ il sistema mondiale che va discusso e ridisegnato. Finché ci saranno popolazioni che muoiono di fame, finché si continuerà a calpestare i diritti umani, il problema del terrorismo non si potrà risolvere». E a proposito dei bambini uccisi a Beslan: «I terroristi sono caduti nella trappola di fare una guerra tra poveri».
Impotente quando molti americani applaudono Bush che afferma che lui andrà ad ammazzare i nemici (veri o creati?) in casa loro per impedire che loro possano venire in America ad ammazzare gli americani. Ma mi chiedo perché loro (nemici o pseudo nemici) non lo potrebbero o non lo dovrebbero anticipare?
Impotente di fronte ai 400 (forse 600) sacchi neri con dentro i morti, principalmente bambini, di Beslan in Russia. Ma Putin non aveva detto che non si sarebbe ripetuto l’errore del tragico blitz delle teste di cuoio nel teatro di Dubrovka? Evidentemente mentiva o peggio ancora a Beslan qualcuno è stato più forte di Putin.
Impotente di fronte alla sudditanza acritica di Berlusconi e soci nei confronti dell’americano Bush. Impotente di fronte al dilemma di dover scegliere a tutti i costi fra la guerra di Bush o la violenza dei terroristi. Ma io, cosa apparentemente strana per me laico convinto, scelgo una terza strada: quella della pace senza se e senza ma del polacco papa Wojtyla.
Mi consola il fatto di non essere solo su questa via. Faccio letteralmente mie le affermazioni di alcuni volontari della Festa de l’Unità di Genova. «Quei sette, otto che governano il mondo si devono rendere conto che il terrorismo è diventato un problema che si ripropone tutti i giorni e che la strada fin qui seguita per combatterlo non ha fatto che alimentarlo». «E’ il sistema mondiale che va discusso e ridisegnato. Finché ci saranno popolazioni che muoiono di fame, finché si continuerà a calpestare i diritti umani, il problema del terrorismo non si potrà risolvere». E a proposito dei bambini uccisi a Beslan: «I terroristi sono caduti nella trappola di fare una guerra tra poveri».
4 settembre 2004
Libri in fiamme a Weimar
Molte migliaia di libri (forse 30.000) sono andati in fiamme nell'incendio sprigionatosi l'altro ieri nella biblioteca della città tedesca di Weimar in Turingia. La biblioteca, voluta dalla duchessa Anna Amalia (1739-1807), custodisce circa un milione di libri. Tra l'altro vi sono 2.000 manoscritti del Medio Evo, 8.400 carte geografiche, una collezione di preziose Bibbie (una appartenuta a Lutero del 1543 fortunatamente è scampata al fuoco). Sono raccolte anche moltissime edizioni dei classici tedeschi: Goethe, Schiller, Herder, Wieland.
Il piccolo ducato di Weimar era divenuto alla fine del settecento il centro della cultura tedesca, tanto da essere chiamata da M.me De Staël l'Atene della Germania. Ma divenne anche centro politico importante, tanto da dar vita nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, alla repubblica di Weimar appunto; repubblica democratica che crollò nel 1933 con l'avvento di Hitler.
Profondissima è la ferita ed incalcolabile è il danno provocati dalle fiamme. Il rogo dei libri di Weimar richiama alla memoria quelli delle biblioteche di Alessandria e di Heidelberg.
La distruzione dei libri segna una perdita d'identità collettiva e individuale. Le biblioteche pubbliche e le nostre biblioteche private svelano da dove veniamo, chi siamo e verso dove andiamo.
In questi tempi bui della ragione, in cui alla violenza si risponde con la violenza, una via di scampo ci potrebbe essere data dalla cultura storica. Ma gli uomini che oggi governano il mondo e la nostra nazione non fanno sperare nulla di buono. E' triste e deprimente sentire un capo di governo vantarsi di aver letto l'ultimo libro venti anni fa.
Il piccolo ducato di Weimar era divenuto alla fine del settecento il centro della cultura tedesca, tanto da essere chiamata da M.me De Staël l'Atene della Germania. Ma divenne anche centro politico importante, tanto da dar vita nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, alla repubblica di Weimar appunto; repubblica democratica che crollò nel 1933 con l'avvento di Hitler.
Profondissima è la ferita ed incalcolabile è il danno provocati dalle fiamme. Il rogo dei libri di Weimar richiama alla memoria quelli delle biblioteche di Alessandria e di Heidelberg.
La distruzione dei libri segna una perdita d'identità collettiva e individuale. Le biblioteche pubbliche e le nostre biblioteche private svelano da dove veniamo, chi siamo e verso dove andiamo.
In questi tempi bui della ragione, in cui alla violenza si risponde con la violenza, una via di scampo ci potrebbe essere data dalla cultura storica. Ma gli uomini che oggi governano il mondo e la nostra nazione non fanno sperare nulla di buono. E' triste e deprimente sentire un capo di governo vantarsi di aver letto l'ultimo libro venti anni fa.
3 settembre 2004
Andiamo a lavorare
Da conteggi fatti risulta che il Berlusca dei 1180 giorni di governo ne abbia passato oltre la metà in vacanza, a temprarsi lo spirito (ma quale?), a rifarsi la faccia, a trapiantarsi i capelli, a piantare cactus. Dal conteggio delle ferie sono sottratti i giorni passati ad ordinare le fioriere, in occasione dei summit, inclusi nei giorni lavorativi. Alla faccia di noi poveri mortali che i pochi giorni di ferie (30 su 365 all'anno) ce li siamo passati chiusi in casa o in macchina per raggiungere e lasciare il luogo della villeggiatura. E al lavoro siamo tornati più stressati di quando lo abbiamo lasciato. Ma il Berlusca non è contento, dice che noi lavoriamo poco e sta preparando una legge per ridurci i ponti e concentrare i week-end. Le vacanze e i ponti li deve fare solo lui. Solo ad un altro consente di poterlo fregare sulla durata delle ferie, all'amico americano George W. Bush.
1 settembre 2004
Venezia - 61ma mostra internazionale d’arte cinematografica
E’ cominciato oggi il Festival del Cinema di Venezia. Avrei voluto essere lì per fare in questo blog una cronaca giornaliera dei film visti e degli eventi vari. Ma purtroppo non è così, devo accontentarmi di leggere della Mostra sui giornali ed in internet e vedere qualcosa in tv. Spero il prossimo anno di poterci essere a Venezia. Mi sto organizzando. Mi consola un po’ quello che ha scritto Alberto Crespi in un articolo introduttivo alla Mostra: «Forse continuare ad andare a Venezia, o a Cannes, è una perdita di tempo. Gli eventi globali del cinema sono altri». Ma subito dopo aggiunge: «Detto questo, a Venezia ci saremo, e ben disposti». Beato lui.
Ecco i numeri della 61a mostra internazionale d’arte cinematografica. Film in concorso: 21; film fuori concorso: 16; Venezia Orizzonti: 27; Venezia Mezzanotte: 10; Venezia Cinema Digitale: 18; Venezia Corto Cortissimo: 33. Nei numeri ho incluso oltre ai film anche gli Eventi speciali. Altre sezioni programmate sono: Italian Kings of the B’s, retrospettiva del cinema italiano di genere; Settimana Internazionale della Critica (SIC), rassegna di 7 opere prime; Giornate degli Autori, spazio del nuovo cinema organizzato dall’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) e dall’API (Autori Produttori Indipendenti).
Domenica 5 settembre infine vi sarà un segmento particolare della Mostra intitolato Storia segreta del cinema italiano – Underground Italia, saranno proiettati un film a testa di Alberto Grifi, Gianfranco Baruchello, Romano Scavolini; conosco i primi due e i loro film, ne ho parlato nella mia tesi di laurea Avanguardia e Kitsch nel Cinema italiano.
Ecco due link utili sulla mostra
http://www.labiennale.org/it/cinema/
http://it.movies.yahoo.com/venezia/2004/
Ecco i numeri della 61a mostra internazionale d’arte cinematografica. Film in concorso: 21; film fuori concorso: 16; Venezia Orizzonti: 27; Venezia Mezzanotte: 10; Venezia Cinema Digitale: 18; Venezia Corto Cortissimo: 33. Nei numeri ho incluso oltre ai film anche gli Eventi speciali. Altre sezioni programmate sono: Italian Kings of the B’s, retrospettiva del cinema italiano di genere; Settimana Internazionale della Critica (SIC), rassegna di 7 opere prime; Giornate degli Autori, spazio del nuovo cinema organizzato dall’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) e dall’API (Autori Produttori Indipendenti).
Domenica 5 settembre infine vi sarà un segmento particolare della Mostra intitolato Storia segreta del cinema italiano – Underground Italia, saranno proiettati un film a testa di Alberto Grifi, Gianfranco Baruchello, Romano Scavolini; conosco i primi due e i loro film, ne ho parlato nella mia tesi di laurea Avanguardia e Kitsch nel Cinema italiano.
Ecco due link utili sulla mostra
http://www.labiennale.org/it/cinema/
http://it.movies.yahoo.com/venezia/2004/
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