23 novembre 2019

Guardie e ladri, di Massimo Lunardelli


Sono raccolti in questo libro 105 (centocinque) verbali, redatti tra il 1861 e il 1867, per la maggior parte dall’arma dei carabinieri, conservati presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito a Roma; essi non aggiungono nulla, a detta dello stesso autore Lunardelli, alla già ricca storiografia sull’argomento. Si parla della lotta al brigantaggio all’indomani dell’annessione del Regno delle Due Sicilie; soldati e carabinieri dell’esercito piemontese furono mandati al Sud a far rispettare il nuovo ordine.
     Ai documenti è anteposta una ricca introduzione, che sintetizza la storia del brigantaggio. Dalle carte, dalle quali si parte, risulta che il brigantaggio è visto dalla parte dei vincitori piemontesi e si termina con alcune osservazioni dell’autore, che è dalla parte dei briganti. Di questi ultimi alcuni sono accennati solamente, di altri si parla più diffusamente. Sono accennati fra gli altri Michele Caruso, Gaetano Manzo, Domenico Fuoco, Domenico Valerio detto Cannone, i fratelli La Gala, Giuseppe Schiavone, Nunziante D’Agostino, Luigi Alonzi detto Chiavone, Nicola Summa detto Ninco Nanco, Francesco Guerra, Cosimo Giordano, Alessandro Pace, Raffaele Tristany, José Borges; si accenna anche alle brigantesse Filomena Pennacchio, Maria Giovanna Tito, Chiarina Rinaldo, Michelina De Cesare; si accenna alla distruzione dei paesi Pontelandolfo e Casalduni, alla legge Pica, ai cacciatori di teste dei briganti. Si parla anche del re Francesco II e del papa Pio IX.
     Si tratta più diffusamente di Carmine Crocco, il Generale dei Briganti, nato a Rionero, nel circondario di Melfi, che riuscì a comandare più di duemila uomini; combatté anche fra i garibaldini, poi definitivamente fra i briganti; fu uno dei pochi che riuscì ad avere salva la vita; morì nel carcere di Portoferraio, sull’isola d’Elba, nel 1905 all’età di 75 anni.
     Massimo Lunardelli è anche autore del documentario filmico “Carmine Crocco, dei briganti il generale”.

Massimo Lunardelli, Guardie e ladri, Blu Edizioni, Torino 2010, pp. 200, € 14,00

5 novembre 2019

Il diavolo di Rionero, di Eugenio Felicori


Nel romanzo di Felicori, “Il diavolo di Rionero” è Rocco Menna e non Carmine Crocco, anche se quest’ultimo, nato appunto a Rionero, viene trattato a lungo e più dello stesso Menna.
     Il libro, uscito nella ricorrenza dei 150 anni dall’Unità d’Italia, intende rendere omaggio alla memoria sia di tutti quegli uomini e donne del sud che si opposero in armi al processo d’unificazione sia di tutti i soldati del nord inviati per reprimere la rivolta; gli uni e gli altri dagli storiografi ufficiali spesso dimenticati.
     Alcuni capitoli sono liberamente tratti da scritti di vari autori, come per esempio “Apritiquercia” dalle “Fiabe italiane” di Italo Calvino, “Vento forte e impetuoso” da “Io, brigante” di Carmine Crocco, “Roma, palazzo Farnese” da “In nome di Francesco Re” di Vincenzo Santoro, “Fucilate tutti!” da “Brigantaggio e Risorgimento” di Giovanni De Matteo; come pure la canzone “Amme pusete chitarre e tammure” di Eugenio Bennato e Carlo D’Agiò è tratta dallo sceneggiato televisivo “L’eredità della Priora”.
     Rocco Menna, si diceva in paese, era figlio di una strega, la quale sin da piccola, era stata messa a fare la serva della serva del prete e a diciassette anni rimase incinta di quest’ultimo. Divenne il diavolo. Comunque non tutti avevano paura del diavolo, se la strega di Rionero negli anni altri figli. Quando diede alla luce Rocco aveva trentacinque anni.
     Rocco Menna divenne famoso per la sua abilità nel cacciare gli uccelli con la fionda, con la quale era infallibile. Continuò a fare il brigante fino alla morte di Crocco, avvenuta nel 1905. Per quasi quarant’anni fu l’incubo delle forze dell’ordine; distribuiva fra poveri il frutto delle sue rapine, tenendo per sé solo il minimo indispensabile. Entrò nella leggenda popolare.
     Ferdinando, di Macerata nelle Marche, prima garibaldino fra i Mille, poi brigante che combatté per la restaurazione del re Borbone, infine ufficiale dell’esercito sabaudo, s’infiammò delle idee di Bakunin, rifugiatosi in Francia, prese parte attiva alla Comune di Parigi e morì eroicamente combattendo contro le truppe controrivoluzionarie.
     Altro personaggio del romanzo è, come già detto, Carmine Crocco. Combatté schierandosi con i rivoluzionari liberali di Garibaldi, per poi darsi definitivamente alla lotta brigantesca, divenendo capo di molti uomini. Era un abile narratore che affascinava gli ascoltatori con i suoi racconti. Pierre Barriaud pubblicò su “L’Illustration Journal Universel” un’intervista a Crocco.
     Crocco riuscì a vincere in diversi paesi, ma l’occupazione durò pochi giorni; vinse anche in campo aperto contro l’esercito piemontese; non riuscì invece, insieme a Borges, ad occupare Potenza, perché venne tradito.
     Sono presenti nel romanzo altri personaggi (Domenico Olivares, Don Vincenzo, Francesco II, Pio IX, Ninco-Nanco, Giuseppe Caruso, Negri, De Witt, Maria, Sacchitiello, ecc.), ma si crea confusione e poco hanno a che fare con il diavolo di Rionero.

Eugenio Felicori, Il diavolo di Rionero, Mauro Pagliai Editore, Firenze 2011, pp. 264, € 14,00