7 dicembre 2003

24 novembre 2003

Riflessione sui funerali di Stato

Scusate se vi invio una riflessione che molti forse potranno non condividere e che ovviamente non ha nessuna pretesa di contenere delle verità. Accettatala come un pensare ad alta voce.
In questi giorni di lutto nazionale e funerali di Stato ho sentito un profondo senso di estraniazione. Va bene il dispiacere per le vittime e la solidarietà verso amici e parenti delle stesse, ma mi domando se tutta la pomposità ed ufficialità del lutto così esaltata all'unisono da stampa e televisioni (a parte le solite eccezioni) non abbia contribuito a peggiorare la situazione in merito alla riflessione più generale sul senso della presenza militare in Iraq. A me sembra che la strumentalizzazione dell'evento per giustificare la presenza dei militari è stata altissima ma la cosa che più mi preoccupa è che questo dramma ha messo in risalto ed amplificato la tendenza sempre più spinta dei mass media a non dare voce o ancor peggio a condannare chi ha il coraggio di non allinearsi, di non farsi prendere dalla spettacolarizzazione, di avere la capacità di non abbandonare mai una visione più globale senza farsi prendere da una facile emotività.
Il senso di estraneità rispetto alla pomposità dell'evento luttuoso è diventato disagio quando si è scatenata questa caccia alle streghe raffigurate in questo caso con quei sacerdoti e missionari che hanno avuto il coraggio di dire in omelie o in semplici pensieri che forse non è il caso di esaltare il ruolo dei caduti in una situazione di guerra e che forse in coerenza con il messaggio di pace evangelico addirittura, come hanno detto i comboniani di Bari non sarebbe il caso di dare i sacramenti a chi è morto in uno scenario bellico (perchè di questo si tratta) per evitare di benedire, indirettamente, la guerra stessa. Mi domando come è possibile che un Ministro degli Interni possa chiedere al Vaticano di far rettificare quanto detto nell'omelia del Vescovo di Caserta (tra l'altro se leggete il testo integrale dell'omelia vi rendete conto del senso di misura usato dal Vescovo). Un Vescovo che chiede di non creare eroi e di cercare invece concreti percorsi di pace viene proposto per il rogo; immagino cosa faranno ai Padri Comboniani che si permettono di dichiarare l'indisponibilità a dare i sacramenti a chi partecipa a qualsiasi guerra (figuriamoci ad una profondamente sbagliata come quella in Iraq).
Ma alla condanna da chi dissente dal "dolore di massa" che non significa affatto distacco dalla solidarietà per la sofferenza dei familiari delle vittime si sta unendo quello, che forse era inevitabile e cioè un accentuazione del rifiuto del diverso, dell'altro da noi. C'è chi soffia sul fuoco del razzismo confondendo la giusta guerra al terrorismo con la cacciata del mussulmano (non so se avete notato come sono cambiati i toni del Ministro degli Interni negli ultimi giorni). E allora proprio davanti al dramma di vite umane che hanno perso la vita, forse sinceramente convinti di andare in missione di pace, non sarebbe il caso che i giornali e le televisioni o il mondo della cultura e
della politica cosiddetta progressista, avessero il coraggio di riflettere una volta per tutte sulle cause quotidiane che portano alla guerra, di come imboccare "IL SENTIERO DELLA PACE", che forse si costruisce dal basso mettendo da parte l'esigenza di avere santi ed eroi e riscoprire invece Maestri di pace e Profeti. Ho sentito in tutte le televisioni interviste a dir poco assurde che non facevano altro che mettere in evidenza il pianto e l'esaltazione di eroi morti per la "Pace". Scusatemi ma quanta ipocrisia e che distanza dai necessari messaggi di pace e di non violenza.
Vi dicevo che questa riflessione ad alta voce non ha nessuna pretesa se non quella appunto di pensare, di porsi domande ma anche la voglia di non farsi schiacciare dalla massificazione imposta dai mezzi d'informazione (soprattutto le televisioni forse sono diventate in massima parte mezzi di spettacolarizzazione). Ed è proprio sulla spettacolarizzazione della sofferenza e della morte che credo vada avviata una profonda riflessione. La nostra società non ha più, nel quotidiano, gli strumenti per convivere con la sofferenza e la morte e quindi con due dimensioni ineliminabili della nostra esistenza. Quest'assenza ed incapacità porta ad esorcizzare sofferenza e morte con la spettacolarizzazione, con una fuga non nella dimensione ludica dell'esistere il che sarebbe un fatto anche positivo, ma nel puro consumo del fare, quasi sempre passivo, per cercare di riempire i vuoti, il non saper più comunicare, il non saper darsi gratuitamente all'altro.
In questi giorni sto studiando dei libri molto belli che invitano a riflettere sulle cause dell'olocausto e devo dire che davanti ad avvenimenti come quello di questi giorni che massificano le coscienze ho paura che la preoccupazione di Bauman sui mali della società moderna (io direi anche post - moderna) che contiene in se i germi del ripetersi dell'olocausto purtroppo sono drammaticamente veri. C'è un bisogno estremo di cercare la strada di un nuovo umanesimo e non aver paura di riscoprire il linguaggio dell'utopia; a proposito di maestri Balducci diceva che per cercare l'uomo nuovo, dentro e fuori di noi, bisognava andare oltre la storia e ripartire dalla preistoria, forse è il momento di capire sul serio che la testimonianza dell'essere quotidianamente operatori di pace non è più rinviabile. Le sfere della politica e della cultura dovrebbero avere il ruolo di dare opportunità sociali che rendano praticabili le dimensioni della solidarietà, del pluralismo e dell'altruismo in contrapposizione al tecnicismo disumanizzante, agli eccessi dell'arrivismo, della gerarchizzazione sociale, dell'avere. Bisogna capire fino in fondo che il vicino che ci da sicurezza non può essere solo quello della porta accanto o di cui abbiamo una conoscenza personale. Non dobbiamo assolutamente rinunciare ai nostri valori e alla nostra cultura e
dobbiamo pretenderne il rispetto ma sempre mantenendo aperti cervello, cuore e anima alla profonda comprensione dell'alterità che è fuori di noi ma anche dentro di noi se ci sforziamo di cercarla.
Paolo Piacentini [da una e-mail]

12 novembre 2003

Attentato a Nassyria - Ritiriamo le truppe italiane dall'Iraq

La Cgil esprime sincero e profondo cordoglio alle famiglie dei Carabinieri e dei soldati morti nell'attentato terrorista a Nassyria in Iraq e solidarietà all'Arma e alle Forze Armate così duramente colpite.
Oggi è il momento del dolore per tutto il Paese e per tutte le lavoratrici e i lavoratori italiani.
Domani bisognerà tornare a discutere del senso della presenza delle truppe italiane in quel paese, del ruolo dell'Onu e di quello dell'Europa per trovare soluzione alla tragedia del Medio Oriente.
La Cgil, ieri, oggi, domani, continuerà a sostenere con convinzione la propria opinione: il ritiro immediato delle truppe italiane, ancora più tragicamente motivato e una nuova forte assunzione di responsabilità della comunità internazionale, finalizzata al ritiro dall'Iraq di tutte le truppe straniere, all'autogoverno iracheno e alla soluzione del conflitto israelo - palestinese.
Guglielmo Epifani

Basta con la guerra

Sedici militari italiani uccisi in Iraq, dove la guerra non è mai finita. Ritiriamo i nostri carabinieri e soldati. Mandiamo in Iraq Berlusconi che vuole questa guerra.

1 novembre 2003

Livore di chi si è venduto l'anima

Cari Colombo e Padellaro, esprimo la mia più partecipe solidarietà a voi, ai giornalisti e a tutti i lavoratori dell’Unità, dopo gli inqualificabili attacchi di Giuliano Ferrara. Penso che il livore di Ferrara sia dovuto alla coscienza dell’ex che si è venduto l’anima.
Fate bene a ricorrere alle vie legali, con certa gente non sono percorribili altre vie, si perderebbe tempo.
Credo però che i calunniatori un piccolo favore lo facciano a l’Unità; parlandone suscitano l’interesse nei nemici e negli indifferenti, ma anche spingono alla solidarietà chi è vicino (e siamo in tantissimi). In tempi di ostracismo nei confronti del nostro giornale, non è poco. Io la prima cosa che faccio ogni mattina, appena compro l’Unità, dopo aver letto i titoli di prima pagina, è di andare in penultima a vedere i numeri della tiratura di copie; e noto con grande piacere che continuano ad aumentare.

24 ottobre 2003

Strana coincidenza

Nel giorno dello sciopero generale, indetto da tutti i sindacati sia di destra che di sinistra, contro la controriforma delle pensioni voluta dal governo Berlusconi, è scattato il grande blitz contro le Brigate rosse, con dispiegamento di migliaia di agenti e telecamere già pronte ad immortalare gli arresti. Oggettivamente è stato un regalo fatto a Berlusconi.
La notizia delle piazze d’Italia piene contro Berlusconi è passata in secondo piano rispetto a quella degli arresti dei presunti brigatisti rossi.
Strani questi giudici. Fino a ieri erano considerati tutti pazzi e sporchi comunisti, oggi sono osannati per la tempestività e la bravura nell’ordinare gli arresti. Berlusconi ringrazia. Il circo mediatico dell’informazione ha avuto ancora una volta come protagonista Berlusconi. Epifani, Pezzotta, Angeletti insieme, in secondo piano.
Ma qualcuno ha ricordato che il primo governo Berlusconi naufragò dopo uno sciopero come quello di oggi e sullo stesso tema.

1 ottobre 2003

30 settembre 2003

Pensiero pazzo sul black out

Quando seppi che il sindaco di Roma, Veltroni, stava organizzando la “Notte bianca”: avvenimenti, spettacoli, cultura, che avrebbero interessato l’intera città e avrebbero tenuto svegli per un’intera notte i romani, subito pensai: “Qualcuno gliela farà pagare a Veltroni, gli toglierà la corrente; non è pensabile che il Berlusca, con tutti i suoi accoliti, se ne stiano fermi e facciano riuscire la festa; sarebbe stato per loro uno schiaffo politico inaccettabile”.
Ed ecco che puntualmente, nel pieno della festa, alle ore 3,20 della notte tra il 28 ed il 29 settembre, salta la corrente. Ma incompetenti come sono hanno sbagliato interruttore, anziché spegnere solo quello di Roma hanno spento quello di tutta l’Italia. E la festa non è riuscita al Berlusca.

14 giugno 2003

Voto SI per dire NO - Io sogno che il quorum venga raggiunto

Nel referendum del 15 e 16 giugno io voto SI, per dire NO al governo Berlusconi che sta portando l’Italia allo sfacelo, per dire NO all’attacco ai diritti dei lavoratori, per dire NO alle divisioni nella sinistra.
Sono totalmente d’accordo con quanto scrive Antonio Tabucchi sull’Unità di oggi 14 giugno 2003. Io ho sempre apprezzato molto gli interventi di Tabucchi sull’Unità. E’ uno che dice pane al pane e vino al vino. Anche se lui stesso riconosce che gli viene facile dire quello che pensa, perché non ricopre specifiche cariche politiche ed essendo un semplice cittadino senza responsabilità di strategie politiche.
In qualche modo quindi i politici di sinistra sono giustificati per la gran confusione che stanno creando sul voto nel referendum sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma io dico che i miei rappresentanti politici di sinistra, con le loro bilancine di falsa precisione, non sempre riescono a pesare bene la realtà dei fatti quotidiani.
Non è un bel vedere le due intere pagine pubblicitarie sull’Unità di oggi che invitano a non andare a votare per il referendum, controbilanciate dai due riquadri di prima pagina, uno in testa e l’altro basso, che invitano a votare SI.
Taglio molteplici altre riflessioni che mi vengono in mente e concludo con un mio sogno. Talvolta quando non c’è più niente da fare, bisogna rassegnarsi a credere nei miracoli. Io sogno che il quorum venga raggiunto e che vinca il SI.



13 giugno 2003

Bravissimo Alfredo Pieroni

Bravissimo Alfredo Pieroni. Ho letto il tuo articolo sull'Unità del 12 giugno 2003. Il coraggio non ti manca. Ci vorrebbero tanti altri giornalisti come te, oltre a quelli che ci sono (pochi o molti?).


(Questa mia breve considerazione, sull'articolo "I tormenti di Via Solferino" di Alfredo Pieroni apparso sull'Unità del 12 giugno 2003, è stata pubblicata sull'Unità del 13 giugno 2003 alla pag. 30)


2 aprile 2003

Noi americani viviamo nell'infamia

Oggi siamo noi, gli americani, a vivere nell'infamia. L'ondata mondiale di simpatia che ha circondato gli Stati Uniti dopo l’11 settembre ha ceduto il passo a un'ondata mondiale di odio verso la nostra arroganza e il nostro militarismo. I sondaggi d'opinione nei paesi amici considerano George W. Bush una minaccia peggiore per la pace di Saddam Hussein. Le manifestazioni che si susseguono ogni giorno nel mondo, invece di denunciare le atrocità del presidente iracheno, attaccano gli Usa.

Secondo le inchieste, una maggioranza di americani, male informati, ritiene che Saddam abbia qualcosa a che fare con gli attentati di New York e contro il Pentagono e con la conseguente uccisione di quasi 3.000 innocenti. Saddam è una splendida figura di cattivo ma non ha nulla a che vedere con l’11 settembre. Molti americani, forse la maggioranza, credono che la guerra in Iraq sarà un colpo contro il terrorismo internazionale. Tuttavia, le prove raccolte nella regione mostrano chiaramente che servirà a facilitare il reclutamento di nuovi membri di Al Qaeda e di altre bande assassine.

Arthur Schlesinger Jr., in "l'Unità" del 02.04.2003, pag. 31


31 marzo 2003

Pensieri in libertà (ma non tanto) contro la guerra

Terrorismo

Bush ha giustificato la sua guerra preventiva contro Saddam affermando che bisognava colpire ed annientare il terrorismo internazionale, che si annidava anche in Iraq. Ma con quali mezzi l'America democratica e campione di libertà sta attaccando l'Iraq dittatoriale e campione di assolutismo e totalitarismo? Con altro terrorismo, forse peggiore di quello che vuole combattere. E lo fa con assoluta consapevolezza; "colpisci e terrorizza" infatti è il nome che gli americani hanno dato alla loro guerra contro gli irakeni.

Civili ed incivili

Le convenzioni internazionali vietano di bombardare ed ammazzare i civili. Ma gli incivili chi sono: Saddam e Bush?, i ministri di Saddam e di Bush? i soldati irakeni e i soldati americani? E le bombe (intelligenti per quanto si vuole) come fanno a distinguere i civili dagli incivili?

Dio

Il Papa invoca il suo Dio affinché riporti la pace sulla terra. Bush prega ogni mattina il suo Dio affinché lo assista e gli faccia vincere la guerra. Ma chi è il vero Dio? Il Dio della pace o il dio della guerra?

Affari sporchi

Si dice che Bush stia pagando il conto alle compagnie petrolifere ed ai fabbricanti di armi, che gli hanno fatto vincere le elezioni. E non solo. I magazzini vanno svuotati, altrimenti il ciclo di produzione s'inceppa. Le bombe hanno una data di scadenza, come il cibo. E allora gli americani hanno deciso che gli irakeni potevano essere dei buoni consumatori.


25 marzo 2003

La notte degli Oscar e la pace

MOORE: «BUSH PRESIDENTE FITTIZIO» - Standing ovation per la vittoria di «Bowling for Columbine», documentario che stigmatizza la diffusione dell'uso delle armi negli Usa, diretto da Michael Moore . Applausi scroscianti per il regista prima del ritiro del premio. Moore si è scatenato dal palco contro la politica di Bush. «A nome anche di tutti gli altri candidati a questo premio - ha detto Moore - siccome ci piace la realtá, vorrei dire che purtroppo viviamo in tempi fittizi, in momenti in cui c'è un presidente fittizio che viene eletto in modo fittizio, un uomo che ci manda e ci porta in guerra per ragioni fittizie. Se la realtá è fittizia, noi siamo contrari a questa guerra. Vergogna, vergogna - ha urlato Moore - anche il Papa è contro, Bush sei finito!».

Corriere della sera.it



18 marzo 2003

NON PUGNALIAMO LA PACE...

NON DIVORATE LA PACE
NON RISPONDETE ALLE MONTAGNE DI MORTI
CON ALTRE MONTAGNE DI MORTI.
SPEGNETE LA FAME NELLO SGUARDO DI MILIONI DI BAMBINI
ACCENDETE IL SORRISO SULLA TERRA DI PALESTINA
ACCENDETE IL CANTO.
NON PUGNALATE
NON PUGNALATE LA PACE ALLE SPALLE.
TOGLIETE IL CAPPIO DI SOLITUDINE
AL POPOLO IRAKENO
AL POPOLO CUBANO.
ABBATTETE LA NOTTE AGGHIACCIANTE
PROFONDA
IN CUI VAGANO MILIONI DI CREATURE.
NON RISPONDETE,
NON RISPONDETE AI MORTI
CON INFINITI ROGHI DI ALTRE VITE.
MORDETEVI LE LABBRA FORTE
MORDETEVI FORTE IL CUORE.
NON INNEGGIATE ALLA GUERRA.
NON INNEGGIATE ALLA GUERRA.
PACE..PACE...PACE...QST E' LA VITA VERA...


Cardillokomio
Nel forum di Amici-Saranno Famosi

16 marzo 2003

Non è mai troppo tardi per la pace

I prossimi giorni saranno decisivi per gli esiti della crisi irakena. Preghiamo, perciò, il Signore perché ispiri a tutte le Parti in causa coraggio e lungimiranza.

Certo, i Responsabili politici di Baghdad hanno l'urgente dovere di collaborare pienamente con la comunità internazionale, per eliminare ogni motivo d'intervento armato. A loro è rivolto il mio pressante appello: le sorti dei loro concittadini abbiano sempre la priorità!

Ma vorrei pure ricordare ai Paesi membri delle Nazioni Unite, ed in particolare a quelli che compongono il Consiglio di Sicurezza, che l’uso della forza rappresenta l'ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica, secondo i ben noti principi della stessa Carta dell’ONU.

Ecco perché - di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell’Iraq e per l'equilibrio dell’intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero derivarne - dico a tutti: c’è ancora tempo per negoziare; c'è ancora spazio per la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare.

Giovanni Paolo II, Angelus


9 marzo 2003

“Associazione dei familiari delle vittime dell'11 settembre per un domani di pace” contro la guerra all'Iraq

Valerie Lucznikowska, una delle fondatrici dell’Associazione, spiega le ragioni del “no” alla guerra preventiva di Bush.
«Non è in nome dei nostri cari morti l'11 settembre che il presidente Bush potrà giustificare la guerra all’Iraq».
«Ognuno di noi ha lasciato una parte di sé, della propria vita sotto le macerie delle Torri Gemelle o sugli aerei dirottati dai terroristi. Da quel giorno abbiamo cercato, insieme, di trasformare quel dolore in energia positiva per contribuire a spezzare il ciclo di violenza. Ed è per questo che oggi la nostra associazione è decisamente schierata contro la guerra all’Iraq».
Valerie Lucznikowska, in "l’Unità" del 09.03.2003, pag. 2

5 marzo 2003

Un digiuno contro la guerra

Il cristianesimo vuole sottrarre il digiuno ad ogni ritualità esteriore per ricondurlo al suo significato più interiore e profondo. Ma ecco che Giovanni Paolo II, di fronte alla minaccia incombente della guerra, chiede un digiuno visibile, proclamato e corale, che coinvolga i credenti di ogni fede e tutti gli uomini di buona volontà.
Anche nella tradizione dei pensiero laico il digiuno è diventato strumento non violento di denuncia e di protesta.
Ma può un digiuno fermare la guerra?
Per tutti, credenti e non credenti, questo gesto corale proposto dal Papa è una sfida alle logiche degli interessi, della forza e della violenza.
Digiunare per libera scelta, quando tanta parte dell'umanità rischia la morte per fame, è chiamarsi in causa, è definirsi corresponsabili; è riconoscere una condizione di ingiustizia rifiutando che un mondo ricco e assediato possa difendere con la forza il suo privilegio; che possa usare per sé solo le risorse del pianeta negando la solidarietà verso i popoli del sottosviluppo e le generazioni future.
Il Papa condanna il terrorismo insieme alla guerra, rifiuta la violenza di ogni parte.
Il suo appello al digiuno e alla penitenza non è contro gli Stati Uniti, non è antiamericano, ma è contro una dottrina che presume, in nome della forza, una investitura a erigersi giudice del bene e del male.
Pietro Scoppola, in "la Repubblica" del 05-03-2003, pag. 1

Il digiuno e la pace

L'invito alla preghiera e al digiuno rivolto dal papa Giovanni Paolo II ha ottenuto una risposta straordinaria. In tutto il mondo, cattolici, esponenti di tutte le religioni e laici senza nessuna fede hanno aderito all'appello del pontefice di digiunare per dire no alla guerra in Iraq.
In Piazza San Pietro oggi ci saranno, attorno al grande drappo di 150 mq. con i colori della pace, le più diverse sigle del pacifismo italiano: Legambiente, Focsiv, Peacelink, Manitese, Cipsi, Arci, Pax Christi, Cgil, Fiom, Cisl, Ics, Banca Etica, Fivol, ecc.
Tantissime sono le personalità italiane, di ogni orientamento politico, che aderiscono al digiuno: Massimo D'Alema, Piero Fassino, Savino Pezzotta, Antonio Di Pietro, Clemente Mastella, Enrico Boselli, Massimo Cacciari, Fausto Bertinotti, Pierluigi Castagnetti, Armando Rizzo, Alfonso Pecoraro Scanio, Ignazio La Russa, Gustavo Selva, Luigi Ramponi, Publio Fiori, Gianni Alemanno, Marco Follini, Alberto Michelini, Sandro Bondi, Carlo Taormina, Roberto Formigoni, Salvatore Cuffaro, Gariele Albertini, Enrico La Loggia, Francesco Speroni, Pier Ferdinando Casini, Rocco Buttiglione, ecc.
Hanno aderito anche i presidenti delle regioni Toscana, Marche, Umbria, Basilicata, Campania.
Ha aderito anche l'associazione Aprile.
Non hanno aderito all'invito del Papa i Radicali, che digiunano per qualsiasi cavolata, ma forse per loro la pace è meno di una cavolata. Bella coerenza e serietà.
Altri personaggi politici e grossi giornalisti (almeno come stazza) hanno perso l'occasione di stare zitti ed hanno irriso l'iniziativa del papa. La madre dei cretini è sempre incinta.
Anche io ho aderito al digiuno in nome del Papa e della pace.

2 marzo 2003

Lettera ad Anna

Ciao Anna,
forse sulla guerra che Bush vuole scatenare contro l'Iraq abbiamo opinioni diverse.
Ma io non solo mi sento americano per solidarietà ai morti innocenti dell'11 settembre, mi sento anche irakeno per i tanti innocenti massacrati da Saddam tra i suoi stessi concittadini, mi sento israeliano per i morti innocenti per mano delle bombe umane palestinesi, mi sento palestinese per i morti innocenti ad opera dei raid aerei israeliani, mi sento dalla parte dei bambini che muoiono di fame a causa degli embarghi di medicinali e viveri, mi sento dalla parte di tutti i morti di tutte le guerre attualmente in atto nel mondo.
Sono contro tutte le guerre, da chiunque e dovunque vengano fatte. Io non sono pessimista e non potrò mai accettare che non si possa fare niente per fermare le guerre. Sarà un'utopia: ma io credo che la pace è possibile.
Oggi ho esposto la bandiera della pace al balcone di casa mia.

1 marzo 2003

Le armi di distruzione di massa

Non sono un esperto di armi e di guerre, ma mi chiedo: le armi di distruzione di massa sono possedute solo dall'Iraq o anche dagli Stati Uniti, solo da Saddam o anche da Bush? E perché devono essere distrutte solo dall'Iraq e non anche dagli Stati Uniti d'America?

28 febbraio 2003

Presentato il dossier di NTC sulla pena di morte (e non solo) in Iraq

“L’Associazione ha ritenuto utile rendere pubblica la parte sull’Iraq perchè non manchi al dibattito in corso sulla crisi irachena la conoscenza anche della situazione sui diritti umani in quel paese, a partire da quella gravissima sulla pena di morte” ha detto Sergio D’Elia, segretario di NTC.
Alla conferenza stampa di presentazione del dossier sono intervenuti Margherita Boniver, Sottosegretaria agli Affari Esteri, Enrico Pianetta, Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato italiano, Marco Pannella, promotore della campagna “Iraq Libero”, il Senatore Natale D’Amico, l’onorevole Antonio Maccanico e la curatrice del Rapporto Elisabetta Zamparutti.
Nel corso dei 25 anni di regime di Saddam Hussein si stima vi siano state almeno 200.000 persone arrestate di cui poi si è persa ogni traccia: a migliaia sono state giustiziate e sepolte in luoghi segreti. Spesso è negato alle famiglie anche il rito funebre.
Il dossier contiene numerosi dettagli sulla repressione del dissenso perseguito con la marchiatura della fronte o l’amputazione di orecchie, mani e lingua; sulle inumane condizioni di detenzione; sulle inaudite crudeltà commesse dal Rais e dai suoi due figli.
Il testo completo del dossier è disponibile sul sito del Partito Radicale Transnazionale, all’indirizzo sotto riportato, dove ti invitiamo a sottoscrivere la proposta di Marco Pannella “Iraq Libero” per l’esilio di Saddam Hussain e l’istituzione di un governo di transizione democratica sotto l’egida dell’ONU.
(Fonte: Nessuno tocchi Caino, 28/02/2003)


27 febbraio 2003

Berlusconi e soci: sulla Rai siete usciti tutti pazzi

Su Il Foglio di Giuliano Ferrara, di proprietà della famiglia Berlusconi, oggi è stato pubblicato un sorprendente editoriale dal titolo: "Sono usciti tutti pazzi". Si parla della tragica sceneggiata sul Consiglio di amministrazione della RAI. Trascrivo alcuni significativi passi: "Silvio Berlusconi è proprietario dell'azienda televisiva concorrente della Rai e fa oggi di mestiere il presidente del Consiglio, il che lo pone in potenziale e permanente conflitto di interessi fra i due ruoli". "Nella giornata di ieri però, probabilmente su suggerimento del Cav., il presidente uscente della Rai e il suo compagno di sventura hanno inviato una lettera piuttosto irrituale ai presidenti delle Camere: ci dimettiamo solo quando avrete deciso i nuovi nomi. Molto sottile: due amministratori alla vigilia del voto di sfiducia parlamentare dettano le condizioni dell'abbandono alla seconda e alla terza carica dello Stato". "Nel frattempo la maggioranza si è riunita intorno al capo dell'esecutivo e ha stipulato un accordo sui nuovi amministratori, sul nuovo presidente e sul nuovo direttore generale". " I presidenti delle Camere, bellamente sputtanati di fronte a un'opposizione scalpitante, si sono rivoltati e hanno dichiarato nullo l'accordo". "E la festa continua. Sabato avevamo parlato della Rai come di una catastrofe per il governo, ma catastrofe è parola grossa e troppo seriosa per definire un ballo in un manicomio".
Articolo molto edificante ed illuminante. Forse scritto dallo stesso Ferrara.

I giornali di destra e il Papa

A leggere i giornali di destra di questi giorni non si capisce bene se considerano il papa Giovanni Paolo II un grandissimo personaggio di levatura mondiale, che si è meritato la stima ed il rispetto da parte di tutti, o un vecchio rincoglionito, che parla al vento.

La bandiera della pace simbolo privato

È stata vietata l'esposizione della bandiera della pace dagli uffici pubblici e anche dalle scuole. È un fatto assurdo e vergognoso. La bandiera della pace è stata declassata a simbolo privato. Si è scomodato il Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per dire che sugli edifici pubblici possono essere esposte esclusivamente le bandiere nazionale ed europea, non quelle straniere e neppure simboli privati. È stato addirittura sancito che l'esposizione sugli edifici pubblici della bandiera della pace (simbolo privato?) determina una violazione sanzionabile ai sensi degli artt. 292 (Vilipendio alla bandiera nazionale) e 323 (Abuso d'ufficio) del Codice Penale. I nostri governanti sono tutti diventati guerrafondai. È stato messo sotto i piedi l'art. 11 della nostra Costituzione, che recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

26 febbraio 2003

Maurizio Costanzo - Fa' qualcosa di sinistra

Su l'Unità di oggi ho letto, a pag. 26, un articolo di Fulvio Abbate intitolato: "Costanzo - Fa' qualcosa di sinistra", e sottotitolato: "Caro Maurizio, pare che ci sia la resa dei conti in casa Mediaset: Piersilvio ti snobba, il giornaletto di Dell'Utri ti insulta e tu ti offri come mediatore tra Baudo e Sgarbi... dici di essere un progressista, allora mandali a quel paese". Ben detto!

23 febbraio 2003

L'olocausto e i silenzi del Vaticano

Oggi in un Cinecircolo di Grottaglie ho visto il film Amen - Il Vicario di Costa-Gavras. I silenzi del Vaticano con il papa Pio XII di fronte allo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento nazisti, automaticamente mi hanno portato a fare un confronto con l'attuale papa Giovanni Paolo II che sta cercando di fare di tutto per bloccare la guerra di Bush contro l'Iraq. E mi domando: ma Pio XII aveva in realtà il potere di fare evitare l'olocausto e Giovanni Paolo II ha veramente la forza morale di fermare la guerra contro l'Iraq? O diamo (o meglio speriamo di dare) al Vaticano un potere (una forza) che non ha?

22 febbraio 2003

Bisogna consumare le armi

Ma, come diceva Josif Brodskij sui corsi e ricorsi della Storia, anche la Storia, al pari degli uomini, non ha poi tante scelte. E tante scelte non pare averle neanche George W. Bush, incalzato dalle compagnie petrolifere e dalle poderose fabbriche di armi che l'hanno sostenuto in campagna elettorale e che in questi ultimi anni hanno fabbricato tonnellate e tonnellate di ordigni. I magazzini vanno svuotati, altrimenti il ciclo di produzione si inceppa. Le bombe, al pari dello yogurt, hanno una data di scadenza, e la società dei consumi esige che vengano consumate, e come consumatori gli americani hanno scelto il popolo iracheno. Per ora, perché forse consumeremo tutti lo stesso prodotto, dato che anche il dittatore comunista della Corea del Nord ha dei prodotti che desidera far consumare, e perfino il Pakistan, filoamericano a forza, ma in realtà percorso da ventate di fondamentalismo islamico che il generale di turno insediato da Washington cerca di tenere a freno, ha le sue bombe atomiche da spacciare. L'Uranio, si sa, è un elemento impaziente.
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E' questa l'America che la «Vecchia Europa» ama: la voce di tutti coloro che hanno messo in guardia l'America dalla sua grandezza, e che per questo l'hanno fatta grande altrimenti. È l'America della Long Island che accoglieva gli emigranti provenienti da un'Europa che non riusciva più a sfamarli, e che li accoglieva mettendo in pratica gli ideali di uguaglianza che la «Vecchia Europa» aveva inventato ma che non sapeva mettere in pratica; l'America degli uomini che vennero in Spagna a combattere il franchismo; l'America che scese in guerra contro il nazi-fascismo spuntandola sull'altra poderosa America, quella reazionaria che guardava con simpatia a Hitler e Mussolini. Il missilistico presidente texano non ha capito che, comunque sia, la «Vecchia Europa» ama l'America di Hemingway, di Salinger, di Joseph Heller, di Noam Chomsky, di Susan Sontag, di Woody Allen, di Oliver Stone, di Sidney Pollack, di Robert Redford, di Sean Penn, del New York Times, del Watergate, del Premio Pulitzer, di Bob Dylan, di Joan Baez, di Louis Armstrong, di Chet Baker, di Pollock, di Hopper, di Richard Avedon - ma la lista sarebbe infinita: quell'America che George W. Bush detesta, che appartiene all'Europa e al mondo e nella quale ci sentiamo tutti arnericani. Questa è l'America della civiltà. La «nuova civiltà» a cui pensano George W. Bush, la petroliera Condoleezza Rice, il disco rotto Colin Powel, il mitragliere Rumsfeld, gli oscuri personaggi che lavorano nei sotterranei della Cia, questo «nuovo» non è altro che un vecchio arnese degno di «revenants», di zombie ritornati in circolazione.
Antonio Tabucchi, in "I quaderni di MicroMega", supplemento al n. 1/2003, pagg. 10, 14

La guerra e la disperazione dei poveri

Alla follia di chi uccide inermi per sostenere le sue tesi non si deve rispondere con analoga follia, uccidendo con la guerra un numero ancora maggiore di inermi. E non bisogna mai scordare o rimuovere che la disperazione dei poveri del mondo non è solo il prodotto di privazioni materiali, ma spessissimo è anche data dalla negazione di diritti elementari, quelli che assicurano dignità alla persona.
Sergio Cofferati, in "I quaderni di MicroMega", supplemento al n. 1/2003, pagg. 2-3

La pace e la democrazia globale

La giornata di sabato 15 febbraio ha inaugurato l'epoca della democrazia globale. Centodieci milioni di cittadini, in ogni parte del mondo, si sono dati la staffetta - fuso orario dopo fuso orario - in una gigantesca manifestazione di passione civile, di politica costruita e vissuta in prima persona. Il mondo non sarà mai più lo stesso. La globalizzazione non sarà mai più la stessa. Sulla scena, ormai, c'è una nuova multinazionale: la multinazionale delle libertà, dei diritti eguali per tutti, della pace necessaria e possibile.
Sabato 15 febbraio è stato il giorno della pace, innanzitutto. Senza se e senza ma, contro la guerra privata di George W Bush. Per impedire che il popolo iracheno, già violentato da una dittatura orrenda, debba pagare un nuovo prezzo di sangue - di bambini e di donne, di vecchi e comunque di «civili» - con i massacri di massa per bomba americana.
Paolo Flores d'Arcais, in "I quaderni di MicroMega", supplemento al n. 1/2003, pag. 1

Introduzione

(Inizialmente il Blog era inserito nella pagina dedicata al mio compaesano Leonardo Fumarola, ballerino di Saranno Famosi - prima edizione)

Stiamo vivendo un periodo della storia in cui è impossibile essere neutrali. Siamo tutti chiamati a schierarci: o per la pace o per la guerra. Le conseguenze dell'una o dell'altra si faranno sentire su tutti e su ciascuno di noi. Non è possibile essere spettatori disinteressati. L'11 settembre 2001, il terrorismo ha colpito pesantemente gli Stati Uniti d'America ed ha cambiato la storia di quella nazione. La risposta non può essere la guerra preventiva contro il popolo irakeno, come vuole il presidente Bush. Primo perché non è assolutamente provato che i terroristi appartenessero a quel popolo e secondo perché il terrorismo non si combatte con altro terrorismo.

Potrebbe sembrare che queste tematiche siano estranee o c'entrino poco con un sito su di un personaggio dello spettacolo che noi amiamo ed apprezziamo tanto. Ma io credo che nella vita non possano esserci compartimenti stagno che escludano il nostro essere uomini e donne, che vivono in una società che ci coinvolge completamente. O almeno così è per me.

Questa sezione quindi vorrà essere una specie di Blog, dove raccoglierò riflessioni mie o di altri che sento come mie (generalmente provenienti da letture); e non solo sulla pace e sulla guerra, ma su ogni argomento che susciti il mio interesse.