Confesso che l’altra sera, quando mi sono messo davanti al televisore per vedere la finale di Champions League tra Milan e Liverpool, non mi fregava assolutamente niente che il Milan vincesse o perdesse. A me interessava e speravo che perdesse Berlusconi.
Eh sì, era chiaro che si giocavano due partite: una in campo tra i ventidue giocatori e l’altra sugli spalti tra Berlusconi e gli spettatori televisivi. Berlusca a fine partita ha dichiarato: «La vittoria del Milan mi ha portato il 4 per cento in più dei voti elettorali». Io spero che non sia vero. Le ultime elezioni hanno dimostrato che si può essere padroni delle televisioni e si possono perdere le elezioni. Ma Berlusconi sa molto bene che il popolo televisivo si lascia plagiare dagli imbonitori come lui, che vendono cacca per cioccolato. Ed è per questo che non si è lasciato sfuggire Endemol, che fabbrica sogni insieme a Grandi Fratelli, ma anche cose più serie.
Il Berlusca in questi ultimi tempi dava l’impressione di essere «bollito», e non solo a noi suoi nemici patentati ma anche ai Casini ed ai Fini. Ma lui non si arrende, non mollerà mai la poltrona del potere. La pseudo casa delle libertà è cosa sua, e se cade lui se la porterà con sé nel baratro.
Ma torniamo alla partita in campo. Gli inglesi non l’hanno presa per niente bene. «Rapina a mano armata», ha titolato il Sun, alludendo non tanto velatamente al gol fatto con il braccio da Inzaghi al 45’ del primo tempo. Gol rubato. Per tutto il primo tempo gli inglesi erano stati migliori, avevano ingabbiato i milanisti facendoli giocare poco, avevano creato non poche e pericolose occasioni in contropiede. Solo la sfortuna li aveva penalizzati. Mentre il culo della fortuna ha arriso infine al Milan.
Chi segue il mio blog sa che sono juventino e quindi non si potrà mai aspettare niente di tenero nei confronti dei milanisti. Ma di fronte al secondo gol di Inzaghi mi levo il cappello.
Ma il cappello non me lo potrò mai levare di fronte a Berlusconi, che anche se diventasse Papa per me resterebbe sempre un povero diavolo senz’anima, affarista, narcisista e poco intelligente.
25 maggio 2007
17 maggio 2007
Asti - Festival di letteratura: briganti e ribelli - Nel segno di Zorro
Quest’anno 2007 il tema che verrà affrontato durante il Festival di letteratura, che si terrà ad Asti dal 24 al 27 maggio, è: «Nel segno di Zorro: briganti e ribelli». Zorro impersona la figura romantica dell’avventuriero che si ribella alle ingiustizie e lotta per la libertà. Il Festival vuol essere uno straordinario viaggio nelle parole scritte, che si snoderà in un fitto programma di incontri, spettacoli, mostre ed eventi. Si esibirà Eugenio Bennato, verranno letti i testi delle canzoni di Paolo Conte, verranno ricordati Giovanni Falcone e don Giuseppe Diana, si parlerà dell’editoria indipendente europea, vi sarà un annullo filatelico sulla cartolina “I Briganti”, verrà inaugurata una mostra bibliografica fotografica e documentaria su Zorro. Durante il Festival sarà svolto anche un laboratorio di giornalismo a cura di Pietro Nardiello.
Si terranno due importanti incontri sul tema del brigantaggio. Il primo, venerdì 25 maggio alle ore 21, intitolato “Briganti di carta”, affronterà il tema dal punto di vista letterario. Il critico Massimo Cotto pungolerà tre autori di romanzi sui briganti: Maria Rosa Cutrufelli autrice di “La briganta”, Marcello Fois autore di “Memoria del vuoto”, Marco Vichi autore de “Il brigante”.
Il secondo incontro denominato “Briganti di carne”, domenica 27 maggio sempre alle ore 21, concluderà il Festival. Sarà affrontato l’argomento dal versante storico. Si confronteranno Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, autore di “Maledetti Savoia” e “Indietro Savoia!”, Gigi Di Fiore, inviato de “Il Mattino” di Napoli, autore de “I vinti del Risorgimento”, e Raffaele Nigro, giornalista scrittore e caporedattore Rai di Bari, che ha recentemente pubblicato il monumentale saggio “Giustiziateli sul campo”.
E’ significativo che proprio nel Piemonte, a soli quattro anni dal centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, venga analizzato quanto accaduto nel 1860/61 senza i filtri oleografici risorgimentali e si legga la storia anche dalla parte dei vinti. La storia non è esattamente quella che ci hanno insegnato con i testi scolastici scritti dai vincitori filosabaudi.
In modo molto intrigante questo Festival è presentato come «il più meridionale di tutti i festival del nord», e prelude al successivo appuntamento di Asti significativamente intitolato “A Sud di Nessun Nord”.
Il tutto è organizzato dalla pubblica Biblioteca Astense, nella quale sono raccolti circa settantamila volumi moderni, 9 incunaboli e 120 edizioni del XVI secolo, 500 titoli di fumetti, audiolibri. Caratteristica interessante della biblioteca è che i volumi sono ordinati in scaffali aperti a disposizione diretta dei lettori.
Si terranno due importanti incontri sul tema del brigantaggio. Il primo, venerdì 25 maggio alle ore 21, intitolato “Briganti di carta”, affronterà il tema dal punto di vista letterario. Il critico Massimo Cotto pungolerà tre autori di romanzi sui briganti: Maria Rosa Cutrufelli autrice di “La briganta”, Marcello Fois autore di “Memoria del vuoto”, Marco Vichi autore de “Il brigante”.
Il secondo incontro denominato “Briganti di carne”, domenica 27 maggio sempre alle ore 21, concluderà il Festival. Sarà affrontato l’argomento dal versante storico. Si confronteranno Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, autore di “Maledetti Savoia” e “Indietro Savoia!”, Gigi Di Fiore, inviato de “Il Mattino” di Napoli, autore de “I vinti del Risorgimento”, e Raffaele Nigro, giornalista scrittore e caporedattore Rai di Bari, che ha recentemente pubblicato il monumentale saggio “Giustiziateli sul campo”.
E’ significativo che proprio nel Piemonte, a soli quattro anni dal centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, venga analizzato quanto accaduto nel 1860/61 senza i filtri oleografici risorgimentali e si legga la storia anche dalla parte dei vinti. La storia non è esattamente quella che ci hanno insegnato con i testi scolastici scritti dai vincitori filosabaudi.
In modo molto intrigante questo Festival è presentato come «il più meridionale di tutti i festival del nord», e prelude al successivo appuntamento di Asti significativamente intitolato “A Sud di Nessun Nord”.
Il tutto è organizzato dalla pubblica Biblioteca Astense, nella quale sono raccolti circa settantamila volumi moderni, 9 incunaboli e 120 edizioni del XVI secolo, 500 titoli di fumetti, audiolibri. Caratteristica interessante della biblioteca è che i volumi sono ordinati in scaffali aperti a disposizione diretta dei lettori.
13 maggio 2007
I Briganti nel 1806 ovvero una spedizione nelle Calabrie
Avvincente romanzo storico, in due volumi, ambientato nelle Calabrie del 1806. All’inizio di quell’anno il re Borbone Ferdinando IV, prima, e la regina Maria Carolina, poi, avevano abbandonato Napoli per rifugiarsi a Palermo. L’esercito francese, capitanato dal generale André Masséna, aveva occupato Napoli. Napoleone Bonaparte proclamò suo fratello Giuseppe re di Napoli. I Borbone per rientrare a Napoli avrebbero dovuto aspettare fino al 1815.
Il romanzo inizia con lo sbarco in Calabria delle truppe inglesi, capitanate dal generale Stuard, avvenuto nella notte tra il 30 giugno ed il 1° luglio nella baia di Sant’Eufemia. Obiettivo degli inglesi era contrastare i francesi, nel tentativo di riportare Ferdinando IV sul trono di Napoli, cooperando con «gl’intrepidi montanari delle Calabrie» che mai si sottomisero al nuovo re Bonaparte e fra di essi vi erano i «briganti più feroci del mondo», che abitavano «le montagne boscose della Calabria».
Autore del libro, che narra i fatti in prima persona, è un certo Claude Dundas, capitano aiutante di campo inglese, che come dice l’Editore nella introduzione al secondo volume è certamente uno pseudonimo, e non si sa se italiano o straniero. Ho notato che in testa al volume, che è una ristampa anastatica di quello pubblicato nel 1863, non è riportata la lingua originale nella quale è stato scritto, né l’eventuale traduttore; ciò potrebbe far supporre che sia stato scritto in italiano.
Inoltrandomi nella lettura mi è venuto spontaneo il collegamento ad un altro libro, ben più famoso, Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. Io credo che l’autore, che scriveva nel 1863, avesse letto il romanzo di Hugo uscito nel 1831. Tante cose me lo fanno sospettare; ne cito una per tutte: il «sozzo ceffo del gobbo Gaspare Truffi», che imperversa in tutto il romanzo.
I briganti che sono presenti nel titolo, in realtà nel romanzo sono sullo sfondo. In primo piano vi sono le narrazioni delle battaglie con tantissimi morti ammazzati, a cominciare dalla battaglia di Maida, vi sono le straordinarie avventure amorose fra nobili, militari e bellissime donne: nobili e popolane, vi sono le insistite descrizioni dei meravigliosi paesaggi del territorio calabrese.
Il brigante del quale si narra qualche avventura è Francatrippa, «uno dei cavalieri prediletti della regina Carolina che gli ha conferito il titolo di colonnello», «un uomo non men prode che cavalleresco, un vero eroe da romanzo, quantunque brigante». Altri briganti presenti, quasi solo nominati, sono Scarolla, Frà Diavolo, Benincasa, Mammone.
Dundas dimostra grande stima e ammirazione nei confronti dei briganti. «I briganti erano tutti uomini prestanti ed atletici, con alti cappelli conici ornati d’un nastro rosso ricascante giù per le spalle membrute, sciarpe scarlatte di seta di Palmi ravvolte alla vita, uose di cuoio rilegate alle gambe con fettuccie rosse, fucile pugnale e fiaschetta ad armacollo. I loro capelli nerissimi ondeggiavano sopra le spalle, essendo la copia e lunghezza di essi segno di devozione al re, e di nimicizia ai francesi».
La lettura del romanzo potrà essere, oltre che piacevole, anche utile, perché come dice Angelo Sferrazza nella introduzione «il lettore di oggi potrà così verificare anche di persona l’attualità del passato». Laruffa Editore di Reggio Calabria ripubblicandolo ha fatto un’opera meritoria oltre che intelligente.
I Briganti nel 1806 ovvero una spedizione nelle Calabrie, memorie di un aiutante di campo inglese, ristampa anastatica dell’edizione di Augusto Federico Negro pubblicata in Torino nel 1863, Laruffa Editore, Reggio Calabria 1993/2003,
Vol. I, pp. 277; Vol. II, pp. 255
Il romanzo inizia con lo sbarco in Calabria delle truppe inglesi, capitanate dal generale Stuard, avvenuto nella notte tra il 30 giugno ed il 1° luglio nella baia di Sant’Eufemia. Obiettivo degli inglesi era contrastare i francesi, nel tentativo di riportare Ferdinando IV sul trono di Napoli, cooperando con «gl’intrepidi montanari delle Calabrie» che mai si sottomisero al nuovo re Bonaparte e fra di essi vi erano i «briganti più feroci del mondo», che abitavano «le montagne boscose della Calabria».
Autore del libro, che narra i fatti in prima persona, è un certo Claude Dundas, capitano aiutante di campo inglese, che come dice l’Editore nella introduzione al secondo volume è certamente uno pseudonimo, e non si sa se italiano o straniero. Ho notato che in testa al volume, che è una ristampa anastatica di quello pubblicato nel 1863, non è riportata la lingua originale nella quale è stato scritto, né l’eventuale traduttore; ciò potrebbe far supporre che sia stato scritto in italiano.
Inoltrandomi nella lettura mi è venuto spontaneo il collegamento ad un altro libro, ben più famoso, Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. Io credo che l’autore, che scriveva nel 1863, avesse letto il romanzo di Hugo uscito nel 1831. Tante cose me lo fanno sospettare; ne cito una per tutte: il «sozzo ceffo del gobbo Gaspare Truffi», che imperversa in tutto il romanzo.
I briganti che sono presenti nel titolo, in realtà nel romanzo sono sullo sfondo. In primo piano vi sono le narrazioni delle battaglie con tantissimi morti ammazzati, a cominciare dalla battaglia di Maida, vi sono le straordinarie avventure amorose fra nobili, militari e bellissime donne: nobili e popolane, vi sono le insistite descrizioni dei meravigliosi paesaggi del territorio calabrese.
Il brigante del quale si narra qualche avventura è Francatrippa, «uno dei cavalieri prediletti della regina Carolina che gli ha conferito il titolo di colonnello», «un uomo non men prode che cavalleresco, un vero eroe da romanzo, quantunque brigante». Altri briganti presenti, quasi solo nominati, sono Scarolla, Frà Diavolo, Benincasa, Mammone.
Dundas dimostra grande stima e ammirazione nei confronti dei briganti. «I briganti erano tutti uomini prestanti ed atletici, con alti cappelli conici ornati d’un nastro rosso ricascante giù per le spalle membrute, sciarpe scarlatte di seta di Palmi ravvolte alla vita, uose di cuoio rilegate alle gambe con fettuccie rosse, fucile pugnale e fiaschetta ad armacollo. I loro capelli nerissimi ondeggiavano sopra le spalle, essendo la copia e lunghezza di essi segno di devozione al re, e di nimicizia ai francesi».
La lettura del romanzo potrà essere, oltre che piacevole, anche utile, perché come dice Angelo Sferrazza nella introduzione «il lettore di oggi potrà così verificare anche di persona l’attualità del passato». Laruffa Editore di Reggio Calabria ripubblicandolo ha fatto un’opera meritoria oltre che intelligente.
I Briganti nel 1806 ovvero una spedizione nelle Calabrie, memorie di un aiutante di campo inglese, ristampa anastatica dell’edizione di Augusto Federico Negro pubblicata in Torino nel 1863, Laruffa Editore, Reggio Calabria 1993/2003,
Vol. I, pp. 277; Vol. II, pp. 255
5 maggio 2007
Partito democratico? No, grazie.
Non cambio strada. Resto a sinistra.
Resto a sinistra, per salvaguardare il diritto di poter manifestare liberamente il mio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, come recita l’articolo 21 della Costituzione italiana.
Resto a sinistra, perché continuo a credere che tutti hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, come recita l’articolo 3 della Costituzione italiana.
Resto a sinistra, per non essere chiamato terrorista se critico la Chiesa ed il suo capo per l’attacco frontale che quasi quotidianamente fanno a leggi dello Stato italiano, come quelle sull’aborto ed il divorzio.
Resto a sinistra, perché non mi sento un terrorista quando concordo con chi sostiene che il Vaticano ha sbagliato quando ha rifiutato i funerali religiosi a Welby e non invece a Franco e Pinochet.
Resto a sinistra, per difendermi da chi mi accusa di collusione con il terrorismo quando affermo che Bush ha sbagliato a scatenare la guerra contro l’Iraq.
Resto a sinistra, perché credo nella laicità dello Stato contro tutti gli integralismi.
Resto a sinistra, perché ritengo che non debba essere fatta alcuna confusione tra morale e diritto.
Resto a sinistra, perché (come il bioetico Carlo Flamigni) ritengo pienamente legittime pratiche come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione assistita, la donazione di gameti, le indagini genetiche sugli embrioni, la pillola abortiva, il preservativo, l’educazione sessuale, la pillola del giorno dopo, il riconoscimento delle famiglie di fatto, la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Resto a sinistra, perché sono un pacifista convinto contro tutte le guerre, senza se e senza ma.
Resto a sinistra, perché ritengo che a livello europeo la mia naturale collocazione sia nel raggruppamento del partito del socialismo europeo.
Per tutto questo, io che ho preso nel tempo le tessere del pci del pds dei ds, ora guardo con interesse al movimento della Sinistra Democratica al quale stanno dando vita Mussi e Angius. Con la speranza che non si faccia la fine del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), del Partito di Unità Proletaria (PdUP).
Resto a sinistra, per salvaguardare il diritto di poter manifestare liberamente il mio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, come recita l’articolo 21 della Costituzione italiana.
Resto a sinistra, perché continuo a credere che tutti hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, come recita l’articolo 3 della Costituzione italiana.
Resto a sinistra, per non essere chiamato terrorista se critico la Chiesa ed il suo capo per l’attacco frontale che quasi quotidianamente fanno a leggi dello Stato italiano, come quelle sull’aborto ed il divorzio.
Resto a sinistra, perché non mi sento un terrorista quando concordo con chi sostiene che il Vaticano ha sbagliato quando ha rifiutato i funerali religiosi a Welby e non invece a Franco e Pinochet.
Resto a sinistra, per difendermi da chi mi accusa di collusione con il terrorismo quando affermo che Bush ha sbagliato a scatenare la guerra contro l’Iraq.
Resto a sinistra, perché credo nella laicità dello Stato contro tutti gli integralismi.
Resto a sinistra, perché ritengo che non debba essere fatta alcuna confusione tra morale e diritto.
Resto a sinistra, perché (come il bioetico Carlo Flamigni) ritengo pienamente legittime pratiche come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione assistita, la donazione di gameti, le indagini genetiche sugli embrioni, la pillola abortiva, il preservativo, l’educazione sessuale, la pillola del giorno dopo, il riconoscimento delle famiglie di fatto, la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Resto a sinistra, perché sono un pacifista convinto contro tutte le guerre, senza se e senza ma.
Resto a sinistra, perché ritengo che a livello europeo la mia naturale collocazione sia nel raggruppamento del partito del socialismo europeo.
Per tutto questo, io che ho preso nel tempo le tessere del pci del pds dei ds, ora guardo con interesse al movimento della Sinistra Democratica al quale stanno dando vita Mussi e Angius. Con la speranza che non si faccia la fine del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), del Partito di Unità Proletaria (PdUP).
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