Il libro raccoglie alcuni degli articoli di fondo pubblicati sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 2000 al 2008, raggruppandoli intorno a quattro temi: la dis-unità d'Italia, la sagra degli autogol del Sud, i giovani e il lavoro, il federalismo.
Lino Patruno è stato direttore della “Gazzetta del Mezzogiorno” dal 1995 al 2008. Tredici anni durante i quali ha potuto guardare la Puglia ed il Sud da una finestra privilegiata, ma nello stesso tempo ha saputo dare voce alle aspettative del Meridione d'Italia, non disdegnando di pungolare pugliesi e meridionali a liberarsi dalla succube rassegnazione e dai vizi che bloccano lo sviluppo, invitandoli a reagire e a mettere in campo le tante potenzialità che possiedono. Niente pregiudizio né autoflagellazione. Alla riscossa, terroni!
Patruno ha una scrittura facilmente comprensibile e accattivante. Il suo è un parlare franco e diretto, che arriva subito al cuore dei problemi senza inutili circonvoluzioni. Come ogni buon giornalista dovrebbe fare. E Patruno è un grande giornalista. I tantissimi premi ricevuti lo testimoniano.
Il Sud continua ad essere Sud perché nessuno si «incazza nero» con se stesso e con gli altri. Gli interventi straordinari degli anni passati per il Mezzogiorno sono convenuti a tutti. Ma a rimanerne più fregato è stato sempre il Mezzogiorno. I soldi arrivavano al Sud per consentirgli di acquistare i prodotti del Nord. Così si è creato al Sud un popolo più consumatore che produttore. Nei fatti la Cassa per il Mezzogiorno fu soprattutto la Cassa per il Settentrione.
Dal 1861 in poi, non c'è stata decisione presa dai vari governi che non sia servita principalmente agli interessi del Nord e non a quelli del Sud. L'industria meridionale è stata abbandonata e lasciata crollare. Anche l'agricoltura meridionale è stata distrutta. Sono state distrutte le banche, tutte le grandi banche sono scomparse dal Sud.
Gli industriali settentrionali, sfruttando i contributi, scendevano nel meridione ad aprire fabbriche, chiudendo poi dopo aver incassato i soldi. Al Sud non rimanevano né fabbriche né soldi. Quelle che sopravvivono hanno le sedi legali al Nord, dove vengono pagate le tasse. Ancora soldi del Sud trafugati da quelli del Nord.
In tempi più recenti gli incentivi europei per le aree depresse meridionali vengono dirottati al Nord. Parlamentari e ministri meridionali non si accorgono di questo imbroglio, o comunque non lo denunciano; sono meridionali soltanto per l'anagrafe.
La Puglia è in vendita. Una società di Brescia ha comprato 22 ettari di terreno a Maruggio, dove produrrà vini pregiati: Primitivo del Salento e Rosso di Puglia. Una grossa società immobiliare americana ha acquistato tre grandi edifici a Bari. Stranieri di ogni parte del mondo calano in Puglia per comprarsi masserie, trulli, appezzamenti di terreni. Big della finanza, dell'industria, dello spettacolo, della medicina si recintano, qui in Puglia, pezzetti di paradiso.
Le più prelibate terre pugliesi del vino sono ormai in mani venete. Il latte di Gioia del Colle è diventato emiliano. I pomodori del Tavoliere campani. Siamo inondati da prezzemolo cinese. Con etichette olandesi, vengono vendute a noi stessi le nostre insalate. I profitti, che prima rimanevano da noi, ora se li portano via. Le tasse, che prima venivano pagate qui, ora vengono pagate altrove. E noi meridionali diventiamo sempre più poveri.
E continuiamo sempre ad avere pazienza. Sarebbe ora di cominciare ad incazzarci un po', dice Patruno. Con noi stessi che non riusciamo a trattenere i nostri soldi qui. Con gli altri che ce li portano via.
La Puglia deve imparare a sfruttare la sua migliore risorsa: il turismo, che è natura, cultura, trasporti, edilizia, gastronomia, agricoltura, allevamento, divertimento, feste popolari, musica, mondanità, moda, commercio, ospitalità, mistero.
Ma ci stanno rubando anche l'anima della Puglia, scrive Patruno. Spiantano clandestinamente secolari alberi di ulivo per trapiantarli in lussuose ville del Nord. Smontano pietra su pietra i nostri muretti a secco per ricostruirli su da loro. Ed a questo proposito ecco, a mo' d'esempio, un poetico brano della scrittura di Patruno: «Questa tenera Puglia capace di senso in una vita senza più senso, questa Puglia di pastelli all'ombra dell'alluvione di luce, questa Puglia indorata di vite e fertile di zolle come un grembo di donna, questa la Puglia che pezzo pezzo ci portano via. Qui spunta il sortilegio delle masserie ricche come regge e arcigne come fortezze, qui acquietano gli ocra delle case contadine, qui riposano dimore padronali che hanno visto e fatto la storia. Ed è qui che si svolge la grande mattanza di mensole e altari, di pozzi e capitelli, scalinate e ringhiere, portali ed edicole, mangiatoie e abbeveratoi, tetti e caminetti, comignoli e tegole, fontanine e pinnacoli, maschere e macine, trappeti e norie, campanili e grondaie, statue e ceramiche, infissi e araldiche. Qui la Puglia viene svuotata della sua cultura».
I giovani devono inventarsi nuovi lavori e rimanere qui. La «meglio gioventù» non deve più abbandonare la sua terra. Senza più figli che tramandano i padri – scrive Patruno – muore un mondo, un piccolo grande mondo antico.
Ultima trappola per il Sud è il federalismo che Bossi ci vuole imporre. Le spese non diminuiranno, come si vuol far credere, anzi aumenteranno, perché verranno creati nuovi enti inutili e doppioni degli esistenti. E per mantenerli aumenteranno le tasse.
La Puglia non ha bisogno di federalismo fiscale, ha bisogno che gli utili di quanto viene prodotto sul suo territorio rimanga in Puglia. L'Ilva di Taranto è il più grande impianto siderurgico d'Europa, Bari e Brindisi ospitano due fra i più grandi gruppi farmaceutici mondiali: Serono Merck e Sanofi Aventis, a Bari vi è il più grande distretto industriale italiano per componenti di motori per auto, con gli impianti Bosch, Firestone, Getrag, Magneti Marelli, Graziano Trasmissioni, Skf, Brindisi ha la più grande centrale termoelettrica dell'Enel, Taranto ha la più grande fabbrica d'Italia di pale per l'eolico, Foggia ha un grande stabilimento per la manutenzione di materiale rotabile, a Foggia vi sono gli allevamenti Amadori, a Lecce il tabacchificio della British American Tabacco, ancora a Foggia l'Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato. Se tutte le tasse che vengono pagate per questi impianti rimanessero in Puglia, non saremmo più Sud.
La battaglia affinché queste tasse restino qui dovrebbe vederci tutti uniti. Si può essere di destra o di sinistra, - scrive Patruno - ma il Sud è anzitutto Sud, un'unica regione con interessi unici.
Alla riscossa, terroni!
Rocco Biondi
Lino Patruno, Alla riscossa terroni. Perché il Sud non è diventato ricco. Il caso Puglia, Manni editore, San Cesario di Lecce 2008, pp. 176, € 15,00