Jennu
brigannu, di Vincenza Costantino
Anche
il teatro si è interessato dei briganti. Il libro è il testo di uno spettacolo,
che narra di briganti calabresi. È composto di solo 80 pagine.
L’autrice si dice in debito a Vincenzo
Padula, a Nicola Misasi, a Carlo Alianello, a Amerigo Vespucci, ad Angelo
Manna, e soprattutto alla nonna da cui ha “ereditato il nome e la memoria dei
racconti e dei proverbi calabresi”.
La lingua è l’italiano, con innesto in
alcune parti del dialetto calabrese.
“I briganti si distinguevano / come anime
assetate / di libertà e di giustizia, / oltrecché affamate dai soprusi dei
baroni. / Essi sorgevano per difendere / i deboli contro i forti, / gli
oppressi contro gli oppressori, / i giusti contro gli ingiusti…”.
Si parla dei briganti Pietro Monaco,
Marianna Oliverio, e delle “tenebrose e puntute pinete della Sila”, dove
trovarono rifugio Spartaco, Giosafatte Tallarico, Domenico Palma, Pietro Gatto,
Jaccapitta, Seinardi, Acciardi…
Il libricino contiene una prefazione,
intitolata “Il basso cifrato della calabresità”, di Natale Felice, e una nota
dell’autrice.
Vincenza Cotantino, Jennu brigannu. Storie di briganti calabresi,
Abramo, Caraffa di Catanzaro (CZ) 2006, pp. 80