Giuseppe Buttà, nato nel 1826 in provincia
di Messina, compì gli studi ecclesiastici nel convento palermitano dei
domenicani, e nel 1859 ebbe l’incarico di cappellano militare nel 9°
battaglione cacciatori nell’esercito borbonico. Si assunse l’incarico di
scrivere gli avvenimenti di quel battaglione durante l’itinerario da
Boccadifalco a Gaeta. Scriveva, come lui dice, sul campo di battaglia. Quello
scritto restò gettato per 14 anni in mezzo a tante altre carte. Poi, dopo aver
seguito il re Francesco II nell'esilio romano, tornò a Napoli e divenuto
collaboratore del giornale legittimista La
Discussione, pubblicò quel Viaggio
in estratti nel 1875, ristampato nel 1882 in edizione anastatica. Buttà
riordinò quelle carte, facendovi quelle aggiunte necessarie per farne quasi un
racconto completo di tutti gli avvenimenti della guerra del 1860 e 1861. E l’autore
ricorda ai suoi lettori, che egli non solamente fu testimone oculare dei
principali fatti guerreschi, avvenuti in quegli anni, ma che ebbe nelle sue
mani tutti i documenti originali della Campagna militare del Volturno e l’assedio
di Gaeta.
Re Francesco consigliato e spinto dai
nemici e dagli amici, decise lasciar Napoli in balia della rivoluzione, mosso
dalla grande e generosa idea di non insanguinare con la guerra civile questa
sua diletta patria. Il Re il 6 settembre 1860 scendeva dalla
Reggia di Napoli e saliva sulla Saetta,
piccolo battello a vapore napoletano, comandato dal fedele tenente-colonnello
Vincenzo Criscuolo, e partiva sull’imbrunire per Gaeta.
I Borboni avevano regnato in Napoli 126
anni, e tutto il bello e buono, che si ammira ancora oggi in questa città ed
altre, è opera di quei sovrani, scrive Buttà. Don Liborio Romano fu il più
volgare traditore del Re e del regno di Napoli: la memoria di lui sarà dagli
onesti esecrata e maledetta! Oltre all’avvocatuccio Liborio Romano, secondo il
Buttà, vi furono quattro generali che furono i grandi traditori dei Borbone di
Napoli: Ferdinando Lanza, Tommaso Clary, Alessandro Nunziante, Giuseppe
Pianelli. A questi cinque uomini sono da aggiungere due zii del Re: Leopoldo di
Borbone conte di Siracusa e Luigi di Borbone conte d’Aquila. Altri da aggiungere,
per viltà e tradimenti, sono i generali Landi in Calatafimi, Gallotti in
Reggio, Ruiz e Briganti nel Reggino, Caldarelli in Cosenza, Ghio in
Sovaria-Mannelli, Pinedo in Capua, Locascio in Siracusa, Tonson la Tour in
Augusta, Flores in Bovino, de Benedictis negli Abruzzi. A tutti questi
gallonati fecero seguito molti ufficiali e subalterni, accennati nel corso del Viaggio.
Tantissimi altri invece seguirono il re
Francesco II nella difesa del suo Regno, nella prospettiva di una vittoria
militare.
Il libro si divide in tre epoche, la prima
parla delle bande siciliane, la seconda dei garibaldini, la terza
dell’invasione piemontese, e abbraccia quarantacinque capitoli. Affronta i
fatti che vanno dal 3 aprile 1860 al 13 febbraio 1861, più una prefazione e una
conclusione. Boccadifalco era allora un piccolo paese, sopra Palermo, dalla
quale distava un paio di chilometri. In esso furono sparati i primi colpi di
fucile dai rivoluzionari contro i borboni.
Di Garibaldi, dice il Buttà, gli scrittori
garibaldini descrissero lotte, battaglie, vittorie, spacciando sconfitte e
distruzione di napoletani, che in verità non avvennero. Però non si dovrebbe
negare che tutto quello ch’egli operò e compì nel Regno delle Due Sicilie,
l’avrebbe operato e compiuto un uomo qualunque, se avesse avuto i mezzi e gli
aiuti che lui ebbe. In tutti i fatti d’armi del Volturno i garibaldini ebbero
sempre la peggio e perdettero più di duemila uomini tra morti, feriti e
prigionieri. Sarebbe stato quello il momento di approfittare dello scompiglio e
scoraggiamento dei garibaldini, e dell’entusiasmo dei soldati napoletani, ma
l’ostinazione del generale in capo Ritucci, che voleva rimaner sempre sulla
difensiva, ebbe la meglio, contro la volontà di Francesco II che avrebbe voluto
attaccare. Il soldato napoletano ben guidato, non è secondo ad alcuno, tollera
i disagi e la fame con pazienza ammirabile, battendosi da valoroso. «Io
rispetto la memoria dell’onesto, e fedele e prode generale Ritucci, ma debbo
pur dire che nel 1860, non si mostrò all’altezza dei tempi e delle
circostanze».
L’esercito napoletano rimase nelle proprie
posizioni; quello garibaldino diminuì d’uomini e di ardire, e Garibaldi perdé
il suo prestigio, tanto che dovette sollecitare la marcia nel Regno
dell’esercito sardo, capitanato da Vittorio Emmanuele e dai generali Fanti e Cialdini.
Mentre i capi napoletani discutevano, ed i
garibaldini si fortificavano, negli Abruzzi, in Campania e nelle Puglie molti
paesi reagirono contro i piemontesi.
Klitsck de la Grance, scrittore di cose
tattiche e veterano valoroso, fatto Colonnello, organizzò quattro battaglioni,
con i quali operò negli Abruzzi.
Non tutte le bande di briganti, che in quegli anni operarono nel Sud, sono conosciute dal
Buttà, o comunque di molte di esse non ne parla.
La Francia e l’Inghilterra erano nei fatti
con il piemontese Cavour.
Furono successivamente cinte d’assedio, con
feroci bombardamenti, Capua, Gaeta, Messina e Civitella del Tronto. Capua
capitolò il 2 novembre 1860, Gaeta il 13 febbraio 1861, Messina il 13 marzo
1861, Civitella del Tronto il 20 marzo 1861. Il Regno d’Italia fu proclamato il
17 marzo 1861. Il re Francesco II aveva lasciata Gaeta il 14 febbraio 1861.
Francesco II e Maria Sofia, rispettivamente
ultimo Re e ultima Regina del Regno delle Due Sicilie, si erano comportati da
eroi sugli spalti di guerra di Gaeta.
Il libro della casa editrice Bompiani
contiene 64 pagine di illustrazioni, anche a colori.
Rocco Biondi
Giuseppe Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta. Memorie della rivoluzione dal 1860
al 1861, presentazione di Leonardo Sciascia, Bompiani, Milano 1985, [1875],
pp. 480