Il
testo originale è francese, l’autore italiano, il luogo di stampa inglese e
quello di conservazione tedesco. Marabello cerca di risolvere questo apparente
rompicapo. Il francese è la lingua più diffusa tra le classi colte del tempo,
perciò garantiva la possibilità che il libro fosse letto anche all’estero (è un
fine che si proponeva il re napoletano Francesco II). L’autore del libro, che
Marabello traduce in italiano e presenta per la prima volta, è il marchese
Giorgio Palomba, autore che viene definito minore, che allora era largamente
conosciuto se il re in esilio Francesco II si rivolge a lui per far stendere la
replica alla relazione piemontese sul brigantaggio di Giuseppe Massari. La
tipografia e la città di edizione riportate sulla copertina (Henri Abrahams –
Londres) sembrano essere un escamotage per far circolare più facilmente il
volume in Italia; la stampa dunque, fino a prova contraria, viene attribuita da
Marabello ad una tipografia italiana. In ordine poi alla presenza del testo
nella biblioteca di Monaco di Baviera, bisogna tener conto che la regina Maria
Sofia era tedesca e in quella città tornò un paio di volte; il volume deve
essere appartenuto alla sua dotazione libraria.
Il libro si compone di duecento
quarantacinque pagine, delle quali 6 sono riservate alla prefazione di Mario
Spagnoletti, 38 alla introduzione di Gaetano Marabello, 108 alla traduzione dal
francese in italiano del libro di Giorgio Palomba, 72 alle note del curatore
(Marabello) e 14 alla bibliografia dei libri citati nel testo.
Spagnoletti nella prefazione pone l’accento
sul fenomeno del grande brigantaggio, per troppo tempo valutato acriticamente
come episodio di delinquenza comune; esso invece è importante e centrale nel
processo di formazione delle Stato nazionale. Piaccia o meno, scrive
Spagnoletti, il sanguinoso rapporto tra brigantaggio e Stato unitario non solo
non può essere enucleato dalla storia italiana contemporanea, ma, ciò che è
ancora più rilevante, costituisce una fondamentale cartina di tornasole per
valutare più a fondo le linee politiche riuscite vincenti nei tormentosi anni a
cavallo dell’unificazione.
Nella introduzione Marabello afferma che
Palomba fu uno, tra i tanti, che provarono all’interno delle città ad
alimentare con la penna quella resistenza antipiemontese che nelle campagne si
andava sviluppando con le armi. Su questi autori e sulle loro opere è stato
fatto calare l’oblio riservato agli sconfitti della storia; ma la loro scoperta
può riservare qualche interessante sorpresa. Ed è quello che avviene con
Palomba (come Marabello aveva già fatto nel libro su “La Legge Pica” con il
magistrato borbonico Francesco Ronchi che si celava sotto lo pseudonimo di
Inorch Scorangeff, autore appunto del libro): Marabello offre elementi
essenziali non solo della biografia di Giorgio Palomba, ma soprattutto
ricostruisce la genesi dello scritto contestualizzandolo nel dibattito scatenatosi
dopo la pubblicazione della relazione Massari. Palomba aveva già scritto altri
libelli politici. Morì nella più completa miseria.
Dalla lettura del testo di Palomba emerge
la preoccupazione che fosse inattaccabile l’intera sua opera. Ciò spiega perché
usa documenti ufficiali e dichiarazioni di gente che non potessero essere sospettati
di simpatie borboniche, ricorrendo all’arma micidiale del “fuoco amico”. Il
filo conduttore di tutto il volume è la relazione parlamentare sul
Brigantaggio, predisposta dal deputato tarantino Giuseppe Massari. Tale
relazione aveva lo scopo di mettere la sordina alla precedente relazione Mosca,
che riteneva il Brigantaggio come una forma di rivolta sociale dei ceti
subalterni contro la borghesia terriera meridionale. La relazione Massari
divideva le cause brigantaggio, che imperversava nelle provincie napoletane, in
predisponenti e immediate; successivamente veniva descritto lo stato di quei
popoli e venivano proposti i rimedi. La replica del Palomba seguiva lo stesso
ordine logico. Da quella replica viene fuori che i piemontesi sono peggio dei
cosiddetti briganti meridionali, se viene sottratto da Napoli il patrimonio
privato di Francesco II di Borbone, se vengono confiscati i beni ecclesiastici,
se vengono spogliate le chiese da tutta l’argenteria, se vengono uccisi quelli
che si oppongono ai piemontesi, se vengono distrutti e arsi col fuoco interi
paesi, se Napoli che era ricca vien ridotta alla miseria. È falso che il Regno
di Napoli e delle Due Sicilie non abbia costruito strade, ponti, ferrovie. Il
brigantaggio fu una manifestazione politica contro la dominazione piemontese.
Si spiegano così i novantamila uomini mandati a combattere i cosiddetti
briganti del Sud. Si incarcerava con la vaga imputazione di connivenza col
brigantaggio. Alla leva militare i giovani del Sud non rispondevano, e
aumentavano i renitenti e disertori. Sindaci, guardia nazionale, magistratura,
polizia, proprietari, clero spesso erano dalla parte dei briganti. Allora
perché i “napoletani” persero? Perché tutta l’Europa rimase impassibile a
fronte dell’invasione piemontese, spalleggiata dagli inglesi e francesi.
Nelle ricche note del curatore (Marabello /
ben 306) si commenta il testo di Palomba e si offrono ai lettori le biografie
dei molti personaggi ivi citati, tra i tanti altri: Nicomede Bianchi, Luigi
Alfonso Miceli, Pietro Fumel, Nino Bixio, Alfonso La Marmora, Pietro Colletta,
Stanislao Mancini, Raffaele Conforti, Proto duca di Maddaloni, Costantino
Nigra, Ferdinando Pinelli, Enrico Cialdini, Francesco Crispi, Giovanni
Nicotera, Giuseppe Ferrari, Carlo Luigi Farini, Carlo Troya, Carlo Poerio,
Ferdinando Petruccelli della Gattina, Filippo Curletti, Giovanni Corrao,
Mariano D’Ayala, Gerardo Curcio detto Sciarpa, Vito Nunziante, Pasquale
Domenico Romano, Nicola Summa detto Ninco Nanco, Gaetano Mammone, Antonio
Cozzolino detto Pilone, Angelo Brofferio, Antonio Scialoja, Giuseppe Gaetano
Maria Govone, Vincenzo Aquilecchia.
Nella bibliografia sono citati tantissimi
autori e relativi libri, che possono formare una prima biblioteca del primo periodo
postunitario e del brigantaggio. Tra tutti cito Tommaso Pedio, che si è
interessato tantissimo nei suoi scritti del brigantaggio.
Rocco Biondi
Gaetano Marabello, Verità e menzogne sul brigantaggio, La
sconosciuta replica della Corte borbonica alla relazione Massari (1883),
prefazione di Mario Spagnoletti, Controcorrente, Napoli 2018, pp. 245