Come c'era da aspettarsi il film
televisivo "Il generale dei briganti", andato in onda su
Raiuno il 12 e 13 febbraio 2012, ha tradito le aspettative dei
meridionali che vanno in cerca della loro storia, delle loro origini
e delle motivazioni del loro essere attuale. E forse non poteva
essere diversamente, tenuto conto di chi ha fatto il film e delle
finalità che si prefiggeva. A fare il film non sono stati
meridionali e la vera finalità è stata quella di fare spettacolo a
buon mercato.
A dire il vero miei amici reali che non
sono addentro alla vera storia del brigantaggio, ma vorrebbero
conoscerla, l'impressione che hanno tratta dal film è stata
positiva. Il brigantaggio non viene maltrattato. Anzi gli vien data
una connotazione positiva e mitica. Crocco è un eroe positivo che
lotta per le sue idee e per l'onore della sua famiglia.
Altri amici, ancora più digiuni della
vera storia del brigantaggio, hanno veramente creduto che Crocco e i
briganti abbiano lottato per l'unità d'Italia. Ovviamente niente di
più lontano dal vero.
Ed allora che risposta si può dare
alla domanda: il film è stato utile o dannoso alla causa
meridionale? Io rispondo che il film è stato senza infamia e senza
lode. Anzi in qualche modo è stato utile ad avvicinare il grande
pubblico alle nostre idee, alla visione che noi meridionali abbiamo
su quello che avvenne 150 anni fa, quando i "piemontesi"
senza dichiarazione di guerra invasero uno Stato libero e sovrano: il
Regno delle Due Sicilie.
La vera storia del brigantaggio
dobbiamo ricostruirla noi, non dobbiamo aspettarci che siano altri a
farlo per noi. Non hanno interesse e non hanno i mezzi per farlo. Né
è tanto utile contrastarli nelle loro affermazioni strumentali e
provocatorie. La storia dei contadini del Sud dopo il 1860, la storia
dei comportamenti inumani dell'esercito invasore piemontese contro i
nostri padri meridionali, la storia delle distruzione delle nostre
industrie per farci diventare semplici consumatori di prodotti
nordisti, la storia dei ladrocini perpetrati contro i nostri beni per
arricchire le esangui casse savoiarde, la storia dell'espropriazione
di tutti i beni ecclesiastici che fino al 1860 erano in qualche modo
un serbatoio per la sopravvivenza dei poveri del Sud, la storia dei
giovani meridionali che si ribellarono al divenire carne da macello
nelle guerre piemontesi, deve essere elaborata ed imposta da noi
negli ambienti storici e culturali.
Non lasciamoci quindi spaventare da
fiction televisive, tipo "Il generale dei briganti". Gli
autori, talvolta addirittura in buona fede, si sono lasciati
strumentalizzare da chi consapevolmente impone una sua visione di
parte funzionale alla copertura delle sue malefatte. E' ovvio che
tocca a noi smascherarli, ma più ancora tocca a noi raccontare la
nostra storia e la nostra verità. E siamo in tanti a fare questa
operazione verità e cresciamo sempre più. E questo comincia a far
paura.
Loro sono stati costretti ad inventarsi
storie per tentare di trascinare Crocco dalla loro parte. Noi
continuiamo ad impegnarci, anche ricorrendo a documentazioni
d'archivio, per far venir fuori chi è stato veramente Carmine Crocco
nella difesa della sua terra e dei lavoratori di essa. E non solo di
Crocco noi parliamo, ma di Pasquale Romano, Luigi Alonzi, Giuseppe
Tardìo, Giuseppe Nicola Summa, Cosimo Mazzeo, Gaetano Manzo,
Giuseppe Schiavone e tantissimi altri che riuscirono a riunire
attorno a loro migliaia e migliaia di briganti che tennero in scacco
per molti anni l'intero esercito piemontese. E ciò non sarebbe stato
possibile se la popolazione del Sud non fosse stata dalla parte dei
briganti.