L'annunciata soppressione
delle province di Lecce, Brindisi e Taranto (per unificarle in una)
ridà fiato a chi propone la creazione della Regione Salento, che
dovrebbe abbracciare i territori delle suddette tre province,
staccandosi da Bari e Foggia. Con il loro progetto vogliono
ulteriormente frazionare l'Italia, passando dalle attuali venti a
trenta Regioni. Aumenterebbero così burocrazie, quadri e organici,
con grande e improduttivo dispendio di risorse, alla faccia della
pluriproclamata revisione della spesa pubblica.
Così facendo, nei fatti
il Sud, dividendo anziché unire, vuol continuare a contare sempre
meno. Da centocinquantanni ad oggi il Nord ha ignorato e sfruttato le
Regioni del Sud. Separati noi meridionali abbiamo poca o nessuna
forza. Frazionarci ancora peggiora la situazione.
Per noi una buona e
vincente proposta potrebbe essere la nascita di una sola e grande
Regione meridionale, che dovrebbe accorpare le attuali Regioni del
Mezzogiorno: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria,
Sicilia, più gran parte dell'odierno Lazio meridionale e il Cicolano
(l'area orientale dell'attuale provincia di Rieti), per ricostituire
il territorio del vecchio e storico Regno delle Due Sicilie.
Riaccorpare l'intero territorio del Regno non è sogno nostalgico del
bel tempo che fu. Ma è risposta all'abbandono di tutto il Sud,
operato della nordica Italia unita. Una regione di circa 20milioni di
abitanti (il 35% di tutta l'Italia) farebbe sentire il suo peso.
Pasquale Calvario, di
recente scomparso, meridionalista che è stato consigliere regionale
in Puglia nelle prime tre legislature e che ha contribuito in modo
determinante alla formulazione dello statuto regionale, ha sostenuto
che la Costituente repubblicana ha calato dall'alto l'attuale
frammentazione regionale, che non aveva nessuna radice storica e
sociale sul territorio. Le risorse dello stato e della comunità
europea vennero automaticamente dissipate. Le popolazioni non si
accorsero nemmeno dell'esistenza delle regioni, non ne ebbero alcun
utile, anzi furono costrette a fuggire dalla loro avara terra
emigrando. L'aver calato dall'alto sul Mezzogiorno uno spropositato
numero di Regioni fa sospettare, scrive Calvario, che si sia voluto
applicare il precetto del «divide
et impera».
Per riparare il mal fatto
si pone come problema preliminare ad ogni altro l'esigenza del
riaccorpamento di tutte le Regioni del Sud.
E' scontato che tante
saranno le resistenze alla nascita di questa unica macroregione.
Scomparendo le attuali esistenti regioni, si perderebbero poteri,
clientele, assessorati, consiglieri, apparati. La Sicilia perderebbe
la sua "specialità". Ma tantissimi sarebbero i vantaggi di
una gestione unitaria di tutto il Sud. A cominciare da una risposta
più forte al contropotere criminale.
Una simile macroregione
del Sud potrebbe ancora avere interesse a rimanere nell'Italia unita,
perché cambierebbero i rapporti di forza. Il Sud non sarebbe più il
fanalino di coda dell'economia italiana, ma potrebbe diventarne il
propulsore. Si potrebbe così arrivare ad una vera unità. E questo
non sarebbe da considerarsi una debolezza. Non dimenticando però
che, non ottenendo risultati positivi, a fronte di mali estremi si
potrebbe ricorrere ad estremi rimedi. In linea di principio quindi
non si escludono scissione, indipendenza e autonomia.
Saremmo - scrive Pino
Aprile nel suo “Terroni” - l'ultimo paese dell'Europa unita. Ma,
da soli, avremmo la possibilità di trasformare i nostri ritardi in
occasione di sviluppo. Non dovendo più “far media” con il
reddito del Nord, diverremmo immediatamente il paese europeo ad avere
maggiore diritto agli incentivi economici per lo sviluppo; con un
impagabile vantaggio aggiuntivo: che i soldi dell'Europa per il Sud,
resterebbero al Sud.
Rocco Biondi
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