13 gennaio 2005

Vauro: Masotti devi morire

Io non so chi sia Giovanni Masotti. Non vedo quasi mai la televisione. Pare che sia il vicedirettore di RaiDue e che conduca un programma che si chiama «Punto e a capo».
Il vignettista satirico Vauro gli ha dedicato alcune vignette, che hanno suscitato la sua ira. Ed il Masotti si è addirittura rivolto all'Ordine dei giornalisti per far richiamare Vauro. Ridicolo e paradossale che per una vignetta, per me innocente, si chieda un ammonimento.
Più strampalata ancora la motivazione del Masotti che definisce quella di Vauro un'iniziativa di stampo «brigatista». A quanto pare quel giornalista usa parole in libertà, senza sapere cosa dice.
Ma Vauro non perde il suo spirito caustico. Si presenta alla convocazione del presidente dell'Ordine dei giornalisti, Bruno Tucci, vestito da frate, con in mano una palla con sopra disegnato un teschio. «Ho speso 80 euro di noleggio: se vinco il ricorso me li faccio restituire dall'Ordine - dice -. Tucci all'inizio non mi ha riconosciuto e mi ha chiesto "lei chi è?". "Sono fratello Vauro dell'ordine dei giornalisti", ho risposto. D'altronde c'è l'ordine dei cistercensi, cui risale il memento mori... Dopodiché si è comportato come se fossi in giacca e cravatta. Io lo chiamavo padre superiore, forse ne era gratificato. Io sono un umile frate, l'obbedienza è dovuta, quindi d'ora in poi la mia dichiarazione è che visto che non posso ricordare a Masotti che deve morire, o se ne scorda e campa in eterno, buon per lui, o se lo dovrà ricordare da solo, si facesse un nodo al fazzoletto».
E Vauro per spiegare meglio il perché della sua satira contro Masotti dice: «E' l'emblema della vanità: conduce una trasmissione in prime time, e nessuno sa chi è, essendo un personaggio insignificante, ma dotato di grande vanità, la vanità servile, ed essendo il memento mori un monito contro la vanità terrena, mi sembrava l'obiettivo giusto. Ma era un atto umanitario, per ricordargli che tutti dobbiamo morire e che quindi in questo lasso di tempo ci risparmiasse la montagna di cretinate che dice sullo schermo».
Roberto Cotroneo in un articolo su l'Unità di ieri 12 gennaio 2005 ci ricorda come andò l'esame di Vauro per diventare giornalista. Quando Vauro fece l'esame da giornalista, nel giugno del 1987, stessa sessione di Giuliano Ferrara, il presidente della commissione esaminatrice, un magistrato, gli chiese quali mai fossero i limiti della satira. E lui rispose: «I limiti della satira? La satira per definizione non può avere dei limiti». E il presidente, incalzando: «Ma lei non si pone un problema etico...». E Vauro: «Io? Io faccio vignette, io sono un vignettista satirico».
Erano tempi migliori, le sue risposte furono giudicate idonee e convincenti, e passò l'esame da giornalista. Ma oggi mala tempora currunt!

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