Il
libro della Deputazione abruzzese di Storia Patria raccoglie, sul tema del
rapporto tra Benedetto Croce ed il brigantaggio, i saggi di Raffaele
Colapietra, che è stato docente presso l'Università di Salerno, nato a L'Aquila
nel 1931, di Salvatore Cingari, docente presso l’Università per Stranieri di
Perugia, nato a Firenze nel 1966, di Luigi Alonzi, docente presso l’Università
di Palermo, di Francesco Barra, docente presso l'Università di Salerno, nato ad
Avellino nel 1947, di Lorenzo Arnone Sipari, storico, nato a Roma nel 1973.
La posizione di Benedetto Croce rispetto al
brigantaggio, come del resto la storia del suo pensiero politico, è
estremamente frastagliata, sinusoidale e stratificata.
Nell’Ottocento vi furono tre movimenti che
si contesero la scena politica: quello dei democratici, quello dei legittimisti
monarchici, quello dei liberali. I democratici ritenevano che solo attraverso
la partecipazione del popolo si potesse realizzare una rivoluzione dal basso in
grado di rovesciare le monarchie. I legittimisti monarchici sventolavano invece
il vessillo del popolo fedele al Trono ed all'Altare. I liberali propendevano
per un progetto di riforme graduali adottate da ceti dirigenti illuminati,
negando alle masse qualsiasi seria azione politica. Sulle posizioni dei
liberali si attestava sostanzialmente Benedetto Croce.
L’interesse di Croce per il brigantaggio è
testimoniato dalla pubblicazione di vari saggi, che vengono ripresi e
aggiornati nel corso degli anni, mutando talvolta la sua opinione sui briganti.
Nel 1912 (ma già ricerche erano state
effettuate nel 1897) viene pubblicato il libro Angiolillo, sul capobrigante Angelo Duca, nato nel 1734. In esso si
metteva in risalto il “lato sociale” del brigante, ma altrove dallo stesso
Croce era stato scritto che «esagerano coloro che nell’opera di Angiolillo
vogliono vedere quasi l’esplicamento di un programma, una ribellione o una
protesta contro l’ingiustizia sociale».
Dopo Angiolillo, nel 1915 Croce dedica una
delle “postille” sulla “Critica, rivista di letteratura, storia e filosofia”,
da lui diretta, all’autobiografia di un altro brigante “buono”, questa volta
post-unitario, e cioè Michele Di Gè,
nato nel 1843. Scriveva Croce: «Consiglio come un buon viatico la lettura della
prosa del contadino e brigante Michele Di Gè. Forse nella lettura di queste
pagine, non solo si ravviverà lo smarrito senso dell’espressione artistica, ma
anche il senso della moralità».
Nella Storia
del regno di Napoli, del 1925, Croce rende omaggio alla forza delle armate
della Santa Fede del cardinale Ruffo, che per lui ebbe un carattere di “classe”
prefiggendosi l’acquisizione dell’altrui proprietà.
Nel saggio su Pescasseroli, del 1910, Croce aveva riportato estesamente le tesi
radicali dello zio Francesco Saverio Sipari, secondo cui il brigantaggio ha
origine nel desiderio dei contadini di elevarsi al di sopra delle proprie
disperanti condizioni sociali.
Nel periodo che Croce fu influenzato dagli
studi sul marxismo vien dato più credito al nesso fra brigantaggio e questione
sociale.
Nel 1936 però Croce firmava su “La Critica”
una breve nota intitolata Nuova ondata d’affetto
pei briganti. In essa si legge: «L’idealizzazione, che dei briganti e di
altri delinquenti si fece per malintesa passione di libertà dal romanticismo,
aveva questo a sua scusa: che era fatta per la prima volta, sotto l’impulso
dell’animo esacerbato e della sconvolta immaginazione, in modo irriflessivo e
ingenuo. Ma queste che se ne fanno ora sono calcolate invenzioni, che i
documenti storici smentiscono, o sono viete combinazioni teatrali». Chissà cosa
avrebbe scritto Croce oggi che moltissimi ritengono che i briganti siano stati insorgenti
che hanno lottato per la loro terra, la loro patria, la loro famiglia.
Per Croce poi la «via della salute per
l’Italia meridionale era nell’unione con quella del settentrione, più
progredita e civile»; giustificando così l’invasione piemontese del 1860 del
Regno delle Due Sicilie, ripetendo le vere calcolate invenzioni, che i
documenti storici smentiscono.
Benedetto Croce era nato a Pescasseroli (L’Aquila
in Abruzzo), nel 1866; morì a Napoli nel 1952.
Rocco Biondi
Deputazione abruzzese di Storia
Patria, Benedetto Croce ed il
brigantaggio meridionale: un difficile rapporto, Edizioni Colacchi,
L’Aquila 2005, pp. 104
Nessun commento:
Posta un commento