Il
prete brigante è don Donato De Donatis, nato nel 1767 a Fioli, frazione di
Rocca Santa Maria, in provincia di Teramo, regione Abruzzo; morto ucciso dai
francesi nel 1807. Nel libro si parla dei fatti avvenuti a Teramo, e paesi
vicini, dal 6 dicembre 1798 e alla fine di aprile 1799, nei quali il De Donatis
ebbe parte importante, in quanto capo degli insorgenti contro i francesi che avevano
occupato, in quegli anni, il Regno di Napoli. Cooperò quindi con il cardinale
Fabrizio Ruffo alla conquista antifrancese di Napoli, facendo ritornare in
quella città il re Ferdinando IV di Borbone.
Un libro originale, che trasferisce al
campo della ricerca storica la metodologia tipica del vecchio rito processuale
penale, mutuando da quello lo schema dell’indagine. È un processo immaginario
che offre uno spaccato di vita abruzzese e marchigiana, narrando avvenimenti
lontani nel tempo, ma ricchi di interesse ancora oggi. Lo scenario è quello di
un processo con il presidente, il giudice a latere, la corte popolare, il
rappresentante della Pubblica Accusa e il difensore dell’imputato. I testimoni
sono storici che hanno scritto di quel periodo, contemporanei ai fatti e
successivi fino ai giorni nostri.
Durante il procedimento penale vengono
esaminate le molte accuse contro don Donato De Donatis: usurpazione di comando
militare, costituzione di banda armata, devastazione e saccheggio, omicidio
plurimo, violenza privata contro i giacobini, truffa e uso di atti falsi.
Fra i testimoni vi sono, a detta della
pubblica accusa, quelli di parte “giacobina” (Tullj e Delle Bocache), di parte
“neutrale” (Januarii e Palma), di parte borbonica (De Jacobis).
Giacinto Tullj è autore del manoscritto
“Minuta relazione dei fatti seguiti in Teramo dall’anno 1798 al 1814”.
Carlo Januarii è autore della cronaca
manoscritta dal titolo “Avvenimenti seguiti nel Teramano dal 1798 al 1809”.
Angelo De Jacobis è autore della relazione manoscritta
“Cronaca degli Avvenimenti di Teramo ed altri luoghi degli Abruzzi dal 1796 al
1823”.
Omobono Delle Bocache è autore della “Cronaca
degli Abruzzi (1798/1808)”.
Niccola Palma è autore dell’opera “Storia
Ecclesiastica e Civile della Regione più settentrionale del Regno di Napoli
detta dagli Antichi Praetutium, ne’ bassi tempi Aprutium, oggi Città e Diocesi
aprutina”.
Vengono sentiti molti altri testimoni. Fra
essi il più significativo è Luigi Coppa Zuccari, che negli anni 1928/1939
pubblica l’opera dal titolo “L’invasione francese negli Abruzzi”, che raccoglie
in quattro volumi e ben 5035 pagine tutto ciò che è stato scritto e quasi tutti
i documenti di quel drammatico periodo storico. Viene ascoltato anche il
generale Pietro Colletta, che partecipò alla difesa della Repubblica Partenopea
(proclamata a Napoli nel 1799 ed esistita per alcuni mesi) e fu autore
dell’opera dal titolo “Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825”.
Si parla, per l’accusa, della Ragione
illuministica, di Napoleone Bonaparte, dell’Armata d’Italia, della bandiera
tricolore italiana, della Repubblica Partenopea, di Eleonora Fonseca Pimental.
Per la difesa, si parla di briganti: Giuseppe
Costantini (Sciabolone), Giovanni Fontana e figli, Gennaro soprannominato
Cappuccino, del vescovo di Teramo: monsignor Luigi Maria Pirelli.
Nella discussione finale viene data la
parola alla pubblica accusa, che si scaglia contro l’imputato De Donatis,
facendo proprio quanto detto e scritto dai testimoni d’accusa. A cominciare dal
Tullj, che durante l’interrogatorio aveva esclamato: «Quali orridi ceffi si
vedevano nella masnada di De Donatis! I mostri dell’Africa avevano l’aspetto
meno truce di coloro». E ancora: «La vita, che menava il De Donatis, fatto
prelato, è quella di un immondo animale».
La perorazione della difesa, a favore del
De Donatis, si sviluppa in ben cinque udienze. Questo intervento, che l’autore
Santoro magistrato di cassazione fa fare all’avvocato della difesa, è quello
che lui pensa del De Donatis e del brigantaggio in generale.
La difesa, prima di addentrarsi nel
processo, parla in rapida sintesi di tre condizioni storico-ambientali nelle
quali si muoveva il prete brigante. La prima riguarda le profonde differenze
che caratterizzavano l’assetto sociale del Regno di Napoli rispetto a quello
della Repubblica francese. La società francese era organizzata in tre “stati”:
la nobiltà, il clero, la borghesia, la quale ultima comprendeva le libere
professioni e le attività commerciali, artigianali, agricole oltre al popolo
minuto. Nel Regno di Napoli invece vi era una profonda frattura fra i due ceti
della borghesia: la cosiddetta borghesia appunto ed il popolo minuto. La
seconda condizione concerne le ragioni che favorirono la resistenza armata
antifrancese delle classi più umili, in risposta alla pessima condotta delle
truppe di occupazione. La terza condizione attiene al comportamento del De
Donatis che difende il Trono e l’Altare allora esistenti.
Entrando poi nel merito, l’avvocato della
difesa afferma che suo intento non è far assolvere l’imputato per insufficienza
di prove, ma accertare le ragioni per le quali un oscuro parroco di montagna
sia potuto balzare agli onori della Storia e sia stato addirittura caldamente
raccomandato dal Re di Napoli all’attenzione del Pontefice romano.
La difesa fa notare che le fonti
manoscritte sono tutte opera di religiosi (la cultura era appannaggio di pochi
e tra questi pochi spiccavano i religiosi); lo stesso Palma era un canonico.
Quest’ultimo annotò l’opera del Tullj con glosse chiamate “Note al Tullj”. In
esse il Palma mentre prede le distanze dalle valutazione negative sul vescovo
Pirelli non fa altrettanto per quanto riguarda il De Donatis.
La difesa poi prende in esame i singoli capi
di accusa, dimostrandone di ognuno l’infondatezza.
Nel libro non vi è una sentenza conclusiva,
che viene lasciata dall’autore al pubblico dei lettori. Noi facciamo nostro
quello che l’avvocato difensore afferma nella conclusione della sua lunga
arringa: «… è giunto il momento di considerare il De Donatis non già e non
soltanto come “prete brigante”, ma anche, e soprattutto, come “prete patriota”».
Anzi affermiamo che i due termini, prete brigante e prete patriota, coincidano.
Rocco Biondi
Corrado Santoro, Prete brigante, Edigrafital S.p.A, Sant’Atto di Teramo 1999, pp.
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