L’abate
Domenico Sacchinelli fu segretario del cardinal Ruffo e lo seguì nelle sue
imprese del 1799. Nacque a Pizzoni in Calabria nel 1766 e morì a Monteleone
(oggi Vibo Valentia in Calabria) nel 1844. Pubblicò le “Memorie” nel 1836, con
osservazioni sulle opere di Cuoco, di Botta e di Colletta.
Il libro di Controcorrente contiene una
introduzione, di XLIII pagine, di Silvio Vitale.
Fabrizio Ruffo era nato a San Lucido
(provincia di Cosenza in Calabria) il 16 settembre 1744, dal duca Litterio
Ruffo e dalla principessa Giustiniana Colonna. Papa Pio VI nel 1791 lo creò
Cardinale dell’Ordine de’ Diaconi. Morì a Napoli il 13 dicembre 1827.
Il re Ferdinando IV, fuggito da Napoli per
Palermo il 22 dicembre 1798, nomina il cardinal Ruffo, con diploma datato 25
gennaio 1799, Vicario Generale e le accorda l’alter ego per conservare al Regno
di Napoli le provincie non occupate dai giacobini e riconquistare quelle invase
a cominciare dalla capitale Napoli.
Sacchinelli nelle sue “Memorie” narra gli
avvenimenti del 1799, che vedono protagonista il cardinal Ruffo, integrandoli
con molti documenti. E contesta il modo in cui tali avvenimenti vengono narrati
nelle opere di Vincenzo Cuoco, Carlo Botta e Pietro Colletta; spesso anzi,
scrive il Sacchinelli, sono da essi totalmente inventati.
Il Ruffo è un abile condottiero di
un’armata eterogenea, e cerca di contenere da parte dei suoi soldati i
saccheggi e gli episodi di efferatezza, propri di una guerra civile.
Il Ruffo fa sostituire gli alberi della
libertà, eretti dai giacobini, con la Santa Croce e, scrive il Sacchinelli,
«per virtù di questo glorioso segno superò egli tutti gli ostacoli, evitò tutte
le insidie, vinse i nemici della Religione e del Re, e ripristinò in Napoli il
culto cattolico e la Monarchia sotto l’Augusta Dominazione de’ Borboni».
L’8 febbraio 1799 il Cardinal Ruffo sbarcò
in Calabria, accolto da trecento uomini armati. In pochissimi giorni si
riunirono a Palmi circa venti mila uomini, altrettanti a Mileto. Vi erano
ecclesiastici di ogni grado, ricchi proprietari, artisti, lavoratori della
campagna, e purtroppo «per isventura vi erano degli assassini e de’ ladri,
spinti da spirito di rapina, di vendetta e di sangue».
Il primo marzo fece il suo ingresso in
Monteleone (Vibo Valentia). Con i soldati e i bassi ufficiali del vecchio
esercito borbonico formò tre battaglioni di seicento uomini l’uno. Vi erano
anche formazioni con struttura a massa (non militari) e miste (militari e a
massa).
Con questo esercito, e con altri che strada
facendo si erano uniti, occupò la Calabria Ultra, fino a Crotone, dove molti uomini
saccheggiarono la città e dopo abbandonarono il Ruffo.
Con circa sette mila uomini, il 5 aprile,
guadò il fiume Neto e si riversò nella Calabria Citeriore, che occupò.
Successivamente con dieci battaglioni di
cinquecento uomini l’uno (tutti soldati del vecchio esercito borbonico sbandato),
la cavalleria che possedeva milleduecento cavalli, cento compagnie di truppe
irregolari di cento uomini ciascuna, e altri, si riversò in Basilicata. Tutti
quegli uomini che erano armati alla meglio, senza idonei ufficiali e senza
istruzione militare, avevano però buona volontà e coraggio. In quell’armata non
vi era timore di tradimenti, «perché tutti animati dallo stesso spirito ed
impegnati per la stessa causa; e se alcuno di equivoca condotta veniva ad
unirsi, era scoverto, arrestato, o ucciso».
Vennero occupate la Basilicata, con Matera
(allora capoluogo) e Melfi, e le Puglie, con Altamura, Gravina, Ascoli Satriano.
Il Ruffo fu in contatto con i capi
abruzzesi borbonici: Giuseppe Pronio per Chieti, Giovanni Salomone per
l’Aquila, Donato de Donatis per Teramo. Invitò i fratelli Coletta (Mammone) e
Michele Pezza (Fra’ Diavolo) a far passare tra Capua e Terracina, in Terra di
Lavoro, francesi e patrioti che andavano via dal Regno di Napoli.
Fra i briganti che combatterono con il
cardinal Ruffo vi furono Angelo Paonessa (Panzanera), Gerardo Curcio (Sciarpa)
e il comandante Nicola Gualtieri (Panedigrano), nominato più volte da
Sacchinelli.
Vengono inoltre trattati nel libro
avvenimenti ed operazioni avvenuti dal 13 giugno al 10 luglio 1799, tra i quali
l’arrivo e occupazione di Nola, Portici e Napoli. In quest’ultima città furono
presi il forte di Vigliena, il castello del Carmine, il ponte della Maddalena,
il Castello dell’Uovo, il Castello Nuovo.
La presa di Napoli, prima che la flotta
degli inglesi, alleati del Regno di Napoli, arrivasse, creò qualche problema,
che fu comunque risolto.
Il Re Ferdinando IV, la mattina del 10
luglio 1799, fra gli evviva generali, arrivò nel golfo di Napoli.
Tutto questo il Sacchinelli narra nel primo
e secondo libro; un terzo libro, annunciato, che avrebbe contenuto le vicende
del Ruffo dal 1800 alla sua morte, non vide mai la luce.
Silvio Vitale chiude la sua introduzione al
libro in questo modo: «Contro le tante figure che infoltiscono il campo
rivoluzionario giacobino del 1799, quella del Ruffo si staglia al di sopra di
tutte con l’evidenza del protagonista».
Rocco Biondi
Domenico Sacchinelli, Memorie storiche sulla vita del Cardinale
Fabrizio Ruffo, Controcorrente, Napoli 1999 [seconda edizione 2004], pp.
327
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