Il
tenente Pompeo Di Terlizzi, nato a Spinazzola (Bari) nel 1922 e morto nel 2010,
è stato nell’arma dei Carabinieri dal 1941 al 1983, dove ha lavorato presso il
Museo Storico dell’Arma dedicandosi alla ristrutturazione dell’Archivio Storico
e alla speciale Biblioteca.
Nel libro, pubblicato nel 1997, difende ed
esalta l’operato dei Carabinieri durante quella che ritiene una guerra civile
contro i briganti, descritti come avvoltoi, masnadieri, mostri, criminali,
feroci. Non senza incorrere in contraddizione quando afferma che “spesso nel
commentare il brigantaggio meridionale 1861-1870 prevale la poca onestà
dell’informazione di certuni e la proterva volontà di altri a presentarli in
modo distorto se non ostile per motivi ideologici: eppure quella tragedia
popolare e nazionale aveva bisogno di ben altro sentimento”.
Ma altrove afferma che “si ritiene che non
meritano l’appellativo di conquistatori o di invasori stranieri le forze armate
impegnate nel Sud, e soprattutto si rifiuta paragonarle con le «SS» naziste né
si conviene accomunare ai partigiani italiani, coloro che con gesta sanguinarie
e bestiali eccessi, aggredirono quei soldati che sacrificarono le loro vite per
formare la nazione, anzi la Patria degli italiani”. Dimenticando però di dire
che quei soldati erano venuti ad invadere ed annettere il Regno delle Due
Sicilie, senza che vi fosse stata nessuna dichiarazione di guerra.
Il Di Terlizzi poi sostiene che il
brigantaggio nella storia di Napoli è un fenomeno endemico che è sempre
esistito, rispuntando con maggiore virulenza ad ogni mutazione politica. E non
solo, anche nel primo decennio postunitario tale fenomeno è esistito anche nel
nord e nel centro Italia. Anzi, scrive il Di Terlizzi, nelle province
dell’Italia settentrionale e centrale, con una popolazione inferiore a quella
delle province del Mezzogiorno, i carabinieri uccisi furono ben 449, contro i
280 delle province meridionali dove infieriva il brigantaggio scatenato oltre
che dalla miseria, dal legittimismo borbonico. Forse sarebbe ora, conclude Di
Terlizzi, che i giudizi e le sentenze artificiosi o ideologici emessi nel tempo
vengano riveduti e corretti.
Le fonti da cui si attinge in quest’opera
sui Carabinieri sono le Circolari Periodiche (redatte trimestralmente dai
comandi delle legioni territoriali dei carabinieri ad uso interno, in cui si
sintetizzano i fatti più salienti a cui avevano preso parte i carabinieri,
compresi quindi anche quelli sul brigantaggio), l’Albo delle ricompense ai
componenti dell’Arma per la partecipazione ad eventi significativi nella lotta
contro il brigantaggio, i Rapporti che le varie Legioni dei Carabinieri
inviavano ai Comandi superiori ed ai Ministeri competenti (copia di essi è
presente nel Museo Storico dei Carabinieri di Roma), i Dispacci telegrafici che
venivano inviati in seguito a fatti significativi dai vari Comandi militari.
Nel libro sono riportati cronologicamente
alcuni dei fatti sul brigantaggio avvenuti nel primo decennio postunitario, ai
quali i Carabinieri hanno preso parte nel reprimerli. Notiamo che quei fatti
sono visti dalla parte dei Carabinieri, esaltandone talvolta spropositatamente
la loro partecipazione. Vengono riportati principalmente i nomi dei Carabinieri
partecipanti, quelli dei briganti vengono solo accennati. Ecco alcuni dei
capibriganti, brigantesse, legittimisti stranieri, presenti nel libro: Crocco,
Schiavone, Pedrozzi, Cipriano e Giona La Gala, Di Crescenzo, Zappatore,
Piciocchi, Chiavone, sergente Romano, Pizzichicchio, Ninco Nanco, Capobianco,
Caruso, Andreottola, Sacchetiello, Marciano, Pio, Teodoro, Cianci, Stramengo,
Coppa, Coppolone, Manfrè, La Veneziana, Trinchera, Gioseffi, Monaco,
Tranchella, Riccio, Tinna, Giuseppe Lupo, Cillis, Coppolarossa, Cotturelli,
Apuzzo, Tortora, Rubino, Calabrese, De Marzio, Egidione, Canosa, Todera,
Percuoco, Tacca, Malacarne, Martano, Mennuti, Marino, Andreozzi, Tommasini,
Domenico Fuoco, Pace, Guerra, Giuliano, Santaniello, Jacobucci, Primiano
Marcucci, Berardino Viola, Nunzio Taburini, Quintilio Venieri, Scoppitiello,
Cotugno, Cappucciniello, Concezio Argentieri, Cannone, Giardullo, Valente, Di
Sciascio, Ferrara, Delle Donne, Di Majo, Spinelli, Corea, Palumbo, Taddei,
Cerino, Cianci, Venneri, Giosafatte Tallarico, Vulcanis, Gatto, Greco,
Colaiuto, Conforte, Scarapecchia, Donato, Colamattei, Boltrini, Elisabetta
Palmieri, Marina Oliverio, Gioconda Marini, Giovanna Tito, Maria Capitanio, Filomena
Pennacchio, Olimpia Crocco, Rosa Reginella, Carolina Casale, Giuseppa Vitale,
Generosa Cardamona, Rosa Martinelli, Maria Tulino, Marianna Corfù, Rosa
Giuliani, Filomena Soprano, Raphael Tristany, Josè Borges, Carlo Mayer, Alfredo
de Trazegnies, De Langlois, Luvarà, Klitsche de Lagrange, De Riviere.
Il libro del Di Terlizzi si chiude con
delle affermazioni che condivido appieno. L’unità della nazione privilegiò le
popolazioni settentrionali. Quelle trassero dall’annessione delle province dell’ex
regno delle due Sicilie solo benefici. A pagare furono le province affamate e
ferite del Sud. La preferenza data all’industria con la realizzazione di opere
e strutture pubbliche per la quasi totalità nelle regioni del nord. La mancanza
di provvedimenti e di impegni socio-finanziari per lo sviluppo delle attività
già esistenti e fiorenti nelle regioni meridionali, attività anzi fatte
decadere a vantaggio di quelle settentrionali. Con la conseguenza, dopo la
tragica guerra civile, della tragedia dell’emigrazione del popolo meridionale,
alla ricerca di un lavoro che il proprio paese non era riuscito a procurar
loro.
Rocco Biondi
Rocco Biondi
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