14 agosto 2006

E' suonata l'ora della pace

In Libano è suonata l'ora della pace. Forse. Nessuna sirena però l'ha annunciata. Alle ore sette italiane del 14 agosto 2006 l'hanno annunciata i ragazzini libanesi tuffandosi felici nelle acque del porto di Tiro e i soldati israeliani abbracciandosi al fronte. Intanto nei 33 giorni di guerra, assurda come tutte le guerre, erano stati ammazzati 1100 persone in Libano, soprattutto civili, e 156 israeliani, tra cui 116 soldati.
Militari israeliani ed hezbollah libanesi, con il cronometro in mano, hanno sparato fino all'ultimo minuto utile, prima dell'ora della tregua fissata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu il giorno prima. Sia gli uni che gli altri, come ha scritto Luca Landò, hanno cercato di ottenere il miglior risultato in termini di metri conquistati, postazioni demolite, nemici abbattuti. Si è fatto di tutto per "completare il lavoro".
Suonata l'ora della pace, migliaia di profughi hanno iniziato a mettersi in marcia per far ritorno nei loro villaggi nel sud del Libano.
Sia gli israeliani che gli hezbollah si sono dichiarati vincitori. E forse hanno ragione entrambi, con la fine della guerra abbiamo vinto tutti.
Gli israeliani hanno comunque ribadito che i loro soldati si ritireranno dal Libano solo quando arriverà la forza internazionale - di cui l'Italia dovrebbe costituire la seconda forza in campo dopo la Francia - forza che impiegherà una decina di giorni per potersi dispiegare.
Gli hezbollah, che hanno accettata la tregua, hanno pure ribadito che continueranno a combattere fino a quando i soldati israeliani non usciranno dal Libano.
La pace sembra di paglia.
Il buon risultato della tregua non deve far dimenticare le responsabilità e gli errori, affinché non possano ripetersi in futuro.
Io continuo ad essere convinto che gli errori più grandi e le responsabilità maggiori delle distruzioni e dei morti sono degli israeliani. E' stata spropositata la loro reazione alle provocazioni degli hezbollah.
Nella sinistra italiana a difendere, senza se e senza ma, la posizione israeliana pare sia rimasto solo Furio Colombo. Ha scritto su l'Unità di domenica 13 agosto 2006: «L'isolamento di Israele nell'opinione di gran parte degli italiani - o almeno dei suoi media - va molto al di là dell'antagonismo con cui di volta in volta si dedica ai Paesi e governi da cui si dissente. Per esempio le sue voci pacifiste sono continuamente ignorate e i suoi grandi scrittori - tutti votati alla pace - vengono anch'essi isolati e ignorati se esprimono solidarietà al loro governo in momento di dura prova». E' ovvio che Colombo si riferisce a voci e scrittori israeliani, che sarebbero stati silenziati dai media italiani.
Ma, ancora una volta, Colombo sulla guerra nel Libano manca di lucidità ed equilibrio. Proprio su l'Unità dello stesso 13 agosto è riportata un'intervista, che l'autore Umberto De Giovannangeli definisce «uno spot all'intelligenza di quei politici che sanno rivedere con coraggio e onestà intellettuale le proprie posizioni». Si tratta di un'intervista all'israeliano Yariv Oppenheimer, parlamentare laburista e leader di Peace Now. In un primo momento aveva pensato che quella contro il Libano fosse una guerra giusta, ma poi ha capito che era un errore. Ed esprime sulle scelte del governo Olmert «un giudizio fortemente negativo. Il governo ha perso la bussola quando ha deciso di ordinare una profonda penetrazione in Libano. In questo modo ha trasformato una guerra nata come atto di difesa dalla minaccia hezbollah in un'avventura militare senza sbocchi se non quello, sciagurato, della disintegrazione territoriale del Libano o della sua rioccupazione».
Colombo farebbe bene a non silenziare queste voci di pacifisti israeliani, e non marginali, che condannano l'intervento israeliano in Libano.
Ma per ora godiamoci la pace, per il massimo tempo possibile.

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