19 luglio 2006

Leggere fa bene all'economia (e Berlusconi?)

Si è tenuto ieri 18 luglio 2006 a Milano il prologo degli Stati Generali dell'editoria 2006, che si svolgeranno a Roma il 21 e 22 settembre prossimi.
E' stata presentata una ricerca effettuata dalle Università di Trento e Bologna, per conto dell'Associazione italiana editori (Aie), intitolata Investire per crescere. Quando la lettura produce competitività economica? I promotori affermano che la ricerca dimostra chiaramente come incrementi significativi dei tassi di lettura producono tassi di crescita della produttività di assoluto rilievo.
Le regioni in cui c'è un più alto tasso di lettura sono quelle che ottengono i risultati economici più positivi.
Le regioni del Nord contribuiscono ad esempio per il 54,02% al PIL nazionale e raccolgono il 53,4% dei lettori; quelle del Centro contribuiscono al PIL per il 21,03% e hanno il 20,24% dei lettori; quelle del Sud contribuiscono per il restante 24,94% al PIL nazionale e contano il 26,2% dei lettori.
Prendendo in esame le singole regioni vien fuori che la Lombardia, ponendosi al gradino più alto, contribuisce per il 18,9% al PIL nazionale e ha il 20% di lettori, mentre è ultima la Valle d'Aosta che contribuisce al PIL per lo 0,3% ed ha lo 0,3% dei lettori. Sorprendentemente è una regione del Nord a trovarsi all'ultimo posto in questa speciale classifica.
Tra i quindici paesi europei l'Italia è al terz'ultimo posto per quantità di libri comprati, solo prima del Portogallo e della Grecia. Sembrerebbe che Italia e Grecia, che hanno dato la civiltà e cultura al mondo intero, ora vogliano vivere di rendita.
La spesa pro capite annua degli italiani per l'acquisto di libri è di 64,95 euro, contro i 208,75 euro della Norvegia, che si trova appunto al primo posto nella spesa per libri. Io allora potrei vantarmi di essere norvegese e forse qualcosa di più.
Nel 2005 gli italiani con più di sei anni di età che dichiarano di aver letto almeno un libro non scolastico nei dodici mesi precedenti erano il 42,3% della popolazione ultraseienne. Un valore che colloca il Paese – e in definitiva il nostro sistema industriale in termini di ampliamento e valorizzazione delle conoscenze e del capitale umano, della produttività e della capacità di generare innovazione – alle spalle delle altre grandi economie europee e nord americane.
In pratica con il risultato della ricerca si vuol dimostrare che chi più legge più riesce a fare soldi. A me qualche dubbio è venuto e nella mente è frullata la domanda: e se è vero il contrario, cioè se a leggere di più è chi ha più soldi per poter acquistare più libri? Ma il dubbio si è subito fugato ricordandomi di Berlusconi, che si è vantato di non aver letto un libro negli ultimi venti anni. Ma allora nasce spontanea un'altra domanda: e come ha fatto a fare tanti soldi senza leggere un libro? Ma forse il Berlusca è l'eccezione che conferma la regola.

“Più cultura, più lettura, più Paese”

2 commenti:

Anonimo ha detto...

mi sa proprio che faresti bene a coltivare il "dubbio", perché sinceramente questi dati sono neutrali e si individuano affatto i nessi causali fra la lettura e l'aumento dell'economica. purtroppo, come hai scritto, è vero il contrario. peccato, però , sarebbe bello se bastasse leggere di più

Anonimo ha detto...

"Ma il dubbio si è subito fugato ricordandomi di Berlusconi, che si è vantato di non aver letto un libro negli ultimi venti anni. Ma allora nasce spontanea un'altra domanda: e come ha fatto a fare tanti soldi senza leggere un libro?"

In maniera onesta certamente, chiedetelo a Taormina.