Dominique
Fernandez, francese, professore d’italiano presso l’università
di Rennes, è nato nel 1929; ha vinto il premio Goncourt. In questo
libro, frutto di un suo viaggio nel sud d’Italia, scrive in quattro
parti di Napoli, del Sud, della Sardegna, della Sicilia.
Il
capitolo sulla “Madre Mediterranea” è inserito nella Sardegna e
parla dei sardi che si tengono alla larga dal mare, troppo materno,
facendo risaltare la loro naturale virilità.
A
noi interessa la parte che parla del bandito Salvatore Giuliano,
intitolata “un eroe”, che va dalla pagina 280 a 297.
Montelepre,
in cui nacque Giuliano, non è un paese di mafia e lui non fu
sostanzialmente un mafioso. Uccise, nel 1943 appena ventenne, un
carabiniere che pretendeva di confiscargli un sacco di grano del
mercato nero. E si diede alla macchia taglieggiando i baroni e i loro
accoliti; le somme estorte venivano distribuite ai contadini e ai
pastori di Montelepre. Per sfuggire alle ricerche della polizia ebbe
bisogno di appoggiarsi alla mafia.
Dal
1943 al 1946 fu attivo tra i separatisti siciliani, che avevano
proclamato essere la Sicilia la quarantanovesima stella degli Stati
Uniti d’America. Fu costituito un esercito di volontari e Giuliano
ebbe il grado di colonnello. Gli fu promesso l’amnistia di tutti i
delitti passati e gliene fecero commettere di nuovi, in nome della
patria “siciliana”; e sterminò tutti carabinieri e soldati
“italiani” che poté. Nel 1946 fu sciolto l’esercito dei
volontari e i suoi capi dichiarati innocenti; tutti tranne Giuliano,
accusato di delitti comuni. Dopo le elezioni regionali del 1947, alle
quali le sinistre riportarono notevoli vittorie, fu giocoforza
allearsi con la Democrazia Cristiana, partito in ascesa, e Giuliano
continuò la lotta anticomunista. Il massacro di Portella della
Ginestra si inserisce in questa lotta. Ma il bandito, come ricompensa
per i suoi servizi, non ricevette né la fedina penale pulita né il
passaporto per gli Stati Uniti. Ed allora si scagliò contro i
monarchici e i democristiani.
Né
l’esercito né la polizia riuscirono ad avere ragione di lui; ci
riuscì la mafia. Giuliano fu ucciso dal suo luogotenente Pisciotta
la notte del 5 luglio 1950. Piscotta fu avvelenato in carcere a
Palermo, prima che dicesse ai giudici quel che sapeva.
Giuliano,
nonostante fosse vanitoso e brutale, è diventato una figura mitica,
un eroe; simboleggiava due idee-forze, che vanno diritto nel cuore:
la ribellione contro lo Stato e il coraggio solitario. Il popolo,
scrive Fernandez, continua a vedere in lui il modello del ribelle e
del prode. Egli resta l’uomo che ha sfidato la mafia, mentre in
realtà fu lo strumento dell’“onorata società”.
I
cantastorie cantano di lui come “figlio di mamma” che è stato
costretto ad uccidere un carabiniere perché quel grano era destinato
a nutrire la sua famiglia: madre, padre e sorella. Attribuiscono a
lui il sentimento cavalleresco, quando restituisce ad un povero
barbiere di tasca propria i soldi che gli erano stati tolti con un
impostura; o quando dà ad un vecchio un bel cavallo sellato, al
posto di una vecchia asina. Inoltre Giuliano viene adornato del
merito della galanteria, quando rende felice sessualmente la
giornalista svedese. Ma dove il mito prende il sopravvento è nel
massacro di Portella della Ginestra; non è stato Giuliano a
uccidere, ma una fatalità che lo ha scelto come strumento.
Giuliano,
dice Fernandez, è l’immagine vivente e patetica della Sicilia, di
volta in volta nelle mani dei greci e dei bizantini, degli arabi e
dei normanni, degli spagnoli e dei borboni, dei piemontesi e della
mafia, quando di volta in volta è giocattolo dei separatisti, dei
baroni, dei monarchici, della Democrazia Cristiana e dei pezzi da
novanta.
La
sorella di Giuliano aveva sposato Pasquale Sciortino, che emigrò in
America poco dopo il massacro di Portella della Ginestra, portando
con sé un memoriale scritto da Giuliano, in cui venivano denunciati
i veri responsabili della carneficina. Si dice che la mafia riuscì a
trovare Sciortino e ad acquistare il compromettente documento.
Giuliano rimase tanti anni invulnerabile finché non fosse scomparso
il pericoloso documento.
Infine
una guida dell’autore gli dice che Giuliano non c’era a Portella
della Ginestra, è stato un altro bandito a organizzare il massacro;
non può essere a volere il massacro un eroe.
Rocco
Biondi
Dominique
Fernandez, Madre Mediterranea, traduzione di Paolo Caruso
dell’edizione francese del 1965, Arnoldo Mondadori Editore, Milano
1967, pp. 324
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