16 maggio 2020

II grassiere, di Raffaele Nigro

Il libro ripropone un’edizione fuori commercio allestita in occasione della rappresentazione del “Grassiere”, prima opera teatrale di Nigro, composta nel 1980 e messa in scena nel 1981. Il lavoro linguistico (già sperimentato in “Giocodoca”) contribuisce a realizzare la fertile contaminazione tra storia e fantasia, che contrassegna gran parte dell’opera di Nigro.
    Aldo De Jaco nella prefazione scrive che il brigante non sarà solo il rappresentante di un’epoca ma incarnerà un atteggiamento di perenne rivolta, che rappresenta la sofferenza e l’oppressione del vivere dei poveri. Il brigante tradirà e taglieggerà e Filomena che è lo spirito della rivolta e della speranza resterà sola.
    Nel primo tempo si narra che il grassiere, l’uomo delle tasse, messo nel Regno delle Due Sicilie dagli spagnoli, sembra morto ad opera di Filomena che gli ha ficcato lo spillone nel cuore ed è sicura di averlo ucciso; ma così non è, perché il grassiere è come l’aria, senza faccia, senza occhi, senza mani. Crocco è accusato dal magistrato di furti aggravati, sequestri, rapine, omicidi, estorsioni, e si difende dicendo che lui è il ragazzo che il padrone fa arrestare dai gendarmi per piccoli furti fatti per sfamarsi.
Nel secondo tempo si parla, tra l’altro, dell’amore di Crocco e Caruso nei confronti di Filomena e di come Crocco la lascia Caruso.
    Nell’intermezzo Caruso giustifica la sua scelta di passare con i piemontesi perché vuole cambiarli da dentro le loro mura e non da fuori, dalla finestra, come fanno i briganti. Il paese aveva bisogno di strade, scuole, ci volevano leggi nuove, e per avere tutte queste cose bisognava entrare in amicizia con questa gente nuova, questi vincitori, entrare dentro il parlamento, comandare insieme a loro. Il fucile non poteva rispondere a tutte queste necessità.
    Nel terzo tempo si assiste ad una vittoria di Crocco. Nel palazzo vescovile si riuniscono il vescovo, il sindaco, il barone, il capitano Borges, insieme a Crocco ed alcuni suoi briganti. Il barone don Ferdinando sponsorizza Borges. Crocco afferma che dopo aver cacciato i piemontesi caccerà pure i borboni.
    Nel congedo finale vien fuori il prosaico compromesso di Pulcinella e Filomena che non cede e i briganti che diventano immortali come il grassiere; anche se i briganti cadranno si rialzeranno: «’nzime si vince o se more briand».
    L’opera si chiude con l’appello di Filomena e i briganti che gridano: «Siamo qua Filomena. Qua, insieme a te...».
    Leonardo Mancino chiude così la sua postfazione: «La poesia è arma contro l’omologazione, contro la repressione e contro l’afasia. L’appello di Filumena ai briganti esce così dal perimetro di un teatro per legittimarsi grido per uno e per i tanti momenti di storia».
Rocco Biondi

Raffaele Nigro, Il grassiere, briganti in scena, Schena editore, Fasano (Br) 1992, pp. 110

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