Il processo beffa di
Maria Oliverio, di Raffaele Caligiuri
È
un romanzo che partendo dalla brigantessa Maria Oliverio detta Ciccilla,
realmente esistita, traccia una storia proveniente dalla tradizione orale, che
l’Autore fa propria immettendo spesso il suo pensiero. Il libro si chiude con
la frase: “La storia è interessante quando il passato serve alle generazioni
future per perfezionarsi e riprendersi”.
A narrare in prima persona la storia nel
libro è principalmente Maria Oliverio, ma spesso anche l’Autore o altri
personaggi.
A uccidere la sorella Teresa con l’accetta
forse non è stata Maria ma il capobrigante Pietro Monaco, stanco di Teresa e
invaghitosi di Maria, che poi sposerà. Ma l’amore fra i due dura poco. Maria
ama poi il nobile Michele, un rapito dalla banda della quale fa parte. Il suo è
un amore carnale, ma anche del cuore, della testa, delle parole; ma Michele non
l’avrebbe capito, per lui era solo sesso e lo avrebbe dimenticato quando
sarebbe stato libero.
Maria Oliverio si era fatta una cultura su
quattro bauli di libri, provenienti dalla famiglia Verga, nascosti nelle grotte
di Cotronei. Libri di filosofia, di autori greci e latini, della Rivoluzione
Francese, dell’Illuminismo, degli italiani: Dante, Boccaccio, Petrarca,
Ariosto, Machiavelli, Guicciardini, Tasso, Leopardi, Manzoni. Aveva anche letto
“Il Capitale” di Carlo Marx. I termini che non capiva andava a cercarne il
significato sul Tommaseo. Poi lesse anche i libri di agronomia e sugli
allevamenti, traendone frutto.
Maria per l’Autore rappresenta in pratica
quello che avrebbero dovuto essere gli abitanti del Sud, Pietro invece quello
che erano i briganti.
Intanto Pietro s’invaghisce di Rosa e
lascia Maria, che diventa in pratica capobanda. Maria rimane gravida di
Michele, e Rosa di Pietro; ai due bambini avrebbero messo appunto i nomi
Michele e Pietro.
Rosa tramite un transfert si crede Maria
Oliverio e come tale viene condannata prima a morte, poi la pena gli viene
commutata nei lavori forzati a vita ed infine graziata. Pietro Monaco era stato
ucciso da un amico brigante. Maria Monaco, sotto altro nome, vive, ormai vecchia,
nel marchesato crotonese e dice “non posso fare nulla per risollevare con altri
mezzi gli altri, se non con i libri, e la sera in casa mia c’è un’altra ‘chiesa’
piena di giovani ai quali leggo e rileggo le opere di Marx e della sinistra
Hegeliana, … Di cultura si vive e senza di essa la tirannia e la miseria
domineranno il mondo”.
Rocco Biondi
Raffaele Caligiuri, Il processo beffa di Maria Oliverio,
Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli (CZ) 2003, pp. 290
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