5 giugno 2019

Jennu brigannu, di Vincenza Costantino


Jennu brigannu, di Vincenza Costantino

Anche il teatro si è interessato dei briganti. Il libro è il testo di uno spettacolo, che narra di briganti calabresi. È composto di solo 80 pagine.
     L’autrice si dice in debito a Vincenzo Padula, a Nicola Misasi, a Carlo Alianello, a Amerigo Vespucci, ad Angelo Manna, e soprattutto alla nonna da cui ha “ereditato il nome e la memoria dei racconti e dei proverbi calabresi”.
     La lingua è l’italiano, con innesto in alcune parti del dialetto calabrese.
     “I briganti si distinguevano / come anime assetate / di libertà e di giustizia, / oltrecché affamate dai soprusi dei baroni. / Essi sorgevano per difendere / i deboli contro i forti, / gli oppressi contro gli oppressori, / i giusti contro gli ingiusti…”.
     Si parla dei briganti Pietro Monaco, Marianna Oliverio, e delle “tenebrose e puntute pinete della Sila”, dove trovarono rifugio Spartaco, Giosafatte Tallarico, Domenico Palma, Pietro Gatto, Jaccapitta, Seinardi, Acciardi…
     Il libricino contiene una prefazione, intitolata “Il basso cifrato della calabresità”, di Natale Felice, e una nota dell’autrice.

Vincenza Cotantino, Jennu brigannu. Storie di briganti calabresi, Abramo, Caraffa di Catanzaro (CZ) 2006, pp. 80

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