Nelle
ultime pagine del romanzo si svela il segreto della rosa, di cui al titolo.
È un libro che ha come protagonista un
brigante postunitario Lu Musciu (il
gatto), che nonostante tutto, compreso l’amore, «doveva continuare a lottare
per la sua libertà e per l’uguaglianza sociale, secondo un antico suo desiderio
maturato a fronte delle ingiustizie a cui aveva assistito nelle campagne, nei
confronti della povera gente».
Altri briganti non fanno bella figura. Errico La Morte per esempio, con i suoi
più di cento uomini a cavallo, fa ammazzare il massaro Biasi dietro compenso di
soldi.
Ma il romanzo più che parlare dei briganti
approfondisce lo stato d’animo dei nuovi ricchi, che non si fermano di fronte a
nulla, anche l’omicidio, pur di accumulare terre. Il massaro Angelo Camarda,
proprietario di una masseria vicina al paese di Torre Santa Susanna (il paese
dell’autore in provincia di Brindisi), aveva fatto uccidere un altro massaro
nella speranza di acquistare la sua masseria.
Al Camarda gli erano morti la moglie e un
figlio in giovane età, del quale conservava una pianta di rose, che forse aveva
piantata il figlio prima di morire. Il massaro viveva con due sorelle, una
delle quali fuggì col medico del paese. La figlia Teresa, dopo essere stata sei
anni a Bari, presso una zia, sorella della madre, era tornata in masseria col
padre. A modo loro si amavano.
Teresa fuggì per amore con il brigante Lu Musciu. Il padre massaro, in seguito
a questa che riteneva una sua nuova sconfitta, si suicidò con un colpo di
fucile. Al massaro solo il suo cane gli era rimasto fedele, «lo aspetta ancora…
sempre qui, sotto la loggia, di giorno e di notte e non si stanca di guardare
su, per vedere se s’affaccia il padrone, come ai vecchi tempi!».
Il brigante lasciò la ragazza Tesera per
sempre, per amore. Lei non poteva stare con lui che era un assassino, che aveva
ucciso, aveva rubato; quando fu da lei trovato ferito nel bosco, le aveva
mentito dicendole che si era ferito col fucile da caccia, perché la verità era
che era stato ferito dai gendarmi. Lui la lasciò. Lui rimase tutto così alle
sue spalle, «sino a quando la mano del tempo non avrebbe cancellato ogni cosa,
come accade da sempre in questo mondo».
Il romanzo deve essere letto nella sua
forma letteraria, più che nella successione dei fatti. Mario De Marco, nella
sua presentazione, scrive che si coglie a tratti l’eco del dramma umano del Mastro don Gesualdo di Verga,
l’attaccamento alla “roba”, per la quale si è disposti a tutto, sacrificando ad
essa morale e sentimenti, si è disposti a tradire e perfino ad uccidere.
Protagonista del romanzo, ancora per De
Marco, è «il delicato sentimento d’amore per una donna che non giudica, non
condanna inappellabilmente, ma crede e sa che è possibile la rinascita, è
capace di contribuire a spezzare la spirale distruttiva di sé e degli altri».
Rocco Biondi
Antonio Trinchera, Il segreto della rosa, Edizioni del
Grifo, Lecce 1999, pp. 224
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