Sulla
copertina vi è il disegno dei ritratti di Carmine Crocco e dell’autore del
romanzo Vincenzo Labanca, volendo significare che il brigantaggio continua fino
ai giorni nostri. Verso la fine dell’ultimo capitolo vi è la frase gridata da
Fiore d’Autunno a Libero: “Non dovrai essere tu l’Ultimo Brigante”. I Briganti
vi saranno sempre finché al mondo vi saranno padroni e servi.
Nel post scriptum della prefazione si dice
che questo romanzo è la naturale prosecuzione di “Un Brigante Chiamato Libero”
edito nel 2003, a firma dello stesso Autore.
Il volume è frutto prevalentemente della
fantasia e della creatività dell’Autore; ma essendo un romanzo storico
personaggi, luoghi, eventi sono quasi tutti realmente esistiti, pur dandone una
interpretazione che si discosta da quella degli storici dei vincitori.
Il romanzo ha come protagonista Carmine
Crocco, del quale si narrano le gesta da quando era Generale di circa tremila
uomini, che combattevano contro i piemontesi, a quando morì nel carcere di
Portoferraio dell’Isola d’Elba il 18 giugno 1905, all’età di 75 anni.
Si narra della mancata presa di Potenza,
anche per i contrasti fra Borges e Crocco e per il tradimento del Generale La
Chiesa, che dai borboni era passato ai piemontesi. Si parla della cattura e
della fucilazione di José Borges, con i suoi sedici compagni, a Tagliacozzo.
A Lagopesole la banda di Libero era
diventata, dopo quella di Ninco-Nanco, la più numerosa dell’esercito dei
briganti, che continuava ad assottigliarsi sempre più. Nel dicembre 1861 i
briganti di Crocco si erano ridotti a quattrocentosedici. Ad ogni capobrigante
Crocco diede un ordine. Ninco-Nanco, con i suoi uomini, ricevettero l’ordine di
procacciare il cibo per tutti. Donato Tortora di fare la legna per riscaldarsi,
fare il pane e cuocere i cibi. Michele Ferramosca (Coppolarossa) ristrutturare
il castello di Lagopesole. A Libero fu affidato l’incarico di allestire una
infermeria. Le brigantesse, a cui fu affidato il compito di cucinare, erano
cinquantadue.
Nel 1862 il pugliese Sergente Romano
convoca per il febbraio una riunione straordinaria dei capibriganti nel
bosco-pantano di Policoro, alla quale viene invitato anche Crocco, che vi
partecipa. Intervennero, fra gli altri, il Principe Luigi, Chiavone, Cannone,
Schirripa. Il tema dell’incontro fu “Difendersi o Attaccare”. Il Sergente
Romano era per attaccare i piemontesi. Il Principe Luigi era per la Difesa.
Negli interventi che seguirono alcuni si schierarono col Sergente, altri col
Principe. Le due tesi furono messe ai voti. Vinse per pochi voti quella del
Principe Luigi, e cioè difendersi ed aspettare. Schirripa invece era per la
terza via, fuggire in America.
Chiese di parlare anche Crocco, che passò
in rassegna tutte le posizioni, non rinnegandone nessuna e non sposandone
alcuna. Comunque Crocco era per rimanere sul territorio, disseminandolo di
piccole bande, che all’occorrenza potevano unirsi; non bisognava più
taglieggiare la popolazione, ma le masserie dei Galantuomini traditori e le
diligenze dei soldati piemontesi; bisognava aprire vie diplomatiche per
ingraziarsi l’appoggio del Papa e quello delle superpotenze europee.
Ma Crocco non aveva terminato il suo
discorso, quando arrivò la notizia che i piemontesi avevano assaltato il suo
accampamento al castello di Lagopesole. Lasciò subito la riunione e si
precipitò verso Lagopesole. Tutti i capibriganti lo seguirono andando in suo
soccorso. Crocco con uno stratagemma fece arrendere i piemontesi. Intanto
Pasquale Romano aveva attaccato i piemontesi. La battaglia fu lunga e
sanguinaria ma non la descriveremo, scrive l’autore Labanca. Questo libro è, e
vuole rimanere, un romanzo d’amore: l’amore di un reietto per il suo martoriato
Popolo Lucano (Crocco) e l’amore per la Libertà di uno studente di medicina
(Libero).
Si celebrò il matrimonio fra Libero e Fiore
d’Autunno, impersonando lui il Sogno, completamente vestito di bianco, e lei il
Destino, vestita di nero.
I Briganti, a detta del Papa Pio IX, erano
stati inventati dai Re Borbonici. Erano stati i Briganti che avevano riportato
l’ordine nel 1799, che avevano cacciato i francesi di Napoleone nel 1806, che
avevano riportato Ferdinando II sul trono di Napoli nel 1836. E quando i
briganti da soli non sono bastati, affermava Pio IX, è intervenuta la Santa
Madre Chiesa a dar loro una mano.
E proprio al Papa pensò Crocco, quando
ormai era rimasto con dodici uomini e aveva perso ogni speranza di poter
vincere i piemontesi. Quasi tutti questi uomini furono uccisi in vari scontri.
Gli erano rimasti Libero, il Sogno di un uomo, e Fiore d’Autunno, il suo triste
Destino! Con questi due raggiunse Roma il 25 agosto 1864. Libero rimase libero.
Fiore d’Autunno forse venne uccisa.
Crocco, che non venne trattato come
sperava, fu rinchiuso prima nel Castel Sant’Angelo, poi nelle Carceri Nuove
delle Terme di Diocleziano. Venne poi consegnato ai francesi; il 25 aprile 1867
fu condotto a Civitavecchia, da lì a Marsiglia, poi a Parigi dove fu
interrogato, di nuovo a Marsiglia. Fu riconsegnato allo Stato Pontificio, che
lo rinchiuse nuovamente nelle Terme di Diocleziano. Fu condotto poi nella Torre
di Paliano (in provincia di Frosinone), dove fu trovato dalle truppe piemontesi
nel settembre 1870, quando occuparono lo Stato Pontificio. Nel 1871 fu
trasferito nelle carceri di Avellino, dove rimase per tredici mesi. Nel 1872
venne trasferito a Potenza, dove venne processato e condannato, nell’agosto 1872,
ai lavori forzati a vita.
Rocco Biondi
Vincenzo Labanca, L’Ultimo Brigante. La Leggenda di una Storia
vera, Siris Editore, Rivello 2004, pp. 328
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