Questo
è un romanzo scritto a quattro mani; i due autori, Vincenzo Labanca e Iuri
Lombardi, che in realtà non si conoscono e che non si sono mai incontrati fino
alla pubblicazione del libro, scrivono alternativamente un capitolo; comincia,
dopo aver tirato a sorte, Vincenzo, che si attribuisce il ruolo femminile
(dandole il nome di Marta) e scrive il capitolo I, spedendolo per e-mail a Iuri
il quale fa raccontare ad Andrea (protagonista maschile) gli stessi fatti
narrati da Marta, visti però da un’angolazione maschile; avremo così due
capitoli uno, due capitoli due, e così di seguito fino al capitolo tredicesimo;
Iuri però non si limita a far raccontare ad Andrea il contenuto del capitolo I
ma fa narrare il contenuto di un capitolo II, andando avanti con il racconto e
dando così il contributo della sua fantasia; Vincenzo fa scrivere a Marta il
suo capitolo II e un capitolo III; Iuri poi farà scrivere ad Andrea i capitoli
III e IV; e così di seguito; il tutto poi viene spedito per e-mail. È un
romanzo che si sviluppa quindi via web.
In comune i due romanzieri avranno
l’argomento (il brigantaggio), i personaggi (un uomo e una donna), il mestiere
dei due (saltimbanchi), il luogo e l’anno (Lucania 1861). La trama invece si svilupperà
capitolo per capitolo.
La grafia delle lettere di scrittura sarà
diversa per Marta e per Andrea. Totalmente in corsivo saranno invece i due
capitoli XIII, nei quali si descrive la fine dei personaggi del romanzo ed i
nomi veri di Marta ed Andrea e di chi li fa parlare.
Molto si apprende nel romanzo dei Briganti
veramente esistiti.
All’indomani del 1860, anno nel quale
avvenne la cosiddetta Unità d’Italia, che sapeva tanto di annessione o meglio
ancora di conquista del Sud da parte del nord, Marta ed Andrea facevano a
Perugia (Umbria) i saltimbanchi («artisti di strada che non sanno mai oggi quel
che faranno domani»). Decisero nel 1861, a determinate condizioni, di scendere
al Sud, dove c’era stata una feroce rivolta contadina con migliaia di morti e per
incontrare quindi i Briganti.
Avevano come compagni di strada e
protagonisti degli spettacoli, insieme a loro, un asino di nome Oreste e un
cagnolino bianco e nero di nome Napoleone.
«Il saltimbanco deve saper ridere per finta
e piangere per davvero, scrivere sull’acqua e parlare col vento, saltare,
ballare, far finta di recitare anche di fronte all’indifferenza del mondo».
Arrivarono a Sicignano degli Alburni, ora
in provincia di Salerno, furono ospiti per qualche giorno di un mugnaio, che
raccontò la sua triste storia: il suo figlio maggiore e la moglie erano morti,
degli altri due figli uno era diventato soldato con i piemontesi e l’altro
brigante.
Entrarono poi in Lucania, nella terra dei
Briganti, che non erano feroci assassini ma solo dei partigiani senza speranza.
Incontrarono il prete Don Giacomo di
Laurenzana, che i saltimbanchi dubitarono sempre se facesse la spia dei
piemontesi o dei briganti.
I primi Briganti che incontrarono furono
quelli capitanati da Pasquale Trinchella, soprannominato Malomo, che divenne
brigante per non fare il soldato con i piemontesi.
I saltimbanchi, facendo il loro mestiere,
furono ospiti per oltre due mesi del Barone Berlingieri, padrone del Bosco-Pantano.
Berlingieri era il più cattivo di tutti i Galantuomini, che inizialmente si
erano schierati con i Briganti, sostenendoli finanziariamente e proteggendoli,
ma poi erano passati con piemontesi; alcuni galantuomini avevano smesso di
finanziare i Briganti ma continuavano a proteggerli ed a nasconderli
all’interno delle loro proprietà, altri non solo non li finanziavano ma nemmeno
li proteggevano, altri ancora non li finanziavano non li proteggevano e li
catturavano per consegnarli alle autorità piemontesi e riscuoterne la taglia.
Saltimbanchi veri erano i Galantuomini.
Fuggono poi dal Barone e vanno a finire
nella banda del capobrigante Antonio Franco, che aveva come sua donna Serafina,
figlia primogenita di Don Prospero Ciminelli, padrone e sindaco di San Severino
Lucano; Serafina aveva gettato all’aria ogni privilegio per seguire il
Brigante.
Nel romanzo poi si parla del Generale
spagnolo José Borgés e del Generalissimo dei briganti Carmine Crocco, del loro
modo differente di vedere la lotta contro i piemontesi.
Il libro si chiude con i due capitolo XIII;
apprendiamo che Marta (fatta parlare da Vincenzo Labanca) in realtà si chiamava
Giuliana e Andrea (fatto parlare da Iuri Lombardi) si chiamava Valerio. I due
(Marta e Andrea) torneranno a lavorare insieme a Perugia.
È un romanzo che si legge piacevolmente
dall’inizio alla fine. Merita di essere letto.
Rocco Biondi
Vincenzo Labanca – Iuri Lombardi, Briganti & Saltimbanchi. Due storie in
una al tempo dei Briganti, romanzo, SiriS Editore, Rivello (Potenza) 2008, pp.
352
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