Inorch
Scorangef, da ricerche effettuate da Marabello, è un anagramma di Ronchi
Francesco (sia pure con una “c” al posto della “g”); uno pseudonimo quindi. Le
ragioni per usare questa prudenza non mancavano. Il Ronchi era stato un giudice
borbonico, nato nel 1801, caduto in disgrazia. Voleva evitare una pubblicità
indesiderata ed una eventuale schedatura come oppositore politico. Il pamphlet
contro la legge Pica, pubblicato nel 1865, poteva esporre l’autore all’accusa
di aver somministrato “notizie e aiuti di ogni maniera” a favore del
brigantaggio; e comunque poteva cadere sotto il maglio della censura, che
colpiva ogni pubblicazione “che dispiacesse al governo del momento”.
Il libro, dopo una introduzione di Edoardo
Vitale e una prefazione di Nicola D’Argento, contiene un saggio di Marabello, nel
quale si espongono le motivazioni che lo hanno portato a scrivere sulla legge
Pica e a sottrarre dall’oblio del tempo, pubblicandolo, il coraggioso pamphlet
del Ronchi. Ma la parte forse più significativa sono le ricche e corpose note,
che contengono notizie su personaggi e fatti che in qualche modo hanno avuto a
che fare con il brigantaggio postunitario. Infine sono raccolti in appendice
tredici significativi documenti attinenti all’argomento del libro.
Palesemente illegittima fu l’imposizione,
tramite invasione, dell’autorità sabauda sui territori del Regno delle Due
Sicilie, che manifestò la propria opposizione riuscendo a mettere a dura prova
per molti anni un esercito di almeno 120.000 uomini e 80.000 guardie nazionali.
La famigerata legge Pica va considerata come lo strumento con cui l’invasore
venuto dal nord cercava di soffocare la ribellione delle popolazioni del Sud e
non certo come un mezzo per ripristinare la legalità. Il Brigantaggio non fu
fenomeno esclusivamente criminale, come volle far credere la propaganda imposta
dal governo sabaudo, ma fu un anelito alla libertà.
La legge Pica fu un vergognoso atto di
forza che istituiva la pena di morte e la politica del sospetto. Veniva ucciso
chiunque venisse trovato con un’arma in mano e veniva inviato al domicilio
coatto chiunque venisse sospettato (anche con accuse anonime) di favorire in
qualsiasi modo il brigantaggio. Era funzionale a questo modo di agire
l’equiparazione dei briganti ai camorristi, con cui i piemontesi, dopo l’esito
dei plebisciti-farsa, cercavano di allontanare sul piano internazionale
l’immagine di non essere ben accetti alla popolazione del Sud.
Questa legge poi conteneva una vera e
propria aberrazione giuridica, laddove limitava la sua validità alle sole
province proclamate “infestate dal brigantaggio” e non alle altre, violando
quindi il principio d’uguaglianza della legge albertina, cui diceva ispirarsi
il Regno sabaudo. Due pesi e due misure quindi, che facevano tornare molto
utile la volontà di disconoscere ogni valenza politica alla lotta di resistenza
in atto nell’ex Regno delle Due Sicilie.
Il quadro d’assieme della struttura dell’appello
agli elettori, dettato dallo Scorangef in occasione delle elezioni per la
seconda legislatura del Regno d’Italia, si compone di tre capitoli, ripartiti
in 87 capoversi complessivi, e reca un corredo finale di 50 note. Lo stile
dello scritto è fortemente aulico, pieno di citazioni erudite, che solo una
persona che per motivi professionali ha dimestichezza di aule giudiziarie può
avere. Nel primo capitolo si attribuisce lo “sgoverno delle floride provincie
Meridionali” alla “ignoranza delle Storie patrie e della legislazione delle
accuse segrete”. Nel successivo capitolo, esaminando la “universalmente
esecrata Legge Pica” che ha data la stura ad una serie d’ingiustizie
legalizzate, viene attaccato l’artefice (Pica) di quella che si ritiene essere
una vera mostruosità giuridica. Nell’ultimo capitolo si svolge un raffronto con
alcuni fatti analoghi verificatisi in Firenze a partire dal XIV secolo.
La prima nota del testo dello Scorangef
riporta un lungo articolo di una rivista inglese, tradotto in italiano,
riservato alle vicende italiche. In esso si legge, tra l’altro, che “il Conte
di Cavour ha fondato la egemonia piemontese e sono da essa derivati tutti i
mali, che pesano ora sulle provincie meridionali. Lo scontento generale e
profondo delle provincie meridionali, come la miseria che le affligge, deriva
dall’essere esse state ingannate nelle loro speranze, ferite nel loro amor
proprio e nei loro interessi, compiutamente mal governate. L’indirizzo, che il
governo ha seguito sin ora riguardo alle provincie meridionali, non è italiano,
non nazionale, non giusto, non fraterno; ma per lo contrario interamente
piemontese, di consorteria, di partito e dannoso alla intera Penisola”.
La quarta nota riporta il testo delle tre
leggi sul brigantaggio votate dal parlamento: la prima del 15 agosto 1863, la
seconda del 7 febbraio 1864, la terza del 24 dicembre 1864, che prorogava le
leggi Pica e Peruzzi fino al 31 dicembre 1865.
Le note di Marabello alle 50 note dello
Scorangef sono ben 128.
E a proposito delle note consiglierei, per
una prossima auspicata ristampa, che esse fossero poste a piè delle relative
pagine, per poter consentire una lettura quanto più facile del libro. Come pure
consiglierei la traduzione dal francese in italiano del testo dell’appendice IX
(Decreto 17 settembre 1793).
Gaetano Marabello, La Legge Pica (1863-1865). I crimini di
guerra dell’Italia Unita nel Sud. La testimonianza di Inorch Scorangef,
Controcorrente edizioni, Napoli 2014, pp. 200. € 10,00
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