I “fuochisti” che vorrebbero portare il Sud alla riscossa continuano ad aumentare in numero quasi esponenziale. Testimonianza ne sono libri, giornali, convegni, ma soprattutto siti internet che si fanno portavoce di movimenti e associazioni che fanno del meridionalismo il loro campo di ricerca e di azione. Lino Patruno nel suo libro ha selezionato alcuni autori significativi, che fanno parte di questa “ribollente galassia”, e li ha seguiti lungo vari percorsi di storia, di protesta, di proposta. Sono i “nuovi briganti” del Sud, non più armati di fucili ma di megafoni digitali che diffondono la conoscenza, stimolano le coscienze, suscitano la reazione.
Ecco alcuni nomi di “nuovi briganti”, scelti fra i tanti citati da Patruno: Pino Aprile, Gigi Di Fiore, Dora Liguori, Gennaro De Crescenzo, Vincenzo Gulì, Fara Misuraca, Alfonso Grasso, Nicola Zitara, Franco Tassone, Michele Ladisa, Francesco Romano, Domenico Iannantuoni, Enzo Riccio, Antonio Ciano, Beppe De Santis, Massimo Tartaglia, Girolamo Foti, Renato Rinaldi, Andrea Santopietro, Salvatore Musumeci, Giuseppe Scianò, Silvio Vitale, Edoardo Vitale, Pippo Callipo, Alessandro Romano, don Paolo Capobianco, Nando Dicè, Pietro Golia, Paolo Guaglione.
Lungo la strada verso la conoscenza della verità la prima grande muraglia che si cerca di abbattere è quella delle bugie risorgimentali. Viene lanciata e motivata una serie di “non è vero” contro le affermazioni degli storici ufficiali, asserviti ai vincitori piemontesi. Non è vero che il Regno d'Italia, proclamato dal Parlamento di Torino il 17 marzo 1861, non potesse avere connotazioni diverse; persino Cavour e Napoleone III pensavano a tre Regni confederati: quello dell'Alta Italia, quello dell'Italia Centrale, quello delle Due Sicilie. Non è vero che l'annessione del Regno delle Due Sicilie fu decisa col plebiscito; il Regno fu conquistato con le armi, senza neanche una dichiarazione di guerra. Non è vero che i garibaldini, sbarcati in Mille in Sicilia, divennero in breve tempo 53 mila per l'apporto entusiastico della popolazione; la massoneria siciliana mise a disposizione l'apparato mafioso, tantissimi soldati sabaudi misteriosamente “congedati” indossarono la “camicia rossa”, alcuni meridionali si unirono a Garibaldi per la promessa poi non mantenuta di assegnazione delle terre. Non è vero che i soldati borbonici rinunciarono a combattere; fu loro scientificamente impedito di combattere dagli ufficiali borbonici comprati e passati con i piemontesi. Non è vero che Garibaldi fosse quell'eroe senza macchia e senza paura del quale la retorica risorgimentale ha sempre parlato; fu invece un impostore e vile servo della monarchia sabauda. Non è vero che il Sud ebbe una rappresentanza adeguata nel nuovo Parlamento nazionale, eletto il 27 gennaio 1861; per prima cosa a votare fu solo meno del 2 per cento della popolazione italiana ed i pochi eletti meridionali erano rappresentanti dei proprietari terrieri e dei notabili locali, che avevano appoggiato l'annessione per difendere i loro privilegi, contro il popolo e i contadini meridionali. Non è vero che il brigantaggio postunitario sia stato un semplice fenomeno delinquenziale; non si spiegherebbe perché i piemontesi impiegarono contro di esso 120 mila uomini; fu invece una rivolta sociale del popolo nel tentativo di farsi riconoscere i propri diritti ed anche una vera guerra civile contro l'occupazione piemontese; i briganti ebbero dalla loro parte la popolazione, che li aiutava in ogni modo, altrimenti non si spiega perché i piemontesi impiegarono dieci anni per sconfiggerli. Non è vero che le atrocità furono commesse solo dai briganti, anzi le loro erano solo una difesa contro le atrocità ben più gravi compiute dall'esercito piemontese; ecco come Patruno sintetizza le atrocità perpetrate in quegli anni dai piemontesi contro i meridionali: «Cadaveri evirati o fatti a pezzi, teste mozzate e infilate in cassettine per mostrarle in giro o infilate su pali per lezione a tutti, impiccagioni con i corpi lasciati a penzolare per giorni, crocifissioni, donne stuprate e sbudellate, donne legate nude a disposizione della truppa e lasciate morire nella vergogna e nel dolore, briganti inchiodati alle porte o agli alberi, torture, paesi e masserie bruciati con i loro occupanti, famiglie separate per sempre e deportate, decine di migliaia di profughi in fuga, intere greggi sterminate, raccolti incendiati, saccheggi, depredazioni»; senza distinzione tra vecchi e bambini, uomini e donne, preti e suore; per i piemontesi erano tutti briganti.
Poi quando nel 1870 il brigantaggio fu sconfitto cominciò la grande emigrazione di massa dal Sud: «o briganti o emigranti».
Il Sud nel 1860, al momento dell'Unità, economicamente non stava male; vantava un molto evoluto sistema finanziario; i titoli delle Due Sicilie erano trattati nelle principali piazze finanziarie d'Europa. Il Regno delle Due Sicilie, con 9 milioni di abitanti, possedeva i due terzi di tutto l'oro del resto d'Italia, che contava 22 milioni di abitanti; cioè 443 milioni di lire-oro sui 664 milioni di tutta l'Italia unita. Se si tiene conto delle lire-oro trafugate al Banco di Napoli, delle ricchezze personali sottratte al re Francesco II e degli interessi da allora ad oggi, è stato calcolato che la rapina fatta dai piemontesi a danno dei meridionali ammonta a 500 miliardi di euro; se poi si aggiungono le razzie dell'esercito piemontese rientranti nella criminalità comune si arriva a 1500 miliardi di euro.
Dopo di allora fu fatta vivere ai meridionali del Sud un'atroce Via Crucis, costringendoli a percorrere le quattordici stazioni di cristiana memoria: dalla flagellazione alla sepoltura. Le tasse dalle cinque esistenti nel Regno delle Due Sicilie divennero 37 (trentasette): il Sud pagava più del Nord, i ricchi vivevano sulle spalle dei poveri, il Nord sulle spalle del Sud. Fu adottata la tariffa doganale piemontese, che diede un colpo mortale all'industria meridionale, favorendo l'industria del Nord e la concorrenza estera. Con l'accettazione acritica dell'ideologia liberale le opere di bonifica del territorio vennero affidate a privati del Nord che programmarono tenendo presente il contesto padano: pianure e grandi fiumi. Nel 1887 il governo Crispi impose la tariffa protezionistica, utile all'industria ormai concentrata al Nord e mortale per l'agricoltura del Sud. Iniziò l'esodo biblico della Grande Emigrazione meridionale: si calcola che oltre venti milioni di meridionali abbiano abbandonato l'Italia; le loro rimesse arricchirono soprattutto il Nord, che piazzò i suoi prodotti al Sud dove veniva crescendo la capacità di consumo. Poi le politiche speciali per il Sud furono sterili inganni: rattoppi per non cambiare nulla. Le Grandi Guerre del '15-18 e del '39-45 furono fatte per favorire le industrie belliche del Nord; i meridionali ebbero solo morti; al Nord andarono anche i milioni di dollari degli Alleati per i danni di guerra al Sud. Con il fascismo il Sud fu abbandonato a se stesso: niente interventi statali, niente opere pubbliche, niente sostegno all'industria e alle banche; i miserabili meridionali se ne vadano in Etiopia ed in Abissinia. Nel dopoguerra nascono nel Sud le famose «cattedrali nel deserto», Italsider di Taranto in testa; scende l'occupazione al Sud che in quegli impianti ne impiegava poca, sale al Nord nelle industrie manifatturiere che alimentano gli impianti. Nel Sud l'intervento straordinario sostituisce quello ordinario. L'ultima stazione della Via Crucis meridionale è il federalismo fiscale imposto dalla Lega Nord: chi sta bene (il nord) starà meglio, chi sta male (il sud) starà ancora peggio.
Ma una volta conosciuti i fatti e presa coscienza della subalternità alla quale ci hanno costretti, noi meridionali cosa dobbiamo fare? Lino Patruno e i movimenti meridionali alcune proposte le fanno. Il primo passo è la formazione di meridionali finalmente consapevoli, fieri, radicati, arrabbiati e dotati di grande senso di appartenenza verso il loro territorio. Il Sud deve costituirsi in maxiregione autonoma o in Stato indipendente con gli stessi confini del Regno delle Due Sicilie, deve tornare unito per sommare le enormi risorse del territorio (petrolio, energie alternative, agricoltura, turismo) gestendole in modo proprio e con la propria soggettività. Bisogna costruire alleanze con chiunque abbia a cuore il riscatto del Sud e sia alternativo alla “casta risorgimentale” di destra, centro o sinistra. Bisogna partecipare al superamento del berlusconismo.
Il Sud ha bisogno di “nuovi briganti”.
Il racconto della ribollente galassia dei Movimenti meridionali - conclude Lino Patruno - annuncia una insurrezione non soltanto delle coscienze.
Rocco Biondi
Lino Patruno, Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2011, pp. 206, € 14,00
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