5 marzo 2003

Un digiuno contro la guerra

Il cristianesimo vuole sottrarre il digiuno ad ogni ritualità esteriore per ricondurlo al suo significato più interiore e profondo. Ma ecco che Giovanni Paolo II, di fronte alla minaccia incombente della guerra, chiede un digiuno visibile, proclamato e corale, che coinvolga i credenti di ogni fede e tutti gli uomini di buona volontà.
Anche nella tradizione dei pensiero laico il digiuno è diventato strumento non violento di denuncia e di protesta.
Ma può un digiuno fermare la guerra?
Per tutti, credenti e non credenti, questo gesto corale proposto dal Papa è una sfida alle logiche degli interessi, della forza e della violenza.
Digiunare per libera scelta, quando tanta parte dell'umanità rischia la morte per fame, è chiamarsi in causa, è definirsi corresponsabili; è riconoscere una condizione di ingiustizia rifiutando che un mondo ricco e assediato possa difendere con la forza il suo privilegio; che possa usare per sé solo le risorse del pianeta negando la solidarietà verso i popoli del sottosviluppo e le generazioni future.
Il Papa condanna il terrorismo insieme alla guerra, rifiuta la violenza di ogni parte.
Il suo appello al digiuno e alla penitenza non è contro gli Stati Uniti, non è antiamericano, ma è contro una dottrina che presume, in nome della forza, una investitura a erigersi giudice del bene e del male.
Pietro Scoppola, in "la Repubblica" del 05-03-2003, pag. 1

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