È
un libro, uscito nel 1972, che è stato ristampato più volte. Io recensisco
un’edizione del 1994. L’autore Alianello, a conferma della sua lettura e
narrazione dei fatti avvenuti negli anni immediatamente successivi alla
cosiddetta unità d’Italia, fa parlare citandoli scrittori contemporanei e
testimoni di quei fatti. In modo particolare trascrive brani del liberale Tito
Battaglini (dal suo Il crollo militare
del Regno delle Due Sicilie), del cappellano borbonico Giuseppe Buttà (dal
suo Memorie. Da Boccadifalco a Gaeta),
e dell’Anonimo borbonico (I Napoletani al
cospetto delle nazioni civili).
Si inizia con la sin troppo famosa lettera,
che nel 1851 lord Gladstone inviò ad un suo collega; in essa viene descritta la
fantastica situazione delle carceri napoletane; Gladstone stesso disse che mai
aveva visitato un carcere napoletano, né mai aveva parlato con nessuno dei
prigionieri. Tutto era frutto di sentito dire. Fantasiosa e solo d’effetto la
frase che il governo borbonico rappresentava la negazione di Dio. C’entrava quindi solamente la diatriba
esistente tra Ferdinando II e gli inglesi sulle zolfatare siciliane.
Nel 1859 moriva a 49 anni Ferdinando II e
gli succedeva sul trono del Regno delle Due Sicilie il figlio Francesco II di
23 anni, avuto dal primo matrimonio con Maria Cristina di Savoia. Morta
quest’ultima sposò Maria Teresa d’Austria, da cui ebbe otto figli. Ferdinando
II fu buon padre, buon marito, integerrimo di costumi. Fece costruire molte
opere pubbliche, tra le quali la prima ferrovia in Italia. Con la concessione
della Costituzione ebbe vari problemi politici, che portarono ai tragici fatti
del maggio 1848.
Intanto Garibaldi con i suoi Mille nel 1860
sbarca in Sicilia a Marsala. Tutto era stato preparato e i comandanti
dell’esercito borbonico, comprati, tradirono. Francesco II lascia Napoli e si
ritira prima a Capua e poi a Gaeta. Qui i borbonici tentano una strenua e
gloriosa difesa. Ma l’esercito piemontese, comandato da Cialdini, più forte in
uomini, armi ed appoggi stranieri, con mezzi spesso illeciti, costringono il re
Borbone ad arrendersi e a ritirarsi a Roma.
Chi scrive – dice Alianello nel libro – non
è un legittimista in ritardo: i Borboni, come i Savoia, non ci interessano; al
massimo ci piacerà talvolta confrontare la fine degli uni e degli altri alla
luce della nobiltà degli atti e del valore. E i Borbone vincono di gran lunga.
Siamo reazionari, legittimisti, vecchi,
decrepiti? No: soltanto amici della verità. Sotto i Borbone furono costruite
strade, ponti (fra tutti ricordiamo il ponte sul Garigliano), porti, fari,
arsenali, navi, collegi nautici, scuole, furono fatte bonifiche, furono aperte
industrie. Fra il Piemonte e il Napoletano, il regno di Napoli era incontestabilmente
più florido; i piemontesi incamerarono e portarono via quel che faceva comodo,
soppressero invece quello che poteva dar noia alla concorrenza del nord.
Raggiunta la cosiddetta Unità, al Sud non fu messa più pietra su pietra; le
opere iniziate non furono terminate, quelle che cominciavano a dare già qualche
frutto, interrotte dapprima e poi soppresse. Anche i beni ecclesiastici furono
incamerati dai piemontesi.
I galantuomini continuarono ad arricchirsi;
il contadino invece rimase a bocca asciutta e fu costretto a pagare tasse e
gabelle, triplicate rispetto a quelle dei Borbone.
La guerra iniziata come legittima difesa,
divenne guerra civile, rivolta agraria, reazione, resistenza armata. Dai
piemontesi furono fatte stragi, assedi, ma soprattutto si fucilò, spesso per un
vago sospetto, uomini, donne, vecchi, bambini. Furono bruciati paesi, furono
depredate chiese. La cosiddetta liberazione del sud, ad opera dei piemontesi,
in realtà era conquista, dittatura rabbiosa e violenta, grondante sangue. E la
colpa di tutto questo venne fatta cadere su noi gente del Sud. L’uccisore
incolpava l’ucciso. E nessun cosiddetto meridionalista, secondo Alianello,
compreso il troppo lodato Giustino Fortunato, difese a viso aperto il suo
paese, usando l’arma della verità.
Chi voleva l’Italia una? Se cento erano per
il sì, almeno diecimila erano per il no. E chi era per il sì non era certo il popolo; erano gli
«intellettuali». Il popolo, la rivoluzione italiana non la voleva.
Gli italiani del nord giudicavano quelli
del Sud con disprezzo razzista. E su questo, dice Alianello, si potrebbe citare
una biblioteca intera; e non solo dell’altro ieri e anche di ieri, ma altresì
di oggi e forse anche di domani.
Resta fuori dalla trattazione del libro il
racconto di tutte le ribellioni contadine, che furono centinaia. Ai briganti è
fatto solo qualche accenno. È riportato però un brano de I Napoletani al cospetto delle nazioni civili, che dice: «E questo
nome stesso di brigante, che fu già tanto tristo e abietto, noi lo facciamo
amare dalle anime gentili e lo renderemo glorioso». I briganti se fossero stati
semplici ladri o delinquenti non avrebbero goduto delle simpatie popolari e non
avrebbero potuto resistere per tanto tempo a centoventimila soldati. Il
brigantaggio fu un movimento economico, sociale e politico.
Dai piemontesi furono fatti arresti arbitrari;
si veniva fucilati senza processi regolari; nelle prigioni vi erano individui
che le autorità giudiziarie avevano assolti; in nome del regno d’Italia
venivano effettuate atrocità governative; venivano chiusi nelle carceri madri,
sorelle, parenti dei contumaci alla leva; venivano uccisi giovanetti a colpi di
frusta e di baionetta; venivano arrestati anche quelli dai cui volti si
sospettava fossero delinquenti o renitenti alla leva; furono effettuati
arbitrari domicili coatti e deportazioni varie.
In questo modo, scrive Alianello, si
condannava a morte non uno, due o tre, non il singolo, ma l’intera popolazione.
Si attuava un genocidio.
I piemontesi, complice una storia servile,
nascondevano le loro colpe o si vantavano di esse. Le SS del 1860 e degli anni
successivi, scrive ancora Alianello, si chiamarono piemontesi.
Questo libro è stato scritto per conoscere
la vera storia. Storia non nuova per l’autore, ma degna d’essere scritta per
chi non sa e nemmeno dubita.
Rocco Biondi
Carlo Alianello, La conquista del Sud. Il Risorgimento nell'Italia meridionale, Rusconi Libri, Milano 1994, pp. 282
Carlo Alianello, La conquista del Sud. Il Risorgimento nell'Italia meridionale, Rusconi Libri, Milano 1994, pp. 282
Nessun commento:
Posta un commento