Giordano
Bruno Guerri, autore de “Il sangue del Sud” e “Il bosco nel cuore”, nella
introduzione ha scritto che con questo libro un altro tassello della storia
nazionale è finalmente al suo posto e da qui dovranno partire tutti gli
ulteriori studi e approfondimenti sull’argomento.
Nel libro
le vicende della brigantessa Maria Oliverio, soprannominata Ciccilla, sono
strettamente legate a quelle del marito, il capobrigante Pietro Monaco.
Una
qualche contraddizione si riscontra nella valutazione che il Curcio dà del
brigantaggio in genere e del Monaco in particolare. Prima infatti (pagina 35)
afferma che Monaco non è un delinquente ma un bandito sociale che per due anni ha
dato filo da torcere alla causa dell’unità d’Italia, e poi (pagine 178-179)
scrive che, almeno per quanto riguarda il brigante Monaco, non si può parlare
di guerra civile tra i piemontesi invasori e i briganti; le ribellioni di
questi ultimi non avrebbero assunto un carattere di massa come quelle dei
contadini per il diritto agli usi civici delle terre. Il Curcio quindi pare
schierarsi dalla parte del Risorgimento; afferma infatti (pagina 17) che la
classe contadina meridionale è stata parte dell’Italia Unita.
Maria
Oliverio nacque a Casole Bruzio, provincia di Cosenza in Calabria, il 30 agosto
1841. Il padre era bracciante, la madre filatrice.
Pietro
Monaco nacque a Macchia, frazione di Spezzano Piccolo (provincia di Cosenza),
il 2 giugno 1836. Il padre era un massaro non ricco, che poté permettersi di
dare un’istruzione ai figli. Pietro infatti sapeva leggere e scrivere.
Pietro e
Maria si sposarono quando lei aveva diciassette anni. Il rapporto fra di loro
fu piuttosto difficile, sia a causa del carattere violento ed impulsivo di lui,
sia perché Pietro tradiva la moglie con Teresa, sorella di Maria.
Il 1859
Pietro si arruolò nell’esercito borbonico. Successivamente passa a combattere
per Garibaldi. Agli inizi del 1861 viene richiamato a fare il militare, questa
volta sotto i Savoia. Il Monaco rifiuta e si dà alla macchia, divenendo
disertore e nemico dei piemontesi.
Maria fu
sottoposta a varie persecuzioni al fine di costringere il marito a costituirsi.
Il 27 maggio 1862 segnò il tragico inizio della vita brigantesca di Maria
Oliverio, dopo aver ucciso la sorella Teresa con quarantotto colpi di scure.
Nel processo tutti i testimoni affermano che Maria era di indole buona. Solo la
gelosia l’aveva spinta a quell’atroce delitto.
Curcio
avanza l’ipotesi che Pietro Monaco avesse probabili legami con i piemontesi. Si
inserisce in questi legami l’uccisione del capobrigante Leonardo Bonaro, vicino
alle posizioni dello spagnolo Borges e dei Borbone. Secondo queste ipotesi
Monaco non sarebbe filoborbonico.
Maria
Oliverio fu coinvolta in prima persona in tutte le imprese brigantesche di cui
Pietro Monaco fu protagonista. Maria però non tollerava le violenze verso le
vittime dei sequestri.
Un
sequestro particolare avvenne ad opera della banda Monaco nell’ottobre 1862. Ne
furono vittime una neonata di appena un anno, la nutrice che la stava
allattando e il marito di quest’ultima. La bimba era figlia di Alfonso Gullo.
Seri dubbi si nutrono sull’eccessiva insistenza con la quale il Gullo ribadisce
di non aver pagato i seimila ducati richiesti dal Monaco per il rilascio. La
famiglia Gullo rimarrà profondamente provata da questa vicenda, con conseguenze
che si potrebbero dire positive in un discendente: Fausto Gullo che, diventato
Ministro dell’agricoltura nel 1944, concesse davvero le terre ai contadini.
Un
sequestro che Curcio definisce di simboli più che di persone è quello
effettuato il 30 agosto 1863 in Acri, provincia di Cosenza, a fine di riscatto.
Ne furono vittime nove persone, tra le quali Mons. Filippo Maria De Simone,
Vescovo di Tropea, che insieme ad altri tre anziani fu liberato il giorno
successivo. Uno dei rapiti fu ucciso; in quel caso Maria fu vista piangere.
Intanto
il 15 agosto 1865 fu approvata la legge Pica, che, oltre ad affidare i processi
ai Tribunali Militari e ad istituire la pena di morte per i reati di
brigantaggio, invitava i briganti alla costituzione volontaria e a fornire
aiuti di ogni maniera, promettendo la riduzione della pena. Approfittando di
questa promessa, due briganti della stessa banda Monaco lo uccisero a fucilate.
I due uccisori De Marco e Celestino avevano commesso più reati di Pietro Monaco.
Maria
Oliverio fu arrestata dai piemontesi il 10 febbraio 1864, tradita da un
brigante che rivelò il suo rifugio. Il processo si svolse presso il tribunale di
Catanzaro, dove pervennero tutti i documenti dei trentadue processi nei quali
Maria Oliverio era stata imputata. Venne condannata a morte; le accuse si
ridussero a cinque più che sufficienti per una condanna capitale. Questa
condanna fu poi commutata nei lavori forzati a vita. La Oliverio forse morì nel
carcere di Fenestrelle, vicino Torino, alcuni anni dopo.
Peppino
Curcio nel narrare i fatti della vita di Ciccilla, oltre a tener conto delle
trascrizioni degli interventi nei tribunali, si rifà anche alla tradizione
orale. Molto ricca, forse troppa, è la documentazione riportata nel libro.
Il libro
si chiude con un’appendice che riporta dodici articoli del giornale “L’indipendente”,
diretto da Alessandro Dumas, e da sette capitoli biografici su Pietro Monaco e
sua moglie Maria Oliverio, sempre del Dumas.
Rocco Biondi
Peppino Curcio,
Ciccilla. La Storia della brigantessa Maria Oliverio, del brigante Pietro
Monaco e della sua comitiva, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2010, pp.
334, € 20,00
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