Di primo acchito il titolo suscita qualche perplessità, ma già leggendo le prime righe se ne capisce il significato e lo si condivide. I meridionali non si sono svegliati perché hanno sentito la puzza, ma si sono accorti della puzza perché si sono svegliati.
La
puzza veniva e viene prodotta dalla monnezza accatastata da decenni,
dall’industria petrolifera, dai fumi degli altiforni per fare l’acciaio, dai
rifiuti tossici interrati e bruciati. Per la maggior parte queste puzze sono
state trasferite al Sud da potentati economici del nord, con la collusione
dello Stato e della mafia. I meridionali hanno cominciato a vergognarsi per
aver accettato per lungo tempo questo stato di cose e cominciano a ribellarsi
con uno scatto d’orgoglio.
Quello
che non è avvenuto in centocinquanta anni, scrive Pino Aprile, sta avvenendo
ora in pochi anni. E per spiegare questo si ricorre alla teoria della rete
sociale. I collegamenti fra i nodi di questa rete formano la comunità, che
unisce più individui che lottano insieme per affrontare e risolvere i loro
problemi. E’ quello che sta avvenendo per l’Ilva a Taranto per salvare lavoro e
salute, a Ercolano per liberarsi dal pagamento del pizzo, all’università
calabrese con l’istituzione del corso di studi di Pedagogia della Resistenza
civile, al quartiere Scampia di Napoli per liberarsi dalla camorra, a Palermo
con l’associazione Addiopizzo per liberarsi dall’estorsione mafiosa, nella
Terra dei Fuochi in Campania per ribellarsi alle discariche abusive dei rifiuti
tossici provenienti dal nord, in Basilicata (Lucania) dove esistono i più vasti
giacimenti petroliferi in terraferma d’Europa che producono tanti residui
tossici, in Calabria per creare lavoro e liberarsi dalla ‘ndrangheta.
La
collusione fra Stato e mafia è documentata. «I soldi dei mafiosi sono serviti e
servono a imprenditori del Centro-Nord per evitare i fallimenti e sfuggire alle
strette creditizie del mondo bancario», scrive il magistrato Nicola Gratteri.
Oggi la mafia è senza confini: saccheggia le regioni del Meridione e investe in
quelle settentrionali. I plurimputati e i colpevoli, stando al governo, usano
il Parlamento per cambiare le leggi e non finire in carcere. Berlusconi,
corruttore di giudici e testimoni, è sfuggito a imputazioni pesanti, solo
grazie a decine di leggi ad personam. Pietro Lunardi, da ministro ai Lavori
Pubblici, ha detto che con mafia e camorra bisogna convivere. Il ministro Clini
ha affermato una grande sciocchezza sostenendo che il rione Tamburi di Taranto
è stato costruito abusivamente a ridosso dell’acciaieria; quelle case popolari
erano già lì quando lo stabilimento fu costruito.
Nel
quartiere Scampia di Napoli, costruito nella seconda metà del ‘900, di circa 40
mila abitanti, non vi è un cinema, un teatro, una biblioteca, una libreria; non
vi è locale pubblico in cui potersi incontrare. E’ diventato il tristemente
famoso quartiere della camorra. Ma gruppi ed associazioni varie lo stanno
riscattando.
E
per il Sud il riscatto non è solo liberazione dal gioco mafioso, ma dilagante
riscoperta della verità storica di come è avvenuta l’unità d’Italia, a tutto
danno dei meridionali. I briganti, che si opposero all’invasione piemontese del
Regno delle Due Sicilie, non sono più considerati delinquenti comuni ma ribelli
positivi in difesa della loro dignità. «Tra brigantaggio, mafia, camorra e
‘ndrangheta non c’è alcun nesso, alcun rapporto», scrive il professor Enzo
Ciconte. E’ una grande sciocchezza affermare che la mafia sia erede dello
sconfitto Brigantaggio post unitario.
L’alleanza
fra economia del nord e delinquenza del sud, stipulata già nel 1860 per
consentire l’invasione del Mezzogiorno e l’unificazione d’Italia, continua
tutt’oggi per consentire alle fabbriche del nord di scaricare i loro rifiuti
tossici al Sud. Nella Terra dei Fuochi in Campania l’arcipelago delle discariche
è sterminato. Per far largo a nuovi rifiuti e tentare di cancellare tracce
compromettenti si usa il fuoco, abusivamente. I roghi bruciano a tutte le ore. Don
Maurizio Patriciello, un grande prete di quella zona, dice: «Dal colore del
fumo e soprattutto dall’odore, sappiamo indovinare cosa brucia: plastica,
polistirolo…». Siamo nel regno dei Casalesi. Tutti sanno chi smaltisce in modo
illegale i rifiuti tossici, ma sanno anche cosa può accadere se li denunci.
Vale più il mercato dei rifiuti che il mercato della droga. Un altro grande
inganno è quello dei termovalorizzatori. Basterebbe fare la raccolta
differenziata per renderli inutili. Ma la camorra non ci sta. E contro la
camorra stanno nascendo tanti comitati, ai quali aderiscono medici, preti,
ambientalisti, attori, economisti, casalinghe, avvocati, attivisti antimafia,
scrittori, disoccupati.
I
cittadini lucani con le loro lotte nel 2003 vinsero contro il governo nazionale
che voleva creare a Scanzano Jonico un deposito di scorie radioattive. I
lucani, scrive Pino Aprile, sono pochi e lenti a muoversi, ma diventano tosti
quando si muovono. Già nel primo decennio post unitario (1860-1870), con le
bande brigantesche del generalissimo Carmine Crocco Donatelli, misero in forse
la conquista piemontese del Sud. Crocco perse, scrive Pino Aprile, perché pur
avendo realizzato una rete molto forte, la fece rimanere chiusa, volendone
rimanere l’unico vero nodo. I successi che Crocco otteneva in Lucania, il
sergente brigante Pasquale Romano li stava ottenendo in Puglia. Ma la mancata
connessione fra i due, scrive Aprile, fu l’inizio della fine di entrambi,
invece che per l’occupazione piemontese se avessero combattuto uniti. Oggi, per
la prima volta in Lucania, molti cominciano a chiedersi se per contare e
salvarsi non ci si debba isolare dalla rete del potere nazionale. E questo,
secondo noi, potrebbe essere utile e necessario per tutto il Sud; si dovrebbe
costruire una forza politica senza dipendenza dai partiti nazionali.
In
cinque anni, conclude Pino Aprile, sono stati pubblicati più libri sulla vera
storia dell’unificazione d’Italia, e ne sono state vendute più copie, che in un
secolo e mezzo. Si dedicano vie alle vittime delle stragi savoiarde e ai
briganti. A Villa Castelli (Brindisi) – scrive Aprile – ci si può già
incontrare all’angolo fra via Garibaldi e via Sergente Romano. Nelle università
e agli esami di maturità si presentano tante tesi e tesine che raccontano di
un’altra storia, diversa da quella che finora trovavamo sui libri di storia
scolastici.
Pino
Aprile con quest’altro suo libro continua la battaglia per far conoscere la
vera storia del Sud e promuovere soluzioni per la sua crescita.
Rocco Biondi
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