"Io non faccio qui la
storia del brigantaggio. Noi marciamo dietro al generale Cialdini".
Questa frase del Monnier manifesta chiaramente da quale parte sta. E'
dalla parte dei piemontesi e degli unitaristi, contro il brigantaggio
e i meridionali.
Il libro, pubblicato a
Parigi nel 1862 in francese, nello stesso anno venne tradotto in
italiano. Ebbe grande notorietà e fortuna, stampando molte edizioni.
Io ho fra le mani
l'edizione napoletana di Berisio Editore del 1965, quella
dell'editore romano Borzi del 1969 (ristampa anastatica della seconda
edizione di Barbera editore del 1862), l'edizione del 2001 di Capone
editore di Cavallino (Lecce), l'edizione Osanna di Venosa del 2004,
ed infine l'edizione di Capone & del Grifo del 2005.
L'edizione più vicina a
quella originale francese (che ho potuto consultare in
books.google.it) è quella di Osanna. E' l'unica che traduce e
riporta l'avvertenza iniziale, la nota n. 1 del cap. I, il post
scriptum al libro. Nell'avvertenza Monnier sostiene di aver lavorato
con pazienza e in modo coscienzioso, sforzandosi di essere imparziale
ed esauriente. Io però ritengo che imparziale non sia riuscito ad
esserlo.
L'operazione nuova e più
interessante del libro di Monnier è certamente la pubblicazione che
viene fatta in esso, per la prima volta, del Diario del catalano José
Borges, legittimista borbonico fucilato dai piemontesi a Tagliacozzo
l'8 dicembre 1861. Monnier aveva chiuso la sua storia del
brigantaggio nel novembre del 1861, ma venuto in possesso nel marzo
1862 di una copia del Diario di Borges, la inserisce nel suo libro,
pubblicato verso la metà del 1862.
Il governo italiano aveva
interesse a pubblicare il Diario, in quanto rinveniva in esso
motivazioni a sostegno della propaganda unitaria e contro il fenomeno
del brigantaggio che stava coinvolgendo tutto il territorio dell'ex
Regno delle Due Sicilie. Qualcuno ritiene che Monnier fosse al soldo
del governo piemontese.
Monnier sostiene che nel
Mezzogiorno il brigantaggio sia sempre esistito e nei primi due
capitoli scrive del brigantaggio preunitario, parlando dei briganti
Antonelli, Taccone, Bizzarro, Parafante e del generale murattiano
Manhès che li combatté.
Poi si parla piuttosto
sommariamente del brigantaggio postunitario: dei primi moti negli
Abruzzi dell'ottobre 1860, del legittimista tedesco Lagrange, del
capo brigante Giorgi e del generale piemontese De Sonnaz, del
partigiano legittimista De Christen, di Cipriano della Gala.
Successivamente Monnier
parla del brigantaggio politico, della reazione antisavoia del clero,
del capobrigante della Basilicata Carmine Crocco, del brigante
Giuseppe Nicola Summa, della famiglia aristocratica degli Aquilecchia
che appoggiavano il sogno di restaurazione di Francesco II, della
presenza delle donne nei moti briganteschi, del capobrigante
Chiavone, dei comitati borbonici. Vengono poi elogiate le Guardie
nazionali, schierate dalla parte piemontese. Si parla infine della
repressione operata dai piemontesi contro Pontelandolfo e Casalduni,
due paesi interamente bruciati.
Monnier, prima
dell'inserimento del Diario di Borges, chiude il suo libro con la
seguente affermazione: «Così
i briganti, cacciati dapprima nelle pianure, poi respinti sulle
alture del Gargano, del Matese, di Nola, di Somma, del Taburno, della
Sila, si son resi in frotte, specie i soldati sbandati, i disertori,
i refrattari, dei quali 30 mila almeno son già partiti alla volta
dell'Italia settentrionale».
Monnier era dal suo punto di vista ottimista e riteneva che il
brigantaggio volgeva alla fine. Ma così non fu.
Dovettero passare ancora
parecchi anni prima che il brigantaggio finisse. Il giornalista Max
Vajro, introducendo l'edizione del libro di Monnier edito da Berisio
nel 1965, scrive: «Fucilati
via via i briganti, il brigantaggio non morì, permanendo i motivi
sociali e politici che lo avevano fomentato».
Monnier, nato in Italia a
Firenze da padre francese e madre svizzera, naturalizzato svizzero,
scriveva in francese; di formazione cosmopolita, soggiornò a lungo
in Italia, gli fu concessa la cittadinanza onoraria a Napoli, morì a
Ginevra nel 1885.
Marc Monnier,
Brigantaggio: storia e storie, Edizioni Osanna, Venosa 2004,
pp. 162
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