21 maggio 2006

Il codice da Vinci - II

«Sono il mistero e la meraviglia a muovere le nostre anime, non il Graal in se stesso. La bellezza del Graal sta nella sua natura inafferrabile». Concordo pienamente con questa affermazione che Dan Brown mette in bocca a Marie Chauvel alla fine del suo libro. E' questo forse il messaggio "pulito" che Dan Brown ha voluto lanciare con le 523 pagine del suo romanzo thriller. Concordo un po' meno invece con la strada e i mezzi "poco puliti" che ha usati per lanciare il messaggio.
Non ci si salva la coscienza affermando che il libro è un'opera di fantasia e che i personaggi sono di pura invenzione. Cosa diremmo noi se qualcuno scrivendo la storia della nostra famiglia dicesse che nostra madre è una puttana, ma solo per finzione ed esigenze di racconto? Sarebbe legittima la nostra reazione nei confronti di quel ipotetico autore: «Della "puttana" lo dai a tua madre». Con altre parole, è la legittima reazione dei cattolici contro Dan Brown.
Ritengo che sarebbe stato più onesto se Dan Brown avesse epurato il suo racconto dalle invenzioni presentate come storiche. In questa ottica sarebbe stata forse opportuna la soppressione di sei capitoli, dal 55 al 60. L'economia del racconto non avrebbe perso niente. Ma forse ne avrebbe perso la "disonesta" operazione commerciale. Questo forse è il problema vero.
Io, che certamente "chierico" non sono, ritengo che la Chiesa cattolica sia stata, nelle sue reazioni, fin troppo compita e democratica. Immaginate cosa sarebbe successo nel mondo se Dan Brown avesse scritto qualcosa di simile contro Maometto.
Sul sito dell'Opus Dei hanno mille ragioni da vendere quando scrivono: «Essendo un'istituzione maschilista, si ripete nel libro, la Chiesa aborrirebbe il femminino sacro di cui la Maddalena sarebbe portatrice. Peccato che, in cinquecento pagine abbondanti, l'autore non abbia trovato spazio per ragionare un po' sul ruolo dell'altra Maria, la Madre di Gesù, figlia del suo Figlio e corredentrice».
Altra storia è quella dell'accusa di plagio contro Dan Brown, avanzata da due autori inglesi che sostenevano che il bestseller fosse stato "copiato" da un loro saggio del 1982.
L'Alta corte di Londra ha dato torto ai due autori. L'accusa nei confronti di Brown era di aver copiato il tema centrale da The Holy Blood and The Holy Grail di Michael Baigent e Richard Leigh, tradotto in Italia con il titolo Il Santo Graal.
Brown, nella sua deposizione, aveva ammesso di aver letto il libro di Baigent e Leigh mentre faceva ricerche per Il Codice (questo fatto appare anche nel cap. 60 del romanzo), ma aveva spiegato che era una delle fonti usate, e che non aveva preso dal saggio l'idea del suo romanzo.
Ora andrò a vedere il film, per capire come le parole del romanzo siano state tradotte in immagini.

Codice Da Vinci: molti soldi, poca qualità
"Il Codice da Vinci" non è plagio. Dan Brown vince la causa

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