Il libro è un supporto di carta che intende parlare al suo lettore. Ogni libro sottende una domanda, quasi preghiera: “Leggimi! Leggetemi!”.
I libri vogliono essere presi, mangiati, ingoiati, divorati. Qualunque sia il loro gusto: dolce o amaro, di miele e di fiele.
Il filosofo Jean-Luc Nancy, in un volumetto pubblicato da poco, dal titolo Del libro e della libreria – Il commercio delle idee, ha scritto: «La santità del libro, in generale, consiste nel fatto che il libro, allo stesso tempo, si pone e si impone ogni volta come un’entità data, compiuta, integrale e non modificabile, pur aprendosi liberamente alla lettura che non la finirà mai di aprirlo più ampiamente o più profondamente, di dargli mille sensi o mille segreti, di riscriverlo alla fine in mille modi. La fecondità del volume si sviluppa in una gravidanza interminabile».
I libri contengono delle combinazioni inestricabili che ogni lettore di volta in volta tenta di ricomporre secondo un proprio codice personale.
La biblioteca è un luogo, quasi sacro, dove, materialmente o immaterialmente, gli autori si incontrano con i lettori, gli editori si incontrano con gli autori e i lettori, gli autori si incontrano fra loro, dove i libri si incontrano con i lettori, dove il lettore si incontra con gli altri lettori, dove anche chi non vi entra, senza saperlo viene toccato e quasi coinvolto da chi vi è entrato.
In una biblioteca avviene quello che accade, come ha scritto Umberto Eco nell’introduzione al “Dizionario Bompiani delle Opere e dei Personaggi”, tra chi possiede una grande biblioteca e i libri in essa contenuti. «Molti sono quelli – scrive Eco – che non ha mai letto eppure, la volta che un libro sicuramente non-letto capita tra le mani e lo si sfoglia, si ha l’impressione di conoscerne già il contenuto, come se lo si fosse frequentato a lungo».
Umberto Eco ritiene che tre siano le possibili soluzioni a questo mistero.
«La prima è che i libri, quando sono amorosamente contemplati, accarezzati, maneggiati, anche solo per pulirli o spostarli negli scaffali, trasmettono per virtù misteriosa, attraverso i polpastrelli, il loro sapere a chi li ama.
«La seconda risposta è che si crede di non aver mai letto quel libro, ma nel corso del tempo, magari aprendolo a caso (per pulirlo o spostarlo), a furia di sguardi casuali e fugaci, si finisce per aver assorbito buona parte di quel che dice».
«Ma più persuasiva mi pare la terza soluzione. Quel libro non lo si è mai letto, ma nel corso degli anni se ne sono letti o scorsi molti altri, che da quel libro sono stati ispirati, e ne hanno ripetuto (talora piattamente, talora in modo problematico) le idee o le situazioni. Ed ecco che attraverso altre fonti si è assorbito il sapere (o la follia) di quel testo originario».
Questa corrispondenza di amorosi sensi tra il libro e chi lo possiede, di cui parla Umberto Eco, spiega il piacere che prende tanti, ed io sono uno fra questi, nell’acquistare libri, anche se si sa che non verranno mai letti.
Una biblioteca, sia pubblica che privata, è come una grande strada che non porta da nessuna parte, se non di libro in libro, se non dentro noi stessi.
Il libro, nel tempo, ha avuto diversi materiali come supporto. Cera, legno, papiro, pergamena, velina, monitor, si è sempre però trattato di una materia tenera, di uno spessore morbido e duttile che si lascia incidere o stampare, che accetta il segno e trattiene la traccia, ma sempre fragile e fuggevole, fino al perenne oblio.
I libri non sono mai invadenti, parlano solo se li interroghi, non ti chiedono mai niente, se si ha bisogno di consigli sanno darti quello giusto, se si è tristi riescono a risollevarti, se si è affranti ti leniscono il dolore, si lasciano trasportare ovunque per farti compagnia, anche quando sei lontano sai che puoi fare sempre affidamento su di loro.
In sintesi e concludendo, i libri sono degli amici fedelissimi.
[Dalla mia relazione tenuta ieri 8 giugno 2006, in occasione dell'inaugurazione della Biblioteca Scolastica Multimediale "Giovanni Neglia", a Villa Castelli]
9 giugno 2006
I libri sono amici fedelissimi
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5 commenti:
Anche a me piace accarezzare i libri che ho letto ...
Ciao, accolgo con soddisfazione l'intitolazione di una biblioteca a Giovanni Neglia. Conservo un'affettuoso ricordo, in ragione del fatto che attraverso le lunghe conversazioni con lui ha saputo indirizzare le mie scelte non solo bibliografiche.
Un affettuoso saluto, Beppe
x beppe. E' ovvio che anche io, che sono stato l'artefice primo della Biblioteca Scolastica Multimediale inaugurata ieri, ho accolto con profonda soddisfazione la decisione presa dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di istituto di intitolare la biblioteca al professore Nino Neglia, mio suocero tra l'altro. Sarebbe ora mio desiderio raccogliere e pubblicare tutti gli scritti inediti del prof. Neglia. Ma, come sai, in queste operazioni pur meritorie ci si scontra sempre con la mancanza di fondi. (A proposito, a che punto è la pubblicazione del tuo libro sulle ricette?).
Ciao, Rocco
Sempre alla ricerca di sponsor, x ora mi limito a postare ricetto nel blog. Forse mi deciderò a pubblicarlo con miei fondi e spero che la rete mi fornisca qualche aquirente. Ciao, Buon fine settimana. Beppe
anch'io penso che il libro è molto di più di un agglomerato di carta; ma non condivido la tua ultima parte del post, quella secondo cui se interroghi un libro esso ti dà sempre la risposta giusta; io penso che il rapporto con il libro è come un rapporto d'amore: c'è bisogno di lealtà.
cmq ho scritto un libro, magari se ti interessa, per saperne di più, puoi visitare il mio blog... una letteradalpassato.blogspot.com
grazie e a presto
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