13 marzo 2014

Il Sud puzza, di Pino Aprile



Di primo acchito il titolo suscita qualche perplessità, ma già leggendo le prime righe se ne capisce il significato e lo si condivide. I meridionali non si sono svegliati perché hanno sentito la puzza, ma si sono accorti della puzza perché si sono svegliati.
     La puzza veniva e viene prodotta dalla monnezza accatastata da decenni, dall’industria petrolifera, dai fumi degli altiforni per fare l’acciaio, dai rifiuti tossici interrati e bruciati. Per la maggior parte queste puzze sono state trasferite al Sud da potentati economici del nord, con la collusione dello Stato e della mafia. I meridionali hanno cominciato a vergognarsi per aver accettato per lungo tempo questo stato di cose e cominciano a ribellarsi con uno scatto d’orgoglio.
     Quello che non è avvenuto in centocinquanta anni, scrive Pino Aprile, sta avvenendo ora in pochi anni. E per spiegare questo si ricorre alla teoria della rete sociale. I collegamenti fra i nodi di questa rete formano la comunità, che unisce più individui che lottano insieme per affrontare e risolvere i loro problemi. E’ quello che sta avvenendo per l’Ilva a Taranto per salvare lavoro e salute, a Ercolano per liberarsi dal pagamento del pizzo, all’università calabrese con l’istituzione del corso di studi di Pedagogia della Resistenza civile, al quartiere Scampia di Napoli per liberarsi dalla camorra, a Palermo con l’associazione Addiopizzo per liberarsi dall’estorsione mafiosa, nella Terra dei Fuochi in Campania per ribellarsi alle discariche abusive dei rifiuti tossici provenienti dal nord, in Basilicata (Lucania) dove esistono i più vasti giacimenti petroliferi in terraferma d’Europa che producono tanti residui tossici, in Calabria per creare lavoro e liberarsi dalla ‘ndrangheta.
     La collusione fra Stato e mafia è documentata. «I soldi dei mafiosi sono serviti e servono a imprenditori del Centro-Nord per evitare i fallimenti e sfuggire alle strette creditizie del mondo bancario», scrive il magistrato Nicola Gratteri. Oggi la mafia è senza confini: saccheggia le regioni del Meridione e investe in quelle settentrionali. I plurimputati e i colpevoli, stando al governo, usano il Parlamento per cambiare le leggi e non finire in carcere. Berlusconi, corruttore di giudici e testimoni, è sfuggito a imputazioni pesanti, solo grazie a decine di leggi ad personam. Pietro Lunardi, da ministro ai Lavori Pubblici, ha detto che con mafia e camorra bisogna convivere. Il ministro Clini ha affermato una grande sciocchezza sostenendo che il rione Tamburi di Taranto è stato costruito abusivamente a ridosso dell’acciaieria; quelle case popolari erano già lì quando lo stabilimento fu costruito.
     Nel quartiere Scampia di Napoli, costruito nella seconda metà del ‘900, di circa 40 mila abitanti, non vi è un cinema, un teatro, una biblioteca, una libreria; non vi è locale pubblico in cui potersi incontrare. E’ diventato il tristemente famoso quartiere della camorra. Ma gruppi ed associazioni varie lo stanno riscattando.
     E per il Sud il riscatto non è solo liberazione dal gioco mafioso, ma dilagante riscoperta della verità storica di come è avvenuta l’unità d’Italia, a tutto danno dei meridionali. I briganti, che si opposero all’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, non sono più considerati delinquenti comuni ma ribelli positivi in difesa della loro dignità. «Tra brigantaggio, mafia, camorra e ‘ndrangheta non c’è alcun nesso, alcun rapporto», scrive il professor Enzo Ciconte. E’ una grande sciocchezza affermare che la mafia sia erede dello sconfitto Brigantaggio post unitario.
     L’alleanza fra economia del nord e delinquenza del sud, stipulata già nel 1860 per consentire l’invasione del Mezzogiorno e l’unificazione d’Italia, continua tutt’oggi per consentire alle fabbriche del nord di scaricare i loro rifiuti tossici al Sud. Nella Terra dei Fuochi in Campania l’arcipelago delle discariche è sterminato. Per far largo a nuovi rifiuti e tentare di cancellare tracce compromettenti si usa il fuoco, abusivamente. I roghi bruciano a tutte le ore. Don Maurizio Patriciello, un grande prete di quella zona, dice: «Dal colore del fumo e soprattutto dall’odore, sappiamo indovinare cosa brucia: plastica, polistirolo…». Siamo nel regno dei Casalesi. Tutti sanno chi smaltisce in modo illegale i rifiuti tossici, ma sanno anche cosa può accadere se li denunci. Vale più il mercato dei rifiuti che il mercato della droga. Un altro grande inganno è quello dei termovalorizzatori. Basterebbe fare la raccolta differenziata per renderli inutili. Ma la camorra non ci sta. E contro la camorra stanno nascendo tanti comitati, ai quali aderiscono medici, preti, ambientalisti, attori, economisti, casalinghe, avvocati, attivisti antimafia, scrittori, disoccupati.
     I cittadini lucani con le loro lotte nel 2003 vinsero contro il governo nazionale che voleva creare a Scanzano Jonico un deposito di scorie radioattive. I lucani, scrive Pino Aprile, sono pochi e lenti a muoversi, ma diventano tosti quando si muovono. Già nel primo decennio post unitario (1860-1870), con le bande brigantesche del generalissimo Carmine Crocco Donatelli, misero in forse la conquista piemontese del Sud. Crocco perse, scrive Pino Aprile, perché pur avendo realizzato una rete molto forte, la fece rimanere chiusa, volendone rimanere l’unico vero nodo. I successi che Crocco otteneva in Lucania, il sergente brigante Pasquale Romano li stava ottenendo in Puglia. Ma la mancata connessione fra i due, scrive Aprile, fu l’inizio della fine di entrambi, invece che per l’occupazione piemontese se avessero combattuto uniti. Oggi, per la prima volta in Lucania, molti cominciano a chiedersi se per contare e salvarsi non ci si debba isolare dalla rete del potere nazionale. E questo, secondo noi, potrebbe essere utile e necessario per tutto il Sud; si dovrebbe costruire una forza politica senza dipendenza dai partiti nazionali.
     In cinque anni, conclude Pino Aprile, sono stati pubblicati più libri sulla vera storia dell’unificazione d’Italia, e ne sono state vendute più copie, che in un secolo e mezzo. Si dedicano vie alle vittime delle stragi savoiarde e ai briganti. A Villa Castelli (Brindisi) – scrive Aprile – ci si può già incontrare all’angolo fra via Garibaldi e via Sergente Romano. Nelle università e agli esami di maturità si presentano tante tesi e tesine che raccontano di un’altra storia, diversa da quella che finora trovavamo sui libri di storia scolastici.
     Pino Aprile con quest’altro suo libro continua la battaglia per far conoscere la vera storia del Sud e promuovere soluzioni per la sua crescita.
Rocco Biondi

Pino Aprile, Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio, Edizioni Piemme, Milano 2013, pp. 404, € 18,50