18 aprile 2009

Gli anni del sole stanco, di Fulvio Capezzuoli

Quello che Capezzuoli fa dire, alla fine del suo romanzo, dall'anarchico Giuseppe alla nipote di Michelina De Cesare, noi possiamo dirlo ai lettori del suo libro. Quello che leggiamo è la storia di chi voleva rimediare ad un'ingiustizia terribile che patirono le genti del meridione d'Italia. Da quell'ingiustizia sono nati molti dei mali che tutt'ora affliggono le terre meridionali. Chi ha ucciso e incarcerato coloro che hanno combattuto quella lotta, ha anche cercato di cancellarne la memoria. Obiettivo del libro è quello di contribuire a raccontare la verità su quello che accadde nel decennio che va dall'unità d'Italia (1861) alla sconfitta del brigantaggio politico e sociale (1870).
I libri di storia ufficiali hanno nascosto quello che veramente avvenne in quegli anni, hanno cancellato il tributo di sangue e di dolore pagato dai meridionali contro gli invasori. I morti di quella guerra furono circa centomila.
Il libro di Capezzuoli si inserisce nei sempre più numerosi studi che tentano di far venire alla luce quello che veramente avvenne in quei tragici anni. Anche se è un romanzo, che per definizione è opera di fantasia, tenta di ricreare un quadro attendibile e verosimile nel quale si svolsero gli avvenimenti in quegli anni. Incontriamo personaggi veramente vissuti. La vita del brigante lucano Carmine Crocco è narrata così come realmente avvenne. Della brigantessa Michelina De Cesare invece, realmente vissuta, viene inventata tutta la storia della sua famiglia e gran parte dei fatti narrati della sua vita e della sua morte.
La struttura del romanzo è scandita da date che titolano i vari capitoli. All'inizio del libro è posta la data dell'epilogo, il 30 agosto 1868, giorno nel quale Michelina De Cesare fu uccisa in un'imboscata dai soldati piemontesi. Il giorno successivo il suo corpo fu esposto nudo nella piazza del paese, insieme ad altri briganti uccisi. Quel corpo nudo e sfigurato venne anche fotografato.
La copertina del libro riproduce una bella brigantessa in costume, stampa all'albumina colorata a mano, che correntemente ed impropriamente viene identificata proprio con Michelina De Cesare. Si tratta invece di una modella, messa in posa dal fotografo nel suo atelier.
La storia narrata nel romanzo comincia nel 1860 con il patto stipulato tra il primo ministro piemontese Camillo Benso di Cavour con degli industriali, per reperire fondi che avrebbero finanziato l'impresa della conquista a tradimento del sud, utilizzando la figura di Garibaldi.
La storia continua con la descrizione della famiglia di Michelina, con la battaglia del Volturno, con le vittorie e le sconfitte delle bande di briganti capitanate da Carmine Crocco, Ninco-Nanco, Agostino Sacchitiello, Francesco Guerra. Si parla poi del ruolo che ebbe la Chiesa di Roma in quelle lotte del sud. Viene descritta la dura ed inumana repressione dei briganti-partigiani del sud ad opera del piemontese generale Cialdini. E' invenzione romanzesca la vendetta consumata dai fratelli di Michelina De Cesare contro il suo traditore. Viene presentata la vicenda personale di Carmine Crocco, che vide coinvolti lo Stato Pontificio e i francesi, fino alla sua morte avvenuta in carcere il 18 giugno 1905, all'età di 75 anni.
Questo romanzo di Capezzuoli ha vinto la 2^ edizione del Premio letterario “Città di Castello”, con la seguente motivazione: «Il primo premio va ad un romanzo che analizza con lucidità il periodo storico successivo all'Unità d'Italia, nel meridione del paese. Attraverso le figure di due “briganti”, Michelina De Cesare e Carmine Crocco, l'autore, con grande forza narrativa, illustra la sollevazione contadina e la sua repressione da parte dello Stato, scoprendo i motivi per i quali questo momento della nostra storia nazionale, è stato completamente cancellato».
Rocco Biondi

Fulvio Capezzuoli, Gli anni del sole stanco, Edimond, Città di Castello (PG) 2008, pagg. 190, € 22,00

15 aprile 2009

Laureati di Villa Castelli

Una significativa manifestazione si è tenuta martedì 14 aprile 2009 a Villa Castelli, in provincia di Brindisi. Nell'aula consiliare del palazzo comunale, invitati dall'assessorato alla Pubblica Istruzione, si sono incontrati i neolaureati di Villa Castelli.
Gli uffici comunali non elaborano una specifica anagrafe dei laureati. Si è dovuto quindi ricorrere ad una estemporanea ricerca da parte dell'ufficio culturale, utilizzando anche il passaparola. Sarebbe cosa molto utile istituire un albo permanente.
I laureati presenti erano una sessantina; non poca cosa per un comune di novemila abitanti.
L'assessore alla pubblica istruzione ed il sindaco hanno sottolineato l'importante ruolo che i laureati oggettivamente svolgono per la crescita sociale, culturale ed economica della comunità locale. Anche se la maggioranza di loro saranno ovviamente chiamati a svolgere altrove la loro attività professionale.
Una trentina avevano conseguita la laurea negli anni 2008 e 2009, altri trenta nei tre anni precedenti. Le lauree si distribuiscono in varie facoltà: nove in Scienze della Formazione ed Educazione, nove in Scienze Sociali e Psicologiche, nove in Giurisprudenza e Scienze politiche, sette in Ingegneria (di cui due in Ingegneria Aerospaziale), sei in Medicina e Salute, cinque in Agricoltura ed Ambiente, cinque in Lettere e Filosofia, tre in Musica e Spettacolo, una in Chimica, una in Beni culturali, una in Scienze diplomatiche.
Varie sono anche le città dove queste lauree sono state conseguite: Bari, Taranto, Lecce, Roma, Milano, Pisa, Perugia, Ferrara, Bologna.
La serata è stata anche caratterizzata da alcuni interventi culturali. Un neolaureato ha recitato un provocatorio monologo tratto dal “Tropico del Cancro” di Henry Miller. Si è esibito un locale gruppo di musica popolare. Vi è stato un intermezzo musicale di artisti del luogo.
A tutti i neolaureati è stato consegnato un diploma di merito che documentava la laurea conseguita. A tutti loro sono stati anche offerti un volume con lo studio sui nomi delle strade di Villa Castelli, una “guida turistica” ed un Dvd sul territorio dello stesso Comune. Tutte e tre queste opere sono state realizzate con finanziamenti della Comunità europea.

11 aprile 2009

Il terremoto, gli sciacalli, le responsabilità

Ognuno di noi reagisce agli avvenimenti esterni in base alle sue esperienze personali, alla sua formazione socio-culturale, alla sua appartenenza politica (purtroppo, rinunciando spesso alla propria coscienza; spero non sia il mio caso). Anche il terremoto abruzzese ha scatenato reazioni variegate e contrapposte. Sintetizzo qui le mie.
Dopo aver subito proclamata la mia scontata solidarietà a tutti quelli che sono stati duramente colpiti dal terremoto, è montata una profonda rabbia contro tutti quelli che hanno costruito le case senza pensare alla salvaguardia della vita di chi quelle case avrebbe abitato, contro chi avrebbe dovuto prevenire e non l'ha fatto, contro chi avrebbe dovuto controllare e non l'ha fatto. Costruttori affaristi senza scrupoli, tecnici forse venduti (ma certamente incoscienti) che hanno rilasciate autorizzazioni che non dovevano, politici che non hanno fatte le opportune leggi di salvaguardia o ne hanno rinviato l'applicazione, amministratori che non hanno rispettato e non hanno fatto rispettare le leggi esistenti. Tutti da inchiodare alle loro responsabilità e da chiamare a rispondere per le loro inadempienze.
Rabbia contro tutti quelli che, dopo le ripetute scosse di avvertimento, anziché dare il dovuto allarme hanno minimizzato e lanciato proclami di pericolo inesistente. Responsabili anche loro delle tantissime tragiche morti.
Rabbia contro chi ha sbeffeggiato ed insultato chi sosteneva che vi erano segnali premonitori di un forte terremoto. Sarebbe stato preferibile un “falso” allarme, con conseguente “esagerata allarmistica” evacuazione, anziché trecento morti rimasti sotto le macerie.
Dopo il tragico evento, poi, mi ha infastidito il sicumerico vanto per l'ultrarapido intervento nei soccorsi. Gli ottimistici proclami stridevano con la triste realtà delle condizioni degli sfollati. Si è fatto molto e bene ma non tutto quello che era necessario.
Il presidente del Consiglio ha annunciato il pugno di ferro contro gli sciacalli-delinquenti. Ma chi ci salverà dagli sciacalli-politici? In questa tragica situazione era inopportuna la quotidiana esibizione mediatica del Cavaliere. Anche questa volta non è stato capace di rinunciare alla politica dell'apparire e dell'apparenza. Nei primi tre giorni di tragedia dieci suoi ministri si sono esibiti di fronte alle telecamere a L'Aquila. La presidente di quella Provincia ha commentato: «Non vorrei che si utilizzasse questa vicenda come una vetrina per le Europee». E' mancato solo un consiglio dei Ministri sotto una tenda. Ma non si sa mai ancora. Di fronte a tanti morti bisognava essere più discreti.
Tutti hanno apprezzato il sermone tenuto dal presidente della Repubblica a L'Aquila. In me ha suscitato qualche perplessità la sua affermazione: «Nessuno è senza colpe». Avrebbe dovuto chiarire meglio il senso di quelle parole. Non vorrei che significassero che, essendo un po' di tutti, in fondo la colpa è di nessuno. Non sono certamente colpevoli gli studenti che sono morti sepolti sotto le macerie dei tre piani della Casa dello studente.
Perché, nonostante le quattrocento scosse che si sono susseguite dal mese di gennaio, nessuno ha mandato un tecnico, un geometra a fare una perizia nelle cinquanta camere che nella notte del terremoto in pochi secondi sono cadute giù. La Casa dello studente ed altre costruzioni che sono crollate o rese inagibili dal terremoto fanno parte delle lottizzazioni che a cominciare dai primi anni sessanta hanno fatto la fortuna di molti palazzinari.
Perché viene fatta slittare di anno in anno l'entrata in vigore delle nuove norme per le costruzioni in zone sismiche? E' ora di dire basta alle “furbate” dei decreti mille proroghe che hanno consentito di costruire l'edilizia civile contro le più elementari norme di sicurezza.
Non sono colpevoli i privati che sono stati traditi fino alla morte nella fiducia riposta nei “tecnici”. Perché si è consentito di impastare il cemento con la sabbia di mare?
Io sono sempre stato contrario al metodo del ribasso d'asta nelle gare d'appalto pubbliche, e non solo nell'edilizia. Per abbassare i prezzi sono state trascurate la qualità e la sicurezza.
Per finalmente capire quanti altri disastri dobbiamo piangere? Io spero che quello delle ore 3.32 di lunedì 6 aprile 2009 sia l'ultimo.
Come pure mi auguro che i tempi della ricostruzione dei paesi abruzzesi colpiti dal terremoto non diventino biblici come quelli di tutti i terremoti precedenti. Nessuna ricostruzione dei terremoti dell'ultimo secolo è ancora terminata. Spero anche che i costi della ricostruzione non si moltiplichino nel tempo all'ennesima potenza. Leggo su un giornale che l'ospedale San Salvatore dell'Aquila, reso inagibile dal terremoto dei giorni scorsi, era stato iniziato nel 1972 con una previsione di spesa di 11 miliardi, ma che la spesa finale fino al 2000, anno dell'inaugurazione, era lievitata a 200 miliardi.
Spero che il dolore immenso di questi giorni non venga dimenticato. Anche i miei occhi sono stati spesso inumiditi da lacrime.