6 maggio 2006

D'Alema Presidente

Il 3 gennaio 2006, nel mio vecchio blog, scrivevo un post intitolato "Toto-Quirinale: D'Alema in testa", che cominciava così: «Dicono che D'Alema, al timone della sua barca, è in testa nella corsa per la conquista del Quirinale. Non mi sorprenderebbe se ce la facesse veramente». Non era né un auspicio, né un desiderio, ma solo una constatazione. Oggi dico che non mi dispiacerebbe se ciò avvenisse. Non ho mai amato D'Alema, ma l'ho sempre stimato. Quando a noi tesserati ci proposero di scegliere tra D'Alema e Veltroni, io scelsi Veltroni.
Mancano ormai poche ore alla soluzione del dilemma: ce la farà o non ce la farà? Pare che il vento stia spingendo la sua barca verso il Colle. Tutti i partiti del centro-sinistra (con l'eccezione della Rosa nel pugno) soffiano in quella direzione.
Ma anche da destra molti indicano vento favorevole. Non sono pochi i dalemiani polisti e di forte calibratura.
Piero Ostellino sul Corriere della Sera ha indicato sei ragioni per le quali lui liberale vota D'Alema. Cito fra tutte la quarta. Con la sua elezione a presidente della Repubblica, si concluderebbe finalmente la lunga transizione dal «fattore K» (la conventio ad excludendum del Pci e dei suoi nipotini) al «fattore D» (la democrazia compiuta). Al Quirinale salirebbe, sì, un ex o post comunista che dir si voglia, ma anche un riformista di stampo europeo, aperto alle logiche del capitalismo, del mercato e della globalizzazione.
Aldo Cazzullo, sempre sul Corriere della Sera, scrive che ognuno di quelli che da destra ama D'Alema ha sue motivazioni: perché è il più politico, perché ha sempre considerato Berlusconi non un demone da esorcizzare ma un avversario con cui trattare, perché da dieci anni progetta di riscrivere con gli altri quelle regole istituzionali che larga parte dei suoi vorrebbe semmai difendere. Soprattutto, D'Alema piace a destra perché come la destra disprezza la sinistra delle emozioni e dei tortellini, dei moralisti e dei giustizialisti.
Ama D'Alema Giuliano Ferrara; il suo Foglio ha aperto la campagna per "Spaccaferro" sul Colle prima ancora della rinuncia di Ciampi.
Fra i sostenitori della prima ora di D'Alema ci sono anche Carlo Rossella e Giano Accame.
Vogliono D'Alema gli ex leader di Potere Operaio Oreste Scalzone e Lanfranco Pace e gli ex dc Francesco Cossiga e Paolo Cirino Pomicino.
Marcello Veneziani confessa di nutrire «da tempo una grande ammirazione per la mente più lucida dei Ds».
Vittorio Emanuele Parsi, editorialista di Avvenire, gli riconosce «indipendenza e autorevolezza».
Vittorio Feltri ha schierato Libero: «D'Alema disgrazia accettabile», «D'Alema il male minimo», «Condannati a D'Alema» sono gli ultimi tre titoli. E il vicedirettore Renato Farina scrive: «Chiunque altro di sinistra sarebbe una sciacquetta, con cui sarebbe inutile stringere qualsiasi patto: tanto nessuno seguirebbe alla base. L'unico capace di mantenere i patti è D'Alema. E' un cobra; ma sarà più facile che morda Prodi anziché il Cavaliere. E poi se Prodi cadesse non darebbe mai l'incarico a Veltroni».
E' ovvio che tanti apprezzamenti destano sospetti. Ma dimostrano che non è vero quello che Berlusconi e soci sono costretti a dire pubblicamente. Intimamente, per calcoli propri, a loro non dispiacerebbe D'Alema al Quirinale.
A questo punto se D'Alema non ce la farà, sarà perché lui avrà deciso di non farcela. Riterrebbe di avere cose migliori da fare.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

concordo. Finiamola co sta caciara dell' ex comunista..
e allora? cos'è un morbo essere ex membri per Pci?
D' Alema ha il carisma giusto e la serietà per potersi accomodare su quella poltrona, e ci metto pure il carico da novanta, dico che tra sette anni se lo elegegranno sarà ricordato come un grande presidente.

Anonimo ha detto...

L'elezione di D'Alema al Quirinale potrebbe costare alla sinistra molto molto cara...

Anonimo ha detto...

Il giornalista de L'espresso Giampaolo Pansa riportò questa frase pronunciata nell'ottobre 1998 da Massimo D'Alema riguardo a Romano Prodi e Walter Veltroni, all'epoca dei governi dell'Ulivo:

"Quei due? sono due flaccidi imbroglioni"

D'Alema inviò una smentita, il giornalista Claudio Rinaldi, presente anch'egli all'esternazione, confermò e D'Alema non smentì tale conferma.

Il giornalista Luca Telese riporta poi un'altra frase poco nota di Massimo D'Alema, questa volta contro Giampaolo Pansa e Romano Prodi, testimone ancora una volta Claudio Rinaldi dell'Espresso:

"Pansa è un ottimo giornalista, ma ha un solo difetto. Non capisce un cazzo di politica; ce ne è uno solo che ne capisce meno di lui: Romano Prodi"


Nei primi mesi del 1993, quando l'inchiesta di Mani Pulite iniziava ad occuparsi delle tangenti rosse al PCI-PDS, D'Alema definiva spregiativamente il pool «il soviet di Milano».

Il 5 Marzo 1993, il governo di Giuliano Amato approvò il «decreto Conso», con cui la classe politica, colpita dall'inchiesta Mani Pulite, poneva un ostacolo in grado di paralizzare le indagini su Tangentopoli. Il decreto depenalizzava il reato di finanziamento illecito ai partiti, disincentivava i colpevoli a collaborare con la giustizia, e permetteva ad imprenditori e politici di evitare il carcere. Il 10 Marzo Giuliano Amato svelò in Parlamento la presunta ambigua condotta del Partito Democratico della Sinistra, che in pubblico criticava il decreto Conso (l'opinione pubblica allora era fortemente dalla parte dei magistrati), mentre in privato - a suo dire - lo sosteneva.

Massimo D'Alema, all'epoca dei fatti coordinatore politico del PDS, di fronte a tale dichiarazione inveì contro Amato:

"Amato è un bugiardo e un poveraccio. È uno che deve fare di tutto per restare lí dov'è, sulla poltrona".


Massimo D'alema rimase coinvolto in Affittopoli: dopo una pesante campagna mediatica dovette traslocare e lasciare il suo appartamento, in una zona centrale di Roma, che un ente pubblico gli affittava ad un canone irrisorio e fuori mercato.


Nel 1985 Massimo D'Alema ricevette 20 milioni di lire da parte del miliardario barese Francesco Cavallari, che fu in seguito condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. I soldi erano destinati al Partito Comunista Italiano, di cui D'Alema era all’epoca segretario regionale pugliese. Per questo finanziamento illecito D'Alema è stato inquisito ma, a causa dello scadere dei termini di prescrizione nel 1995, il procedimento è stato archiviato dal gip Concetta Russi. L'episodio è stato ammesso dallo stesso D'Alema quando il reato era destinato a cadere in prescrizione.




NON LO VOGLIO COME PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

all'anonimo:
Cambia repubblica!

Anonimo ha detto...

Ditemi quello che volete, ma per me D'Alema tutto è fuorché quello che ha scritto Filomeno ... io credo che il Cav lo voglia come presidente...ma oramai non sono nemmeno più contraria: per me è già presidente (se ho scritto cavolate chiedo venia, a quest'ora non connetto)

Anonimo ha detto...

Io spero proprio di no: il rosso non mi e' mai piaciuto, le bandiere rosse non mi piacciono, la canzone Bella ciao, non mi piace. Non mi piace nulla di questo "futuro" governo che non ho votato. Speriamo che tutte le poltrone non li sopportino...