Chissà Alberto Arbasino, che ha scritto un articolo sulle categorie dei critici (L'espresso 32/2006), a quale categoria appartenga lui? Forse a quella dei critici dei critici.
Forse ha scritto quell'articolo tanto per scrivere. Per dovere di contratto. Mostrandosi oggettivo ha criticato tutti.
O forse ha voluto semplicemente sostenere che siamo tutti critici e quindi non esiste critica. Che poi forse è la cosa più sensata. Ognuno in un libro o in un'opera d'arte ci vede quello che vuole lui e non quello che vogliono gli altri.
Il critico stronca perché non è stato contattato opportunamente dall'autore dell'opera o da chi per lui. Un critico appartenente alla scuderia di una casa editrice non criticherà mai gli altri cavalli della stessa scuderia, siano essi di razza o ronzini.
I critici di norma scrivono per mestiere e per la pagnotta, e per lo più per i pari loro.
In fondo i loro pareri non contano niente. Conta il parere dei fruitori. I critici spessissimo non ci azzeccano. Opere da loro stroncate diventano bestseller.
E qui si apre un altro discorso. I bestseller possono essere opere d'arte? Ma cos'è l'arte?
Ma in fondo siamo tutti critici: critici professionali, accademici, teoretici, moralisti, specialisti, marxisti, psicanalisti, problematici, apolitici, militanti, apocalittici, integrati, formalisti, strutturalisti, realisti, esistenzialisti, nichilisti, bovaristi, decostruzionisti, religiosi, atei, terzomondisti. Ognuno di noi potrebbe farsi una sua categoria.
Ma forse siamo tutti pubblico senza patente.
O se volete consumatori colti, affratellati da Internet.
23 agosto 2006
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