A qualcuno forse è dispiaciuto che la guerra in Libano sia finita. Bisognava completare il lavoro iniziato. A seconda dell'appartenenza, si sperava che a finirlo fossero stati o gli hezbollah o Israele.
Noi invece apparteniamo a quelli che ritengono che quella guerra non avrebbe dovuto mai cominciare.
Chi l'ha voluta ha fallito. «Dopo questa disgraziata guerra, la popolarità di Hezbollah, in Libano e in tutto il mondo arabo, è enormemente cresciuta», ha detto D'Alema ed io concordo con lui. Bella lezione per i guerrafondai di Israele.
Meir Shalev, affermato scrittore israeliano, ha detto: «La società israeliana non esce rafforzata da questo conflitto. I governanti israeliani si sono dimostrati assolutamente inadeguati a fra fronte a una situazione del genere. Il mandato morale che avevano avuto dall'opinione pubblica israeliana e di buona parte di quella mondiale era di colpire Hezbollah distruggendone le infrastrutture nel Sud del Libano e non di distruggere il Libano trasformando la guerra contro un'organizzazione terroristica in una guerra contro un popolo».
Per qualcuno purtroppo, anche in Italia, dire hezbollah è dire Libano; il Libano viene identificato con gli hezbollah.
«L'uso della forza e la guerra rafforzano l'estremismo e danno nuova forza al terrorismo», ha detto ancora il nostro ministro degli esteri.
La guerra ha contribuito a far diventare gli hezbollah degli eroi, agli occhi della popolazione libanese.
Ma per fortuna è prevalso il buon senso, che ha fatto tacere, speriamo per sempre, le armi.
Il governo libanese, i ministri hezbollah compresi quindi, ha deciso all'unanimità di accettare la risoluzione 1701 dell'Onu.
Per uscire dal fallimento politico della guerra in Libano si è imboccata finalmente la strada del dialogo e della diplomazia.
Solo una pace giusta può garantire la sicurezza.
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