Nel 1984 fu allestita a Napoli una monumentale mostra sul brigantaggio meridionale, presso il Museo Pignatelli, dal 30 giugno al 18 novembre; organizzata dalla Soprintendenza per i beni culturali e storici di Napoli, in collaborazione con l’Archivio di Stato, la Biblioteca Nazionale, la Biblioteca Universitaria, la Società napoletana di Storia patria.
Per presentare e documentare la mostra fu pubblicato dall’editore Gaetano Macchiaroli, con il contributo del Banco di Napoli, un corposo catalogo di 330 pagine. Quel catalogo rimane a tutt’oggi uno strumento fondamentale per chi si interessa del fenomeno del brigantaggio meridionale nel primo decennio postunitario.
La premessa fu scritta da Giuseppe Galasso.
Seguono sette introduzioni tematiche sul brigantaggio. Alfonso Scirocco affronta il tema de Il brigantaggio e l’Unità d’Italia, Mario Buonajuto quello di Una ricerca archivistica, Ferruccio Diozzi di Una ricerca bibliografica, Maria Antonella Fusco de L’iconografia, Ugo Di Pace de La fotografia, Raffaele De Magistris de La letteratura, Sergio Riccio de L’opinione pubblica.
Galasso sostiene che al momento dell’unificazione del Sud al Nord l’urto fu violento, in quanto quei due mondi erano tanto diversi dal punto di vista antropologico-culturale. E senza dubbio il brigantaggio rappresentò la difficoltà più grave. Né le mene borboniche e le congiure clericali e reazionarie bastano a spiegare l’intenso pullulare di agitazioni e di lotte antiunitarie in quegli anni. Si trattò di una guerra sociale e di una guerra nazionale per bande. Le provocazioni al brigantaggio provenivano sia dall’azione del governo di Torino, ma anche dagli atteggiamenti e dai comportamenti di vecchie e nuove classi dirigenti e proprietarie del Mezzogiorno. Ma, conclude Galasso, «la ragione di una storia superiore condannava, comunque, il brigantaggio alla sconfitta radicale, che ad esso in pochi anni toccò».
Per Alfonso Scirocco il brigantaggio fu il risultato più appariscente del divario fra quello che il Mezzogiorno si aspettava nell’autunno ’60, e quello che era in grado di dare il nuovo governo sabaudo. Vera natura del brigantaggio è la ribellione endemica del mondo contadino, che trova nella crisi politica l’occasione per divampare. Negli anni ’60-61-62 migliaia di uomini si raccolgono sulle montagne, e si abituano ad una vita di stenti, ma anche di soddisfazioni per chi ha sofferto fame ed umiliazione ed ora si vede temuto e servito.
Mario Buonajuto mette in rilievo che con la ricerca archivistica si è cercato di evidenziare il legame tra brigantaggio e rivendicazioni contadine e quello tra brigantaggio e movimenti politici. Il brigante si attribuisce spesso la funzione di raddrizzatore di torti. Ma è anche vero che il brigantaggio meridionale rappresentò l’unica carta che i Borboni ritennero di avere per riguadagnare il regno perduto.
Ferruccio Diozzi afferma che dalla ricerca bibliografica risulta immediatamente evidente una netta lontananza dagli avvenimenti e dai problemi del Mezzogiorno che nei giornali torinesi degenera in aperto disprezzo per le popolazioni meridionali, sbrigativamente assimilate “in toto” ai briganti.
Per Maria Antonella Fusco l’iconografia coeva ai tempi in cui si svolsero i fatti del brigantaggio è principalmente un veicolo propagandistico usato dagli unitari per orientare verso la condanna e la deplorazione del brigantaggio.
Ugo Di Pace fa constatare che l’esplosione del brigantaggio post unitario coincide con la diffusione e l’uso della fotografia in larghi strati di popolazione. Di norma l’orientamento dei fotografi dell’epoca è filo-governativo-sabaudo. I briganti vengono rappresentati come il male da sconfiggere, una piaga sociale da eliminare. Committenti delle fotografie erano i generali sabaudi, che facevano documentare la sconfitta dei ribelli dopo un conflitto. Le fotografie dei briganti italiani rappresentano uno dei pochi casi al mondo in cui un ceto sociale emarginato diventa soggetto fotografico in modo così massiccio.
Raffaele De Magistris documenta la grande fioritura di libri sul brigantaggio nei primi anni del periodo post unitario. Si tratta in linea di massima di letteratura d’appendice non solo ideologicamente schematica e per lo più attestata sulle posizioni ufficiali delle classi dirigenti, ma soprattutto a basso costo e di rapidissimo consumo. Spesso le “storie” diventano una sequenza di episodi truci, sui quali si indugia morbosamente, e il brigante è uno psicopatico che instancabilmente squarta, si ciba di interiora umane, stupra gentili fanciulle. Rimane comunque il canonico principio che il brigante depreda i ricchi per donare ai poveri.
Sergio Riccio infine ci confessa che «la molla che ci ha fatto scegliere il brigantaggio successivo all’Unità d’Italia come soggetto di una mostra è stata appunto la curiosità intellettuale di conoscere meglio le nostre origini, capire e, per quanto possibile, vedere cosa ci fosse alla base della mai risolta “questione meridionale”.
Ma chi erano in briganti? Su 10 briganti 8 erano lavoratori della terra, e gli altri due potevano essere, nell’ordine, operai, negozianti, religiosi, disoccupati, studenti, cocchieri, facchini.
Gli studi sul brigantaggio non si sono mai fermati e continuano tuttora. Si è continuato a scavare nella memoria collettiva e negli archivi, producendo molte storie locali e seri studi complessivi.
Nella mostra di Napoli furono schedati ed esposti 640 pezzi, non tutti però riprodotti nel catalogo. Si tratta di piante corografiche e topografiche, disegni, decreti, ordinanze, rapporti, biglietti di ricatto, suppliche, verbali di processi, relazioni, memorie, liste di fuorbando, libri, giornali, manifesti, statistiche, figurini, stampe, quadri, fotografie, telegrammi, illustrazioni satiriche, poesie, opere teatrali, diari, canti.
Brigantaggio lealismo repressione nel Mezzogiorno (1860-1870), Catalogo - Mostra presso Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes - Napoli - 30 giugno / 18 novembre 1984, Gaetano Macchiaroli editore, Napoli 1984, pp. 330
10 giugno 2008
Brigantaggio lealismo repressione nel Mezzogiorno (1860-1870)
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3 commenti:
Molto interessante anche perché ho appena terminato "I sentieri dek cielo" e il fenomeno del brigantaggio mi ha intrigato alquanto.
Mah, sinceramente questo fenomeno del Brigantaggio mi sembra da sempre sopravvalutato. Nulla di tangibile in fin dei conti.
Mah,sinceramente se la storia d'italia fosse"nulla di tangibile"...
comprendo il fatto che tu sia anonimo
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