Piero Bargellini, autore apprezzato e prolifico di vite di santi, aveva iniziato la sua carriera letteraria nel 1931 con questo libro sul brigante Fra Diavolo.
Nella breve premessa al libro Bargellini scrive che l’obiettivo che si prefigge è quello di liberare Fra Diavolo «dalle incrostazioni leggendarie» eseguendo un restauro «con verosimiglianza storica». Fra Diavolo non fu un eroe, ma ebbe tratti di eroismo; non fu un redentore, ma ebbe moti di generosità. Non fu certo un uomo esemplare, ma neppure spregevole.
Le gesta di Fra Diavolo iniziano nel 1796, quando ammazza il suo maestro della bottega di bastaio, reo di avergli messo le mani addosso, ed il fratello di lui che gli minacciava vendetta, e terminano nel 1806, quando viene impiccato a Napoli dai francesi.
Re di Napoli era Ferdinando IV, regina Maria Carolina. L’esercito napoletano era in mano ad ufficiali svizzeri, austriaci e inglesi, che si vendevano ai migliori offerenti.
Michele Pezza (così si chiamava Fra Diavolo) era nato a Itri il 7 aprile 1771. La madre, in seguito ad una grave malattia del figlio, aveva fatto voto a San Francesco di Paola di farlo fraticello, se gli salvava la vita. E così avvenne. Michele venne rapato, vestito con un saio e fatto camminare scalzo. Le donne lo benedicevano come un bambino santo e lo chiamavano Fra Michele Arcangelo. Ma pian piano con l’avanzare dell’età l’incanto della santità sparì. Divenne sempre più vivace e manesco. Tant’è che il suo maestro canonico lo ribattezzò col nome di Fra Diavolo.
Michele Pezza a fine 1797 fa domanda al Re di venirgli commutata in servizio militare la pena che avrebbe dovuto subire per i due omicidi. La domanda viene accolta e dovrà fare il militare per tredici anni.
Nel febbraio 1798 i francesi invadono Roma e proclamano la Repubblica Romana. Il Papa è costretto a lasciare Roma. Ferdinando IV ordina al suo esercito di marciare su Roma per cacciare i francesi. Michele Pezza fa parte di questo esercito. Il 29 novembre Re Ferdinando entra a Roma, vittorioso. Ma dieci giorni dopo i giacobini francesi lo ricacciano via. E Re Ferdinando da Caserta invita i suoi sudditi a sollevarsi in armi per difendere il Papa e la Religione.
L’esercito borbonico è allo sbando e Michele, che non era stato soldato neppure un anno, torna al suo paese Itri.
Civitella del Tronto e Pescara vengono cedute ai francesi dai generali borbonici, quasi senza sparare un colpo.
Gli abruzzesi invece avevano preso sul serio il proclama del Re ed erano insorti formando bande armate e contrastando seriamente il cammino dei francesi.
Michele, che aveva ripreso il suo soprannome di Fra Diavolo, riesce a metter su una “massa” di seicento uomini e cerca di bloccare il cammino dei francesi verso Gaeta. Ottiene qualche successo. Ma un colonnello svizzero, che comandava la fortezza di Gaeta, si arrende pure lui ai francesi.
Scrive Bargellini, con amaro sarcasmo: «Era il 31 dicembre del 1798, ultimo dell’anno. Con questa esemplare difesa, si chiudeva l’anno di gloria del Re Ferdinando e degli ufficiali suoi, accuratamente acquistati all’estero».
Fra Diavolo non ci sta a questo sfacelo. «Davanti a Gaeta ceduta – scrive Bargellini –, visto l’esercito correre spedito verso Capua, pensò di sollevargli alle spalle la Terra di Lavoro. La viltà altrui lo esasperava; la indolenza altrui lo rendeva frenetico. Corse come un forsennato in tutti i paesi, minacciò il sacco a quelli che non insorgevano, non davano uomini e non mescevano ducati». Ma fu tutto inutile. Nel gennaio 1799 anche Capua, ultima difesa del Regno, viene ceduta ai francesi, con la vergognosa resa del generale Mack. Allora Fra Diavolo «viene risucchiato dalla sua terra, si rimescola con la sua gente; partecipa alla cronaca di tutte le insurrezioni, le scorribande, i saccheggi, gli agguati, gli assassini, i rubamenti, gli eroismi, gli intrighi, i ricatti». E con tutto questo ottiene la simpatia della regina Maria Caolina, che nel frattempo con re Ferdinando IV era scappata a Palermo.
E quando all’inizio del 1799 il calabrese cardinale Fabrizio Ruffo parte da Palermo per la riconquista del Regno di Napoli, punto di riferimento sulla terra ferma diventerà Fra Diavolo. Per stringere d’assedio Gaeta, che era in mano ai francesi, Fra Diavolo fu nominato generale e la sua massa, di ormai oltre mille uomini, fu riconosciuta come un esercito regolare. Ma quando dopo tre mesi d’assedio Gaeta si arrese, il generale francese Girardon si rifiutò di trattare con Fra Diavolo, considerandolo pur sempre un brigante. La capitolazione di Gaeta fu firmata dal generale Acton per conto del Re e dal generale Nelson per conto degli alleati inglesi.
Fu una prima grande delusione per Fra Diavolo, che molte altre dovette subirne successivamente.
Fra il cardinale Ruffo e Fra Diavolo non corse mai buon sangue.
Riconquistata Napoli re Ferdinando pensò ad una spedizione su Roma, per liberarla dai francesi e riconsegnarla al Papa. Anche Fra Diavolo, che aveva ormai più fama di tutti i generali del Regno, fu chiamato per l’operazione. Il Re lo nominò colonnello di fanteria.
Fra Diavolo prese sul serio l’incarico e con il suo esercito di briganti mosse su Roma e ci sarebbe entrato da vincitore, se il cardinal Ruffo non l’avesse fatto fermare dalla cavalleria borbonica. Anzi, lo fece arrestare e rinchiudere in Castel Sant’Angelo. Ma fuggito si imbarcò per Palermo per andare a parlare col Re, che lo nomina Comandante Generale del dipartimento di Itri.
Finita la guerra Fra Diavolo si dà la missione di reperire i fondi per pagare, come aveva promesso, i suoi soldati. Ma in questo non lo assecondò nessuno, nemmeno il Re. Ed il colonnello Pezza finì col vivere in una squallida pensione a Napoli.
Lo spirito brigantesco di Fra Diavolo viene risvegliato nel 1806, quando il francese Giuseppe Bonaparte è stato nominato dal fratello Napoleone re di Napoli e re Ferdinando è rifuggito a Palermo.
Si pensò al colonnello Pezza (Fra Diavolo), per rinverdire i fasti del 1799. Il Re lo nomina Duca di Cassano.
Ma questa volta la fortuna non è dalla sua parte. E venne impiccato dai francesi in Piazza del Mercato a Napoli, come un comune malfattore. Aveva 35 anni. Il suo corpo fu lasciato penzolare per ventiquattr’ore col brevetto di duca di Cassano sul petto.
Rocco Biondi
Piero Bargellini, Fra Diavolo, Rusconi 1975, pp. 140
31 ottobre 2007
Fra Diavolo di Piero Bargellini
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