16 ottobre 2007

Brigantesse di Valentino Romano

Con il libro di Valentino Romano le brigantesse escono dal buio dell’anonimato per essere illuminate da un nuovo fascio di luce della storia.
Quasi a sorpresa il libro si apre nel nome di Maria Sofia, la giovane moglie non ancora ventenne di Francesco 2° Re di Napoli, che «si è meritata sul campo i galloni di prima resistente». Resistenza ai piemontesi di Vittorio Emanuele 2° e di Cavour, che invasero il Regno delle Due Sicilie per annetterselo senza alcuna dichiarazione di guerra.
In seguito alla forzata unità d’Italia nel Mezzogiorno esplode la ribellione contadina. Il nuovo governo non ha mantenuto la promessa di dare la terra ai contadini che la lavoravano. Questi ultimi non hanno soldi per acquistarla o riscattarla. Il parlamento dei “galantuomini” fa le leggi a vantaggio dei “galantuomini”. Ai contadini non resta che rassegnarsi o ribellarsi.
La rivolta contadina del Sud viene semplicisticamente bollata come “brigantaggio”. Il Parlamento piemontese, anziché tentare di rimuoverne le cause, sceglie la via della repressione, instaura il terrore nei territori occupati, pratica la fucilazione sul campo.
Al fianco dei molti briganti, alla macchia, vi furono anche delle brigantesse. «Donne che amarono i loro uomini al punto da imbracciare un fucile, cavalcare un cavallo e difenderli sulle montagne fino alla morte. Donne come maschi. Donne spesso più forti dei maschi nella sofferenza, nella sopportazione della fatica, delle privazioni», scrive Raffaele Nigro nella introduzione.
Ma molte di più furono le fiancheggiatrici. Madri, mogli, figlie, sorelle, amanti, simpatizzanti, che favorivano in tutti i modi i briganti. Donne che uscivano di casa la notte, sfidando i rigori della legge, per portare pane e vino ai loro uomini, per portare una notizia, per rassicurarli con l’affetto. Donne che curavano e nascondevano i briganti feriti. Donne che sviavano le ricerche dei militari.
Svariati sono i temi che Valentino Romano affronta nel suo libro. Le brigantesse preunitarie: non esiste una data di nascita del brigantaggio femminile; è azzardato attribuire autonomia al brigantaggio femminile preunitario. Le brigantesse e la maternità: la dura legge della guerriglia e della latitanza non sopprime il bisogno di essere madre. Le brigantesse e le condanne: in media la condanna per le brigantesse catturate si aggira sui quindici anni di carcere; non è una condanna lieve, spessissimo è una condanna a morte; la mancanza di igiene nelle carceri porta a morte prematura. Le brigantesse e l’opinione pubblica: il dramma delle donne del brigantaggio si consuma nell’indifferenza e nel disprezzo; le cronache dei giornali le descrivono solo come amanti, “drude”, donne di piacere dei briganti; è negata loro ogni dignità personale. L’iconografia delle brigantesse: le truppe piemontesi si dotano di fotografi ufficiali al seguito, per documentare e mostrare all’opinione pubblica i briganti come trofei di vittoria; ai briganti catturati vien fatta una foto di gruppo prima di fucilarli, ai capibriganti è riservato l’onore di una foto singola; spesso i briganti vengono fotografati da morti, mettendo in opera una messinscena per farli sembrare vivi. Le brigantesse tra storiografia e letteratura: le brigantesse suscitano nell’immaginario collettivo un grande fascino, tanto che molti autori le introducono nei loro testi letterari; ma anche gli storici hanno scritto di brigantesse, per tutti cito Maurizio Restivo e Franca Maria Trapani.
L’importanza del libro di Valentino Romano è data dall’essere il primo in assoluto che cataloga un grandissimo numero di brigantesse, desunto dagli atti processuali dell’epoca.
«Le schede – scrive l’autore – non hanno certamente presunzione di completezza: rappresentano, semmai, una prima, parziale, ricostruzione biografica della maggior parte delle donne che vissero e parteciparono al brigantaggio postunitario. Un punto di partenza che agevoli successivi approfondimenti e uno strumento che aiuti i lettori a meglio comprendere le cause, gli effetti e le dimensioni del fenomeno del ribellismo femminile in età postunitaria».
Nella prima parte sono raccontate 98 (novantotto) storie di brigantesse. Le singole storie vanno da poche righe a molte pagine. Le più famose ovviamente occupano più spazio; fra queste ultime troviamo Maria Teresa e Serafina Ciminelli, Michelina Di Cesare, Lucia Dinella, Maria Giuseppa Gizzi (Peppinella), Maria Oliverio, Filomena Pennacchio, Giuseppina Vitale.
Nella seconda parte del libro abbiamo un elenco delle fiancheggiatrici (un popolo finora senza nome). «Le innumerevoli storie delle donne manutengole sono state ingiustamente considerate marginali – scrive Valentino Romano –. Pare, invece, più giusto considerarle segmenti collaterali della storia maggiore, utili e necessari a meglio inquadrarla e comprenderla». Il catalogo comprende ben 858 (ottocentocinquantotto) nomi, con due o tre righe biografiche per ognuno.
Le storie raccontate non sono certamente edificanti. Ma noi le abbiamo lette con quella laica pietà che ce le ha fatte comprendere e giustificare, sia per i tragici giorni che quelle donne furono costrette a vivere sia per la simpatia che nutriamo verso i perdenti.
Rocco Biondi

Valentino Romano, Brigantesse, Controcorrente edizioni, Napoli 2007, pp. 320, € 20,00

Se vuoi acquistare il libro ordinalo a info@settimanadeibriganti.it

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