Il programma di vita di Luce, la protagonista del romanzo di Rita Pani, potrebbe sintetizzarsi in queste sue due battute: «io non voglio arrivare da nessuna parte, io sto solo andando» e «non mi interessa fare carriera, non voglio sporcarmi, non voglio togliermi il piacere di avere ancora qualcosa in cui credere». Luce ha trentacinque anni, troppi per occupare terreni e rischiare di prendere manganellate, ma troppo pochi per smettere di farlo.
Luce è la presidente di un collettivo ambientalista; con l’aiuto di Simone ed altri ragazzi del collettivo, “estremisti” come lei e poco inclini a chinare il capo o svendersi, cerca di fare luce sull’operato della ditta Ecoplast, che ha donato una grossa somma al Comune per contribuire al rimboschimento di una vasta area industriale che aveva subito molti incendi; ma prima delle piante venivano interrati, di notte, barili blu contenenti «rifiuti tossici nocivi». Altri barili vennero sistemati, sempre di nascosto, sotto l’asfalto di un nuovo parcheggio. Luce si propone l’impossibile missione «di far dissotterrare quei barili al più presto».
Partiti e sindacati sapevano, ma tacevano; «bisogna mediare», dicono loro. E questo per Luce era merda: «prenderò tutta la merda che avranno sparso in giro, gliela lancerò addosso e poi dirò basta a tutto questo. Sono schifata».
Ma nel romanzo non si parla solo di politica, di sociale, di ecologia. Anzi si parla di più di sensazioni, di emozioni, di sentimenti, di passioni, di scopate.
Rita Pani riesce a padroneggiare molto bene il linguaggio, adattandolo egregiamente ai personaggi e alle situazioni. Sentite come si esprime Simone: «Luce, io ti voglio bene, e mi piaci pure, e forse ti scoperei anche se fossi sicuro che tu non mi spezzeresti le gambe a calci, all’istante, cioè, voglio dire, io non ho mai pensato a te come… Insomma non so se mi spiego, tu sei Lucina, il Comandante, la mia droga, la mia eroina, ma negativo, mai potrei… Cazzo! Io ti voglio bene, finiremo i nostri giorni ubriachi a Parigi, scrittori illuminati. Hai capito?».
Luce è molto facile al pianto. E talvolta la sua storia fa inumidire gli occhi anche noi lettori. A me è successo. In alcuni momenti un gruppo mi ha preso alla gola.
Il romanzo è la storia del disincanto di Luce. Ma anche se rinuncerà alla lotta, mai rinuncerà ai suoi ideali. «Mi mancavano i tempi durante i quali credevo davvero che fosse possibile cambiare il mondo, o per lo meno renderlo un po’ più vivibile».
Pino Scaccia, nella postfazione al libro, classifica Luce fra i buoni con la passione, che sono l’ultimo patrimonio per salvare il mondo.
Ed io sono sicuro che prima o poi Luce ritornerà dall’Islanda, dove si è rifugiata, per continuare a combattere fra di noi. Magari facendo solo resistenza infinita con un blog, come fa l’autrice Rita Pani. E non è poco.
Rita Pani, Luce, con una “Nota dell’Editore”, postfazione di Pino Scaccia, Gammarò Editori, Sestri Levante, 2007, pp. 198
22 agosto 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Grazie! Sono commossa e contenta perché mi giunge inaspettato.
Un abbraccio
R.
Ciao Rita. Leggere e commentare il tuo libro era una cosa dovuta. Sono felice per i successi dei componenti della mia famiglia. Il 31 dicembre 2005 nel mio vecchio blog scrivevo: "Ma un augurio particolare voglio rivolgere ad alcuni di loro. A cominciare da tre blogger, che iscrivo unilateralmente in una mia famiglia virtuale, per vicinanza e comunanza di intenti: Rita della R-esistenza-infinita, Tisbe de Il vaso di Pandora, Sefossistato il Lavascale". Il tuo libro è uscito, sta per uscire quello di Tisbe, manca ora un mio libro; prima o poi uscirà.
A proposito del libro dovresti dire al tuo editore di curare un po' meglio la confezione per la spedizione; il tuo libro mi è arrivato abbastanza maltrattato, ed uno come me che ama i libri ne soffre.
Rocco
Per fortuna che Rita Pani si è rifugiata in Sardegna...
Meglio Villa Simius che il Vatnajokull...
Posta un commento