Ingmar Bergman è, per me, uno dei più grandi, se non il più grande, fra i registi di tutti i tempi. Mi sono formato sui suoi film. Fino alla fine dei miei anni universitari a Roma, quando poteva e me ne se presentava l’occasione, vedevo e rivedevo i suoi film. Il mio interesse per il cinema è maturato con lui. Lo sentivo vicino a me e mia guida nella confusa ricerca della verità e del senso della vita. Proveniente, come lui, da un ambiente in cui il sacro ed il divino mi erano stati imposti come verità obbligatorie, cercavo di svincolarmi per approdare in un mondo solamente umano, non meno problematico di quello divino. Il settimo sigillo (1956) è stato per me come una bibbia cinematografica su cui meditare. Il dio per il quale combattevamo nelle nostre crociate muore dentro di noi di fronte alla brutalità e violenza del mondo. Il cavaliere gioca a scacchi con la morte, nella illusoria speranza di indovinare una mossa che la sconfigga. Solo l’incontro con una spensierata famiglia di saltimbanchi gli farà ritrovare una qualche serenità.
Per Bergman dio è morto, e noi dobbiamo rassegnarci a sopravvivere senza di lui.
Il cinema di Bergman non è commerciale, non ha mai riempiti i botteghini, ma ha formato generazioni di cineasti e di liberi ricercatori della verità. Se Bergman ha girato tanti film significa che comunque aveva un mercato.
Ora che Bergman all’età di 89 anni se ne è andato, ci ha però lasciati tanti film su cui riflettere e godere spiritualmente. Io andrò alla ricerca di tutti i suoi film ancora rintracciabili, per rivedermeli. Sorrisi di una notte d’estate (1955), Il posto delle fragole (1957), Il volto (1958), La fontana della vergine (1960), Come in uno specchio (1960), Luci d’inverno (1963), Il silenzio (1963), Persona (1966), Passione (1969), Sussurri e grida (1973), Fanny e Alexander (1982), sono pietre miliari della storia dell’arte cinematografica.
Ingmar Bergman - Wikipedia
2 agosto 2007
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1 commento:
E non dimentichiamo "Scene da un matrimonio" (nato per la televisione ma passato anche, in versione ridotta, nelle sale cinematografiche): un manuale di genialità "coniugale", la cui visione dovrebbe essere resa obbligatoria per legge a chiunque stia per sposarsi...altro che i corsi prematrimoniali in parrocchia!
Amo tutti i film di Bergmann, perché mi hanno insegnato su me stessa molto più di quanto avrebbero potuto vent'anni di psicoanalisi. "Il settimo sigillo" mi ha donato il privilegio di poter guardare la morte in faccia da viva, così come "Il posto delle fragole" quello di percepire l'essenza della vecchiaia, che è infanzia consapevole della propria fragilità.
Ma il posto d'onore nel mio cuore ce l'hanno "Il volto" e "Fanny e Alexander", perché qui la lanterna magica del Maestro ha gettato lampi inconsueti di luce sui misteriosi intrecci tra arte e potere, scienza e illusione, fantasia e memoria, fiaba e storia, amore e miracolo. Ah, l'arrogante "scienziato" Vergerus condotto alla follia dai trucchi cialtroneschi di Vogler il saltimbanco! Ah, l'orrido crudele vescovo sconfitto dal mite magico Isak, incrollabile portatore d'amore!
Il mio grazie ad un genio del cinema, del teatro e della letteratura che ha meritato l'immortalità.
ciao. mariateresa
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