Da più parti s’invoca l’intervento dell’ONU per risolvere i problemi in cui si sono cacciati gli Stati Uniti d’America in Iraq e fermare l’escalation di violenze. Io ho sempre nutrito qualche perplessità sulla praticabilità di questa soluzione. Ma temevo che questa posizione fosse solo mia e dettata dalla mancanza di conoscenza dei dati reali. Ma a quanto pare non è così, non sono solo io a pensarla in questo modo. Sentite cosa scrive Pino Arlacchi, esperto internazionale sul crimine organizzato e già vice segretario generale delle Nazioni Unite.
“In Iraq ormai le dimensioni del conflitto sono tali per cui non c’è dubbio che si tratta di un Paese, e non di esigue minoranze estremiste, che si rivolta contro un’occupazione militare. La stessa Onu invocata da tutti è una non soluzione. L’Onu non è attrezzata a governare un Paese delle dimensioni e della complessità dell’Iraq. Né è realistico pensare che gli Stati Uniti dopo avere investito ciò che hanno investito in termini militari, economici, strategici, con l’invasione dell’Iraq, consentano un reale cambio di potere sotto l’egida e i pieni poteri dell’Onu. Una soluzione del genere significherebbe il tracollo totale per Gorge W. Bush e i falchi del Pentagono e della Casa Bianca, da Rumsfeld a Cheney. Gli Stati Uniti se ne andranno dall’Iraq perché saranno battuti da una insurrezione popolare che è appena iniziata”. (l’Unità – 10 aprile 2004 – pag. 9)
Dopo forse, anzi certamente, ci vorrà l'Onu.
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