6 luglio 2010

Briganti meridionali

La storia del brigantaggio meridionale post unitario continua ad offrire a storici e ricercatori un vasto campo per approfondimenti e nuove scoperte. Gli archivi storici, che pur con riserva vengono messi a disposizione degli studiosi, svelano fatti ed avvenimenti che gli storici ufficiali e di regime hanno scientemente voluto ignorare e coprire.
L’aprioristica scelta di giustificare e convalidare comunque l’intervento piemontese nel Meridione d’Italia viene con progressivo e sempre maggiore vigore contestata sia da storici accademici che irregolari.
Cavour, Garibaldi ed altri personaggi, che la prosopopea risorgimentale ha voluto mitizzare, vengono declassati e valutati per il reale contributo che hanno fornito a quella che ormai molti chiamano la malaunità d’Italia.
Quella parte di storia italiana che inizia dal 1860 si arricchisce di nuovi personaggi e nuovi protagonisti che se avessero avuto il sopravvento avrebbero evitato a noi meridionali tanti lutti e tante sventure che durano fino ai giorni nostri.
Giuseppe Osvaldo Lucera ha sviluppato questi temi in quattro ponderosi volumi intitolati Vicende di un’altra storia. In essi ha affrontato le varie questioni attinenti all’Italia risorgimentale e alla volontà espansionistica savoiarda, dandone una lettura diversa da quella di regime. Mazzini, Cavour, Garibaldi vengono qualificati come “cattivi maestri”. La spedizione dei Mille viene descritta per quello che veramente è stata: storia di tradimenti, corruzioni, truffe, frodi, inganni, soprusi.
Nuovi personaggi irrompono legittimamente sulla scena storica. Sono la stragrande maggioranza degli abitanti che nel 1860 vivevano nel Regno delle Due Sicilie, aggredito, invaso ed annientato senza alcuna dichiarazione di guerra. Per la maggior parte erano contadini.
Essi non vennero chiamati ad esprimere la loro opinione nel plebiscito di adesione al Regno del Piemonte. In quel plebiscito-truffa votarono solamente i “galantuomini”.
Quasi tutti gli abitanti del Sud si opposero e si ribellarono. Il braccio armato di questa resistenza ai sardo-piemontesi furono i briganti, che per noi hanno solo ed esclusivamente una connotazione positiva. Erano insorgenti, resistenti, giustizieri, guerriglieri e non delinquenti.
Il brigantaggio fu un vero e proprio fenomeno di sollevazione di popolo, con aspetti fortemente sociali e politici.
Moltissime furono le bande di briganti che operarono in tutte le regioni del Sud d’Italia.
In Basilicata agirono Carmine Crocco Donatelli, Giuseppe Nicola Summa (Ninco-Nanco), Michele Volonnino, Donato Tortora, Caporal Teodoro Gioseffi e molti altri.
In Puglia operarono il sergente Pasquale Romano, Cosimo Mazzeo (Pizzichicchio), Giuseppe Nicola La Veneziana, Antonio Lo Caso (Il capraro), Riccardo Colasuonno (Ciucciarello), Francesco Monaco, Giuseppe Valente (Nenna-Nenna), Michele Caruso, Angelo Maria Villani (lo Zambro).
Altri importanti briganti meridionali post unitari furono Luigi Alonzi (Chiavone), Giuseppe Tardìo, Francesco Guerra, i fratelli Cipriano e Giona La Gala, Agostino Sacchitiello, Gaetano Manzo, Antonio Cozzolino (Pilone) e tanti altri.
Franco Molfese nella sua fondamentale Storia del Brigantaggio dopo l’Unità individua ben 388 bande, dalle piccole, composte di pochi individui (5-15), fino alle grandi, che raggiunsero e superarono talvolta i 100 uomini, con punte fino a 300-400 componenti.
Sul teatro di guerra della resistenza meridionale antipiemontese, a fianco dei briganti, entrarono in scena anche molti stranieri (quasi tutti ufficiali di eserciti vari): José Borges, Alfredo de Trazegnies, Rafael Tristany, Edwin Kalkreuth, Emile de Christen, Ludwig Richard Zimmermann e altri.

Rocco Biondi
(Dalla mia prefazione al libro di Giuseppe Osvaldo Lucera: Giuseppe Schiavone - Brigante post unitario)

1 commento:

Antonio ha detto...

Salve,
a riguardo del brigantaggio lucano ed anche del salernitano, post-unitario; la biblioteca del comune di Moliterno (pz), risulta preziosa e fornita di materiale. Saluti