5 maggio 2010

Noi non celebriamo l'unità d'Italia, ma ricordiamo

Noi meridionali non celebriamo, né possiamo celebrare, nessuna unità d'Italia. Ricordiamo fatti e misfatti che portarono a quell'unità, realizzatasi solo sulla carta e non nella realtà.
Il cosiddetto Risorgimento è una serie infinita di bugie che gli storici di regime hanno inculcato attraverso i libri di testo nelle scuole italiane.
Il Sud fu conquistato dai piemontesi con la forza, senza alcuna dichiarazione di guerra.
Il cosiddetto Plebiscito del 21 ottobre 1860 sull'annessione al Piemonte del Regno delle Due Sicilie fu una tragica farsa. Fu pilotato ed imposto con la forza.
Su Garibaldi ci hanno raccontato, e continuano a raccontarci, un sacco di menzogne. Nei fatti fu pirata e corsaro, mercenario e negriero, artefice di saccheggi omicidi e ruberie varie, probabile complice dell’assassinio di sua moglie Anita, amministratore incapace. Solo una propaganda interessata e gigantesca ha potuto trasformarlo in eroe nazionale.
All'annessione piemontese si opposero i Briganti, che non erano, come si volle far credere, dei criminali. Il Brigantaggio fu un vero e proprio fenomeno di sollevazione di popolo, con forti aspetti sociali e politici.
La Commissione d'inchiesta sul Brigantaggio, mandata nel Sud nel 1863, ascoltò solo i cosiddetti “galantuomini” della classe borghese, che si schierò con gli invasori piemontesi per salvaguardare i loro interessi economici. Non fu ascoltato il popolo. La colpa di tutto veniva data agli spodestati Borbone e all'ignoranza degli abitanti nelle campagne meridionali. Il brigantaggio veniva considerato delinquenza comune.
La legge Pica, in vigore dal 15 agosto 1863 al 31 dicembre 1865, sospese tutti i diritti. I reati di brigantaggio venivano giudicati dai Tribunali militari. Chi veniva trovato con le armi in mano veniva punito con la fucilazione immediata. Veniva condannato al carcere o al confino chiunque aiutava i briganti.
Il brigantaggio mise in crisi il neonato Stato unitario e per poco non riuscì a spezzarlo.
La carneficina degli “italiani” del Sud, ad opera dei piemontesi, fu immane. Statistiche ufficiali riportano che, tra il 1861 e il 1872, ci furono 154.850 caduti in combattimento, 111.520 fucilati o morti in carcere, con un totale di perdite quindi tra i Briganti di 266.370 unità. Le perdite piemontesi furono invece di solo 23.013 unità.
Altri italiani del Sud furono internati nei “lager dei Savoia”. In totale circa 58.000 uomini, fatti prigionieri, furono deportati al Nord. Il più famigerato di questi campi di concentramento fu Fenestrelle, una vecchia fortezza nella Val Chisone a 2.893 metri di altitudine, in provincia di Torino. Da quella fortezza nessuno riuscì mai ad evadere. I morti venivano gettati, per motivi igienici, in un’enorme vasca di calce viva.
L'unità d'Italia ha costretto dopo il 1861 diversi milioni di meridionali ad emigrare all'estero.
Noi non festeggiamo, ma ricordiamo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Penso che ci sia molto ancora da sapere su qui fatti.
Quello che dovremmo giustamente fare sarebbe cominciare a parlarne più sinceramente e cosi risolvere finalmente la famosa questione meridionale.

uniroma tv ha detto...

Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo "150° Anniversario dell'Unità d'Italia" http://uniroma.tv/?id_video=15950

Ufficio Stampa di Uniroma.TV
info@uniroma.tv
http://www.uniroma.tv