20 agosto 2015

Banditi briganti e brigantesse nell’ottocento, di Iacopo Gelli




Nell’avvertenza iniziale Gelli scrive che «uno studio esauriente sul fenomeno che corre sotto la denominazione generica di brigantaggio meridionale non è stato ancora fatto. Chissà per quanto tempo rimarrà allo stato di desiderio, perché difetta una documentazione coordinata ed unitaria, capace di offrire una visione completa e cronologica degli avvenimenti. Questo materiale è tutt’ora disseminato negli archivi dello Stato e quello in possesso dei privati, custodito gelosamente, resta occultato, forse per timore di chissà quali immaginarie responsabilità. Quest’ultimo deve essere cospicuo».
     Successivamente al 1931, data di uscita del libro, molto è stato scritto su quel fenomeno e per fortuna con spirito diverso da quello di Gelli, che scrive del brigantaggio sfacciatamente dalla parte piemontese.
     Il libro è stato inserito nelle edizioni Bemporad nella collana chiamata “La Storia romanzesca”, che porta come sottotitolo “Nuovissima collezione di biografie, memorie e studi storico aneddotici, riccamente illustrata e con copertina a colori”. Da ciò si deduce la poca attendibilità dei fatti e del come essi sono narrati. Per tutti si porta l’esempio di Carmine Crocco, del quale a pagina 216 Gelli scrive: «Processato e condannato a morte, mediante la fucilazione, Carmine Donatello, detto Crocco, celebre e temuto capobanda di briganti, ladro ed assassino famosissimo, si dimostrò quale era sempre stato, pauroso di morire, assolutamente alieno di conoscere il mistero dell’‘al di là’! Piangeva come … un vitello! Questo esimio malfattore venne fucilato nel settembre del 1872, all’età di 42 anni». Invece, come si sa, Crocco morì in carcere il 18 giugno 1905 a Portoferraio, nell’isola d’Elba, all’età di 75 anni. E poi il vero nome del brigante era Carmine Crocco, come risulta dall’atto di nascita; Donatello o Donatelli era il soprannome.
     Un libro del genere non meriterebbe una recensione, se molti di quelli che scrivono di brigantaggio non lo citassero.
     Gelli sostiene che ha desunto gran parte delle notizie dalle «carte documentarie, abbandonate dal generale Raffaele Tristany Barrera, che fu magna pars nella organizzazione del brigantaggio nell’Italia meridionale e capo di quella dal 1861 al 1865».
     Il libro si divide in due parti. La prima, intitolata “Il banditismo”, parla del banditismo tosco-padano (Gasparoni, Passatore, Tiburzi e altri), del banditismo corso, di Giuseppe Musolino, del banditismo degli ultimi anni del milleottocento.
     La seconda parte parla del brigantaggio meridionale postunitario, con particolare attenzione ai capibanda principali (Luigi Alonzi detto Chiavone, Cipriano e Giona La Gala, Pilone, Mittica, Carmine Crocco, Ninco Nanco, Michele Caruso e altri), ai legittimisti stranieri (Josè Borges, Raffaele Tristany), e ad alcune bande brigantesche minori.
     Il libro è arricchito da centotrentasei illustrazioni, quasi tutte di briganti e dal formato di circa centimetri quattro per cinque.
Rocco Biondi

Iacopo Gelli, Banditi briganti e brigantesse nell’ottocento, Bemporad Editori, Firenze 1931, pp. 250

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