6 marzo 2012

L'altra storia, di Rocco Biondi


EDITORIALE della rivista "Brigantaggio politico e sociale", n. 2, dicembre 2011

I briganti, i contadini, i braccianti e le loro famiglie non hanno voce nelle storie ufficiali. Eppure nel 1860 erano la stragrande maggioranza degli abitanti del Sud, invaso e massacrato dai Savoia piemontesi. I briganti e le classi che rappresentavano non sapevano però né leggere né scrivere; anche le loro dichiarazioni processuali venivano addomesticate dai loro persecutori più acculturati.
La storia che ci fanno conoscere e che viene insegnata nelle scuole, a cominciare dalle università, è quella scritta dai vincitori a giustificazione del loro operato. Vengono presentati solo i fatti che a loro convengono, spesso inventandoli. Vengono tenuti colpevolmente nascosti quelli che possono creare ombre su di loro. I briganti vengono presentati sotto una luce che possa giustificare il loro massacro.
La storia dei vinti, l'altra storia, quella vera, fa molta fatica a venir fuori. Ha aiutato, fino a quando ciò è stato possibile, la tradizione orale. I nostri antenati (vissuti più vicino a quei tempi) hanno raccontato i fatti che hanno avuto come protagonisti i nostri padri briganti, talvolta mitizzandoli. Ma pochi di quei racconti sono stati trascritti, e quando ciò è avvenuto spesso hanno subito la stessa sorte delle verbalizzazioni processuali, sono stati cioè trascritti in maniera favorevole ai vincitori.
La storia ufficiale presenta fatti ed avvenimenti, spesso inventati, che giustificano la pura invasione-annessione dei territori dell'ex Regno delle Due Sicilie. Vengono taciute le vere motivazioni che hanno dettato quelle operazioni: incameramento da parte dei Savoia dei beni del Regno delle Due Sicilie e degli Enti ecclesiastici; ai banchieri francesi Rothscild veniva garantito così il saldo dei debiti fatti dal Regno piemontese per finanziare le sventurate guerre d'indipendenza; alle navi inglesi veniva assicurato il libero sbocco commerciale nel Mediterraneo, per proseguire con l'apertura del canale di Suez verso l'Oriente.
L'altra storia è la vita miserrima che contadini e braccianti, la stragrande maggioranza degli abitanti del Sud, furono costretti a vivere. La soppressione operata dai piemontesi degli usi civici, che sotto i Borbone consentivano ai contadini di sfruttare le terre demaniali, tolse loro una importante fonte di sopravvivenza.
L'altra storia è il congedo, effettuato dai piemontesi, dei soldati dell'esercito borbonico, costretti a tornare sbandati e senza soldi nei loro paesi accrescendo così le bocche da sfamare. Non migliore sorte subirono i garibaldini, utilizzati (come paravento) quando bisognava realizzare l'impresa, abbandonati poi ad obiettivo raggiunto.
L'altra storia è quella dei briganti, insorgenti e resistenti, che lottarono in difesa della loro terra, delle loro famiglie, della loro dignità. Carmine Crocco, Pasquale Romano, Luigi Alonzi, Giuseppe Tardìo, Nicola Summa, Cosimo Mazzeo e tantissimi altri non sarebbero riusciti a resistere tanto se non avessero avuto le popolazioni del Sud dalla loro parte. Furono sconfitti per le preponderanti forze militari messe in campo e per i metodi spietati e disumani usati dai piemontesi contro di loro. E i nomi di questi patrioti meridionali non compaiono nei libri di storia.
L'altra storia è far conoscere quanti meridionali sono stati uccisi dai soldati piemontesi nel decennio post unitario, prima, durante e dopo la legge Pica, o in combattimento o dai plotoni di esecuzione o a tradimento. C'è chi dice che furono centinaia di migliaia. Quanti furono gli ex ufficiali e soldati del disciolto esercito del Regno delle Due Sicilie deportati prigionieri nei campi di concentramento piemontesi di Fenestrelle, di San Maurizio Canavese, di Alessandria e diversi altri. Si dice fossero stati diverse decine di migliaia. Quanti di questi prigionieri morirono di stenti e di freddo, specialmente nel lager di Fenestrelle, per poi essere sciolti nella calce viva e non lasciare di loro alcuna traccia. Forse diverse migliaia.
L'altra storia è sapere quanti paesi del Meridione furono incendiati e rasi al suolo per rappresaglia piemontese negli immediati anni postunitari. Se ne contano una cinquantina. Tra essi tristemente famosa resta la sorte toccata a Pontelandolfo e Casalduni.
L'altra storia è lo smantellamento operato dai piemontesi di floridi stabilimenti industriali, presenti nel Sud ai tempi del Regno borbonico, per bloccare scientemente lo sviluppo del Mezzogiorno. Per tutti vale ricordare la chiusura e il trasferimento al Nord delle acciaierie di Mongiana in Calabria e delle Officine ferroviarie di Pietrarsa nel napoletano.
L'altra storia è la grande emigrazione a cui furono costretti i meridionali per sopravvivere. Milioni di essi migrarono all'estero, ma anche nel nord Italia. Con le loro rimesse contribuirono a salvare l'economia italiana.
L'unità forzata imposta nel 1860, con l'eliminazione del Regno delle Due Sicilie e l'annessione del Sud al Regno sabaudo piemontese, ha arrecato gravi danni al Meridione. Ancora oggi i Meridionali ne subiscono le conseguenze. Non vi è mai stata una vera unità d'Italia. E mai vi sarà se i governi italiani continueranno a ignorare e a non soddisfare i reali fabbisogni del Meridione. Non vi potrà essere unità se si continuerà a togliere al Sud per dare al Nord, se si continuerà a considerare i Meridionali come puri consumatori di prodotti del Nord, se non si investirà per creare fabbriche efficienti nel Sud e che non siano destinate a rimanere cattedrali nel deserto, se i giovani di talento del Sud continueranno ad essere costretti a lasciare la loro terra per cercare fortuna altrove.
Uno strumento utile per far pesare il Sud, per come merita, potrebbe essere un'unica macroregione comprendente tutti i territori dell'ex Regno delle Due Sicilie. Vi è qualcuno che pensa addirittura all'indipendenza.  

SOMMARIO 
EDITORIALE L'altra storia, di Rocco Biondi, 4 
I fuochi del Sud non diventano falò, di Lino Patruno, 6 
La vera storia secondo Nicola Zitara, di Pino Aprile, 8 
Il brigantaggio ai confini dello Stato Pontificio, di Giuseppe Pennacchia, 10 
Il Brigante Luigi Alonzi, detto Chiavone, di Michele Ferri, 12 
José Borges: legittimista spagnolo in difesa di Francesco II, di Fulvio D'Amore, 14 
Il governo borbonico in esilio. Maria Sofia e il brigantaggio legittimista - II, di Vito Nigro, 18 
Il Sergente Romano, di Mario Guagnano, 21 
Zimmermann: un tedesco alla corte dei briganti, di Erminio de Biase, 24 
Crocco: da brigante a mito, di Iuri Lombardi, 26 
Fra’ Diavolo, un personaggio mitico, di Alfredo Saccoccio, 28 
Garibaldi negriero, di Gaetano Marabello, 30 
I Savoia re d'Italia, di Dora Liguori, 32 
Reazioni e Brigantaggio, di Giuseppe Osvaldo Lucera, 34 
RECENSIONE Tommaso Pedio: Inchiesta Massari sul Brigantaggio, di Rocco Biondi, 36 
Biblioteca del Brigantaggio, 38

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2 commenti:

pino santoro ha detto...

http://pinosantoro.altervista.org/blog/25774256/

carolemico ha detto...

Ciao, concordo con te, non ricordo dove lessi tempo fa che gli occupanti smantellarono e trasferirono al nord anche una frabbrica di armi (una delle migliori d'Europa); le motrici, le carozze e parte dei binari della ferrovia (la prima in Europa); l'ingente riserva aurea del regno borbonico; ed altro ancora.